Return to flip book view

Piazza San Pietro Gennaio

Page 1

Message OBIETTIVO BASILICAUn viaggio con Steve McCurryGennaio 2025 Numero 1CHIESAParolin: il grido del Papa contro la “guerra mondiale a pezzi”MONDOFerrara: la pace richiede concessioni reciproche nella giustiziaGIUBILEOLa sda cristiana della comunicazione: che sia “disarmata”RIFLESSIONISusanna Tamaro: la speranza nasce dalla fede

Page 2

1MILIONI DI BAMBINI VIVONO ANCORA SENZA DIRITTIUn incontro internazionale convocato da Papa Francesco per il 3 febbraio 2025, che «sarà l’occasione per individuare nuove vie per soccorrere e proteggere milioni di bambini ancora senza diritti, che vivono in condizioni precarie, vengono sfruttati e abusati, subiscono le violenze più drammatiche delle guerre»«AMIAMOLI E PROTEGGIAMOLI»

Page 3

1MILIONI DI BAMBINI VIVONO ANCORA SENZA DIRITTIUn incontro internazionale convocato da Papa Francesco per il 3 febbraio 2025, che «sarà l’occasione per individuare nuove vie per soccorrere e proteggere milioni di bambini ancora senza diritti, che vivono in condizioni precarie, vengono sfruttati e abusati, subiscono le violenze più drammatiche delle guerre»«AMIAMOLI E PROTEGGIAMOLI»

Page 4

2 3SOMMARIO68Il sogno di un giovane detenuto5222Il grido contro la “guerra mondiale a pezzi”Una porpora per migranti e rifugiatiFOTONOTIZIA«Amiamoli e proteggiamoli» ....................... 1DIALOGO CON I LETTORIRisponde Francesco .................................... 4L’EDITORIALELa porta della luce ...........................................7Enzo FortunatoGLI EDITORIALILa geopolitica di Francesco ............................. 8Piero SchiavazziRendere possibile la speranza ......................10Rafael LucianiGLI ARCHITRAVI DEL PONTIFICATO DI FRANCESCO FEDELa speranza nasce dalla fede ....................12Susanna TamaroFRATERNITÀRigenerare le parole .....................................14Francesco OcchettaAMBIENTEMaterie prime cuore della sostenibilità .....................................16Francesco La CameraGIUBILEO 2025Avvio del Giubileo Il racconto per immagini ...........................18GIORNATA MONDIALE DELLA PACEIl grido contro la “guerra mondiale a pezzi” .....................................22Pietro ParolinIL PUNTO DI…Dialogo e ducia ......................................27Gianni CardinaleGIORNATA MONDIALE DELLA PACELa pace giusta richiede concessioni reciproche ............................28Piero DamossoESCLUSIVASteve McCurry, una vita attraverso l’obiettivo ................................34Francesco BastianiniACCADE IN PIAZZAL’obelisco e la croce ..................................42Giuseppe FalangaGIUBILEO DELLA COMUNICAZIONEPer una comunicazione “disarmata” ......48Andrea TornielliCONCISTOROUna porpora per migranti e rifugiati...................................................52Fabio Marchese RagonaTECNOLOGIASull’orlo del futuro tra sogni e incubi ......57Riccardo LunaARTE Simbolo di Pace e Speranza tra le tempeste della storia .....................62Simona TurrizianiDALLE PERIFERIE DEL MONDOIl sogno di un giovane detenuto ..............68Piero Damosso IL VANGELO DEL MESEGennaio ..................................................... 70Cesare PagazziFOCUSCrepet: l’inutilità del male: un viaggio verso la riconciliazione .........72Francesco BastianiniDIALOGO CON I LETTORI .........................76LA PAROLA AGLI ULTIMIIl sorriso di un angelo ..............................80Andrea MalagutiPiazza San Pietro Anno 1 – numero 1, gennaio 2025Direttore padre Enzo FortunatoCoordinatore editoriale Francesco BastianiniProgetto graco e impaginazione Giulio FermettiStampa Mediagraf SpA Viale della Navigazione Interna, 89 35027 Noventana Padovana (PD)ContributiFrancesco Bastianini, Gianni Cardinale, Piero Damosso, Giuseppe Falanga, Enzo Fortunato, Francesco La Camera, Rafael Luciani, Riccardo Luna, Andrea Malaguti, Fabio Marchese Ragona, Francesco Occhetta, Cesare Pagazzi, Pietro Parolin, Piero Schiavazzi, Susanna Tamaro, Andrea Tornielli, Simona TurrizianiConcessionaria esclusiva per la pubblicità:2303 SRLVia Salvatore Cognetti, 38 70121 Bari (BA)P.IVA 082685207262303@pec.itpiazzasanpietro@2303.it+39 351 949 9711In copertina: Interno della Basilica di San Pietro Steve McCurryOBIETT IVO BASILICAUn viaggio con Steve McCurryGennaio 2025 Numero 1CHIESAParolin: il grido del Papa contro la “guerra mondiale a pezzi”MONDOFerrara: la pace richiede concessioni reciproche nella giustiziaGIUBILEOLa sda cristiana della comunicazione: che sia “disarmata”RIFLESSIONISusanna Tamaro: la speranza nasce dalla fede

Page 5

2 3SOMMARIO68Il sogno di un giovane detenuto5222Il grido contro la “guerra mondiale a pezzi”Una porpora per migranti e rifugiatiFOTONOTIZIA«Amiamoli e proteggiamoli» ....................... 1DIALOGO CON I LETTORIRisponde Francesco .................................... 4L’EDITORIALELa porta della luce ...........................................7Enzo FortunatoGLI EDITORIALILa geopolitica di Francesco ............................. 8Piero SchiavazziRendere possibile la speranza ......................10Rafael LucianiGLI ARCHITRAVI DEL PONTIFICATO DI FRANCESCO FEDELa speranza nasce dalla fede ....................12Susanna TamaroFRATERNITÀRigenerare le parole .....................................14Francesco OcchettaAMBIENTEMaterie prime cuore della sostenibilità .....................................16Francesco La CameraGIUBILEO 2025Avvio del Giubileo Il racconto per immagini ...........................18GIORNATA MONDIALE DELLA PACEIl grido contro la “guerra mondiale a pezzi” .....................................22Pietro ParolinIL PUNTO DI…Dialogo e ducia ......................................27Gianni CardinaleGIORNATA MONDIALE DELLA PACELa pace giusta richiede concessioni reciproche ............................28Piero DamossoESCLUSIVASteve McCurry, una vita attraverso l’obiettivo ................................34Francesco BastianiniACCADE IN PIAZZAL’obelisco e la croce ..................................42Giuseppe FalangaGIUBILEO DELLA COMUNICAZIONEPer una comunicazione “disarmata” ......48Andrea TornielliCONCISTOROUna porpora per migranti e rifugiati...................................................52Fabio Marchese RagonaTECNOLOGIASull’orlo del futuro tra sogni e incubi ......57Riccardo LunaARTE Simbolo di Pace e Speranza tra le tempeste della storia .....................62Simona TurrizianiDALLE PERIFERIE DEL MONDOIl sogno di un giovane detenuto ..............68Piero Damosso IL VANGELO DEL MESEGennaio ..................................................... 70Cesare PagazziFOCUSCrepet: l’inutilità del male: un viaggio verso la riconciliazione .........72Francesco BastianiniDIALOGO CON I LETTORI .........................76LA PAROLA AGLI ULTIMIIl sorriso di un angelo ..............................80Andrea MalagutiPiazza San Pietro Anno 1 – numero 1, gennaio 2025Direttore padre Enzo FortunatoCoordinatore editoriale Francesco BastianiniProgetto graco e impaginazione Giulio FermettiStampa Mediagraf SpA Viale della Navigazione Interna, 89 35027 Noventana Padovana (PD)ContributiFrancesco Bastianini, Gianni Cardinale, Piero Damosso, Giuseppe Falanga, Enzo Fortunato, Francesco La Camera, Rafael Luciani, Riccardo Luna, Andrea Malaguti, Fabio Marchese Ragona, Francesco Occhetta, Cesare Pagazzi, Pietro Parolin, Piero Schiavazzi, Susanna Tamaro, Andrea Tornielli, Simona TurrizianiConcessionaria esclusiva per la pubblicità:2303 SRLVia Salvatore Cognetti, 38 70121 Bari (BA)P.IVA 082685207262303@pec.itpiazzasanpietro@2303.it+39 351 949 9711In copertina: Interno della Basilica di San Pietro Steve McCurryOBIETT IVO BASILICAUn viaggio con Steve McCurryGennaio 2025 Numero 1CHIESAParolin: il grido del Papa contro la “guerra mondiale a pezzi”MONDOFerrara: la pace richiede concessioni reciproche nella giustiziaGIUBILEOLa sda cristiana della comunicazione: che sia “disarmata”RIFLESSIONISusanna Tamaro: la speranza nasce dalla fede

Page 6

4 5Caro Papa Francesco,Le scrivo per raccontarLe come ho fatto a trasfor-mare il male ricevuto in bene per gli altri, l’unica strada che mi ha salvato la vita, sconggendo in me l’odio e la vendetta.Questa è la mia storia. Dopo 5 anni di matrimonio mi separo su richiesta di mia moglie che aveva un altro uomo. Nostra glia aveva 5 anni. Quattro anni dopo nel ‘96 la mia ex chiede al giudice il passaporto di mia glia per trasferirsi ad Atene con il suo nuovo compagno, di origine greca.Il giudice nega il passaporto e un mese dopo la poli-zia mi arresta perché trova dentro la mia auto (dopo la forzatura della maniglia) una quantità di cocaina che valeva all’epoca 100 milioni di vecchie lire. Mia glia era in auto con me. In carcere ho pregato a lungo padre Pio da Pietrelcina. Dopo 8 giorni, per miracolo (così mi hanno detto i magistrati e i poliziotti) scoprono la verità e mi liberano. Rischia-vo molti anni di galera. Poi sono stati condannati la mia ex suocera e altri due complici.Come ho cercato di reagire? Coinvolgendo negli anni molte persone come me, uomini e donne, genitori e nonni, per ottenere quelle riforme del diritto di famiglia che garantiscono il diritto dei gli dei separati di poter semplicemente amare i genitori e i nonni. Posso chiederLe di condividere con me la difesa di questo diritto inviolabile dei gli che oc-corre sempre tutelare? Bisogna fermare la violenza che usa e strumentalizza i bambini con litigi, ricatti e sopraazioni che possono portare a gravissime tragedie familiari con omicidi e suicidi.Giorgio da RomaCaro Giorgio,la Sua storia è una testimonianza di pace che incoraggia in un mondo in-ammato dalle guerre, dall’odio, a cui corrisponde una drammatica crisi della speranza, che invece c’è sempre per tutti. In nome dei propri interessi anche aettivi, si commettono violenze e sopraazioni, pensando così di costruire il proprio stare bene e invece ci si fa del male. Succede nelle invasioni e nei conitti mondiali, come nella vita personale e familiare.Condivido quello che Lei propone, che ci siano leggi sempre più adeguate per permettere ai bambini e alle bambine dei genitori separati l’incontro e la crescita aettiva e amorevole con tutti i loro fami-liari, in particolare papà, mamma, nonni, fratelli e sorelle, ma anche le zie, gli zii e i cuginetti.Ma la cosa principale è mettere in campo nelle relazioni il nostro cuore. Solo a partire dal cuore le nostre famiglie riusciranno a unire le diverse intel-ligenze e volontà e a pacicarle anché lo Spirito ci guidi come rete di fratelli, perché anche la pacicazio-ne è compito del cuore. Il nostro cuore unito a quello di Cristo è capace di questo miracolo sociale. Solo così si potranno fermare e prevenire le violenze nelle fami-glie, come la Sua stessa esperienza dimostra.Nello stesso tempo le comunità cristiane devono saper accompagnare le famiglie ferite perché i bambini non diventino mai ostaggi del papà e della mamma. Lo ripeto a Lei e a tutte le persone che a volte sono ostaggi dell’egoismo del cuore umano, che ci imbruttisce. Non ci rende belli l’egoismo. I bambini non siano mai e poi mai ostaggi del papà o della mamma, ma gli da amare e proteggere.Anche nei regali ai gli bisogna stare attenti. Posso-no essere dei veri e propri ricatti per strappare i gli all’aetto del marito o della moglie. Cosi i regali sono una vernice dell’amore, un’illusione, che toglie la verità all’amore.Diciamo sempre insieme sì al rispetto e alla tenerezza, sì alla giustizia misericordiosa e no alla vendetta e al risentimento, e promuoviamo reti e incontri per diondere la speranza che ci si può liberare dai lacci del male, risanandoci, rialzandoci e trasformando il male in bene. Sono i bambini a chiederci di fare la pace e di mantenere la pace nel cuore.Coraggio Giorgio, avanti insieme e ricordatevi di pregare per me.DIALOGO CON I LETTORIRisponde Francesco

Page 7

4 5Caro Papa Francesco,Le scrivo per raccontarLe come ho fatto a trasfor-mare il male ricevuto in bene per gli altri, l’unica strada che mi ha salvato la vita, sconggendo in me l’odio e la vendetta.Questa è la mia storia. Dopo 5 anni di matrimonio mi separo su richiesta di mia moglie che aveva un altro uomo. Nostra glia aveva 5 anni. Quattro anni dopo nel ‘96 la mia ex chiede al giudice il passaporto di mia glia per trasferirsi ad Atene con il suo nuovo compagno, di origine greca.Il giudice nega il passaporto e un mese dopo la poli-zia mi arresta perché trova dentro la mia auto (dopo la forzatura della maniglia) una quantità di cocaina che valeva all’epoca 100 milioni di vecchie lire. Mia glia era in auto con me. In carcere ho pregato a lungo padre Pio da Pietrelcina. Dopo 8 giorni, per miracolo (così mi hanno detto i magistrati e i poliziotti) scoprono la verità e mi liberano. Rischia-vo molti anni di galera. Poi sono stati condannati la mia ex suocera e altri due complici.Come ho cercato di reagire? Coinvolgendo negli anni molte persone come me, uomini e donne, genitori e nonni, per ottenere quelle riforme del diritto di famiglia che garantiscono il diritto dei gli dei separati di poter semplicemente amare i genitori e i nonni. Posso chiederLe di condividere con me la difesa di questo diritto inviolabile dei gli che oc-corre sempre tutelare? Bisogna fermare la violenza che usa e strumentalizza i bambini con litigi, ricatti e sopraazioni che possono portare a gravissime tragedie familiari con omicidi e suicidi.Giorgio da RomaCaro Giorgio,la Sua storia è una testimonianza di pace che incoraggia in un mondo in-ammato dalle guerre, dall’odio, a cui corrisponde una drammatica crisi della speranza, che invece c’è sempre per tutti. In nome dei propri interessi anche aettivi, si commettono violenze e sopraazioni, pensando così di costruire il proprio stare bene e invece ci si fa del male. Succede nelle invasioni e nei conitti mondiali, come nella vita personale e familiare.Condivido quello che Lei propone, che ci siano leggi sempre più adeguate per permettere ai bambini e alle bambine dei genitori separati l’incontro e la crescita aettiva e amorevole con tutti i loro fami-liari, in particolare papà, mamma, nonni, fratelli e sorelle, ma anche le zie, gli zii e i cuginetti.Ma la cosa principale è mettere in campo nelle relazioni il nostro cuore. Solo a partire dal cuore le nostre famiglie riusciranno a unire le diverse intel-ligenze e volontà e a pacicarle anché lo Spirito ci guidi come rete di fratelli, perché anche la pacicazio-ne è compito del cuore. Il nostro cuore unito a quello di Cristo è capace di questo miracolo sociale. Solo così si potranno fermare e prevenire le violenze nelle fami-glie, come la Sua stessa esperienza dimostra.Nello stesso tempo le comunità cristiane devono saper accompagnare le famiglie ferite perché i bambini non diventino mai ostaggi del papà e della mamma. Lo ripeto a Lei e a tutte le persone che a volte sono ostaggi dell’egoismo del cuore umano, che ci imbruttisce. Non ci rende belli l’egoismo. I bambini non siano mai e poi mai ostaggi del papà o della mamma, ma gli da amare e proteggere.Anche nei regali ai gli bisogna stare attenti. Posso-no essere dei veri e propri ricatti per strappare i gli all’aetto del marito o della moglie. Cosi i regali sono una vernice dell’amore, un’illusione, che toglie la verità all’amore.Diciamo sempre insieme sì al rispetto e alla tenerezza, sì alla giustizia misericordiosa e no alla vendetta e al risentimento, e promuoviamo reti e incontri per diondere la speranza che ci si può liberare dai lacci del male, risanandoci, rialzandoci e trasformando il male in bene. Sono i bambini a chiederci di fare la pace e di mantenere la pace nel cuore.Coraggio Giorgio, avanti insieme e ricordatevi di pregare per me.DIALOGO CON I LETTORIRisponde Francesco

Page 8

7LA PORTA DELLA LUCE Un invito alla riconciliazione con Dio, con gli altri e con la TerraLe origini del Giubileo risalgono all’Antico Testamento, al Libro del Levitico. La legge di Mosé stabiliva per il popolo ebraico un anno speciale: “Dichiarerete santo il cinquan-tesimo anno e proclamerete la liberazione nel Paese per tutti i suoi abitanti. Sarà per voi un giubileo; ognuno di voi tornerà nella sua proprietà e nella sua famiglia. Il cinquantesimo anno sarà per voi un giu-bileo; non farete né semina, né mietitura di quanto i campi produrranno da sé, né farete la vendemmia delle vigne non potate. Poiché è il giubileo, esso vi sarà sacro; potrete però mangiare il prodotto che daranno i campi. In quest’anno del giubileo, ciascuno tornerà in possesso del suo”. Questo anno particolare veniva an-nunciato con un corno d’ariete, chiamato Yobel in ebraico, da cui deriva la parola “Giubileo”. Durante questo anno si restituivano le terre agli antichi proprieta-ri, si rimettevano i debiti, si liberavano gli schiavi e si lasciava riposare la terra. Il testo biblico ci sorprende per l’attualità e ci guida nella comprensione del gesto che Papa Francesco compirà stanotte: le sue mani poggiate sulla porta daranno il via all’anno santo e insieme alla luce del Natale. Un anno in cui oltre 30 milioni di pellegrini raggiungeranno Roma. In un mondo in guerra, in un’Italia in testa alla classica per la corruzione, dobbiamo tornare al testo del Levitico, che ci dona tre grandi messaggi cui ispirarci. Il primo: l’amore per la Terra, mai così maltrattata e sfruttata. Le catastro cli-matiche stanno diventando un problema all’ordine del giorno. Il Levitico ci ricorda di far riposare la terra.Il secondo: la dignità delle persone. Nes-sun uomo deve considerare l’altro come uno strumento. Ed inne: l’equa distribuzione dei beni, la giustizia sociale.Il Giubileo diventa così un grande esame di coscienza per la Chiesa, chiamata a testimoniare limpidamente pur nella povertà dei limiti umani. Ma sia un’esame di coscienza anche per chi ci governa ed è chiamato chiamato a legiferare. Vorrei usare una parola forte: chi ci governa dovrebbe farlo “profeticamente”, pensan-do non all’interesse immediato ma alla capacità di guardare oltre. E inne sia una riessione interiore per ogni uomo di buona volontà, credente e non credente. Ha ragione Margherita Hack quando aerma che Gesù ha trasmesso valori che sono essenziali anche per chi non crede. Risuonano ancora le parole di Benedet-to XVI che valgono anche per questo Giubileo: il Natale non è una favola per bambini. Il Giubileo – aggiungiamo noi – non è una passeggiata per turisti, ma quel passo decisivo, esistenziale, chiamato a trasformare in meglio la vita di ciascuno di noi, la vita delle nostre società. Quan-do varcheremo quella porta – spero in tanti – saremo solo noi al cospetto di Dio. E ad accoglierci ci sarà alla nostra destra la Pietà di Michelangelo. Proprio questo capolavoro ci indica gli orizzonti che nella nostra vita sono chiamati a congiungersi. L’altezza della croce della Cupola, che ci invita ad elevarci verso Dio e il capo di Maria sul corpo di Dio che ci chiede di chinarci verso l’umanità soerente. E a tutti vorrei donare una semplice preghiera che diventa pro-gramma di vita e dà senso al passaggio giubilare. «Vorrei essere come una porta che allontana freddo e gelo, che protegge e fa incontrare». nEnzo Fortunato, Direttore della Comunicazione della Basilica Papale di San Pietro in VaticanoL’EDITORIALE

Page 9

7LA PORTA DELLA LUCE Un invito alla riconciliazione con Dio, con gli altri e con la TerraLe origini del Giubileo risalgono all’Antico Testamento, al Libro del Levitico. La legge di Mosé stabiliva per il popolo ebraico un anno speciale: “Dichiarerete santo il cinquan-tesimo anno e proclamerete la liberazione nel Paese per tutti i suoi abitanti. Sarà per voi un giubileo; ognuno di voi tornerà nella sua proprietà e nella sua famiglia. Il cinquantesimo anno sarà per voi un giu-bileo; non farete né semina, né mietitura di quanto i campi produrranno da sé, né farete la vendemmia delle vigne non potate. Poiché è il giubileo, esso vi sarà sacro; potrete però mangiare il prodotto che daranno i campi. In quest’anno del giubileo, ciascuno tornerà in possesso del suo”. Questo anno particolare veniva an-nunciato con un corno d’ariete, chiamato Yobel in ebraico, da cui deriva la parola “Giubileo”. Durante questo anno si restituivano le terre agli antichi proprieta-ri, si rimettevano i debiti, si liberavano gli schiavi e si lasciava riposare la terra. Il testo biblico ci sorprende per l’attualità e ci guida nella comprensione del gesto che Papa Francesco compirà stanotte: le sue mani poggiate sulla porta daranno il via all’anno santo e insieme alla luce del Natale. Un anno in cui oltre 30 milioni di pellegrini raggiungeranno Roma. In un mondo in guerra, in un’Italia in testa alla classica per la corruzione, dobbiamo tornare al testo del Levitico, che ci dona tre grandi messaggi cui ispirarci. Il primo: l’amore per la Terra, mai così maltrattata e sfruttata. Le catastro cli-matiche stanno diventando un problema all’ordine del giorno. Il Levitico ci ricorda di far riposare la terra.Il secondo: la dignità delle persone. Nes-sun uomo deve considerare l’altro come uno strumento. Ed inne: l’equa distribuzione dei beni, la giustizia sociale.Il Giubileo diventa così un grande esame di coscienza per la Chiesa, chiamata a testimoniare limpidamente pur nella povertà dei limiti umani. Ma sia un’esame di coscienza anche per chi ci governa ed è chiamato chiamato a legiferare. Vorrei usare una parola forte: chi ci governa dovrebbe farlo “profeticamente”, pensan-do non all’interesse immediato ma alla capacità di guardare oltre. E inne sia una riessione interiore per ogni uomo di buona volontà, credente e non credente. Ha ragione Margherita Hack quando aerma che Gesù ha trasmesso valori che sono essenziali anche per chi non crede. Risuonano ancora le parole di Benedet-to XVI che valgono anche per questo Giubileo: il Natale non è una favola per bambini. Il Giubileo – aggiungiamo noi – non è una passeggiata per turisti, ma quel passo decisivo, esistenziale, chiamato a trasformare in meglio la vita di ciascuno di noi, la vita delle nostre società. Quan-do varcheremo quella porta – spero in tanti – saremo solo noi al cospetto di Dio. E ad accoglierci ci sarà alla nostra destra la Pietà di Michelangelo. Proprio questo capolavoro ci indica gli orizzonti che nella nostra vita sono chiamati a congiungersi. L’altezza della croce della Cupola, che ci invita ad elevarci verso Dio e il capo di Maria sul corpo di Dio che ci chiede di chinarci verso l’umanità soerente. E a tutti vorrei donare una semplice preghiera che diventa pro-gramma di vita e dà senso al passaggio giubilare. «Vorrei essere come una porta che allontana freddo e gelo, che protegge e fa incontrare». nEnzo Fortunato, Direttore della Comunicazione della Basilica Papale di San Pietro in VaticanoL’EDITORIALE

Page 10

8PER ADULTI E BAMBINISONO DISPOSITIVI MEDICI 0373 Leggere attentamente le avvertenze e le istruzioni per l’uso. Aut. Min. del 06/08/2024Aboca è una Società Benet ed è certicata B Corp www.aboca.com/bene-comuneAboca S.p.A. Società Agricola Sansepolcro (AR)che calma rapidamentereflusso, acidità e difficoltà digestive.Per il mio stomacoho scelto un prodottoNeoBianacid agisce sui disturbi dello stomacoformando una barriera protettiva e rispettando il tuo organismo. ANCHE INGRAVIDANZA1ANNOsenza lattosioDisponibile al gusto menta e limoneAZIONE RAPIDALA GEOPOLITICA DI FRANCESCO Dalla Evangelii Gaudium al Summit mondiale sui diritti dei bambiniQuando Bernini, considerato dai coevi l’erede seicentesco di Michelangelo, fu chiama-to per il suo genio a immaginare il colonnato di San Pietro e completare il messaggio-paesaggio della Basilica, ritenne che quest’ultima non potesse limitarsi ad “accogliere”, ma dovesse anche “abbracciare” l’umanità intera. Nacque così la Piazza a braccia aperte, che a quattrocento anni di distanza visualizza e sintetizza la geopolitica di Francesco, papa della globalizzazione.Lo slogan “Todos, todos, todos”, tra-slato in ambito diplomatico, postula il dialogo con ciascuno. Senza demo-nizzare ma senza idealizzare nessuno. Senza preclusioni ma senza illusioni. Muovendo dall’assunto che, quando si esce dal “Recinto di San Pietro” e il confronto si trasferisce ai rapporti con i leader politici, gli abbracci si fanno asimmetrici. Gli spazi si restringono e i singoli stati perseguono – il Papa lo ha più volte sottolineato – il proprio interesse nazionale. Accade così che la chiarezza o linearità geometrica ceda sovente il passo alla vaghezza o ambi-guità dialettica e uno sguardo possa essere più rivelatore delle parole.In certo senso, metaforicamente, sembrerebbe che il pontece argenti-no applichi con i potenti le regole del tango, dove uno sguardo conta più che pronunciare discorsi e, una volta iniziate le danze, si avanza in spazi stretti e abbracci asimmetrici.Asimmetrico è del resto anche il principio cardine della diplomacy di Bergoglio, enunciato in Evangelii Gaudium: “Il tempo è superiore allo spazio”. Argomentazione rivoluzio-naria, poiché rovescia il fondamento etimologico di una scienza concepita e costruita sul presso “geo”, vale a dire sul primato del territorio, mentre avviare processi conta più che occu-pare spazi. Analisi di per sé innovativa e illuminante in prospettiva, se non fosse che il presente sistematicamente la oscura, la contraddice dal Don al Dnepr, dal Giordano al ume Litani: dove lo spazio ha ucciso il tempo e il futuro, più che in anni, si misura in chilometri quadrati, tra Donetsk e Lugansk, Kherson e Zaporizhzhia. O addirittura in metri, fra West Bank e Striscia di Gaza. Versandone la caparra in vite umane.Agli occhi di Bergoglio, avvezzo a leggere la storia in ligrana e trarre suggestioni dalle Scritture, la “Via di Damasco” e le dinamiche della resa dei conti a regia multipla in Siria, che già nel 2013 fu teatro del suo dirom-pente ingresso sulla scena internazio-nale, fungono da liaison e rendono manifesto il nesso tra i due fronti ucraino e mediorientale, preludio del superamento della guerra mondiale a pezzi e di un progressivo upgrade verso la guerra mondiale tout court.Regioni, e ragioni, che lo inducono a considerare il Giubileo alla stregua di un reset del Millennio, dopo la serie di false partenze, dall’11 settembre al 7 ottobre, facendo del summit con i capi di stato e di governo sui diritti dei bambini, convocato in Vaticano il 3 febbraio, il simbolo di una presa di coscienza e inversione di tendenza: per riaprire la porta dell’innocenza perduta, dopo l’imbarbarimento di questo quarto di secolo. nPiero Schiavazzi, vaticanistaGLI EDITORIALI

Page 11

8PER ADULTI E BAMBINISONO DISPOSITIVI MEDICI 0373 Leggere attentamente le avvertenze e le istruzioni per l’uso. Aut. Min. del 06/08/2024Aboca è una Società Benet ed è certicata B Corp www.aboca.com/bene-comuneAboca S.p.A. Società Agricola Sansepolcro (AR)che calma rapidamentereflusso, acidità e difficoltà digestive.Per il mio stomacoho scelto un prodottoNeoBianacid agisce sui disturbi dello stomacoformando una barriera protettiva e rispettando il tuo organismo. ANCHE INGRAVIDANZA1ANNOsenza lattosioDisponibile al gusto menta e limoneAZIONE RAPIDALA GEOPOLITICA DI FRANCESCO Dalla Evangelii Gaudium al Summit mondiale sui diritti dei bambiniQuando Bernini, considerato dai coevi l’erede seicentesco di Michelangelo, fu chiama-to per il suo genio a immaginare il colonnato di San Pietro e completare il messaggio-paesaggio della Basilica, ritenne che quest’ultima non potesse limitarsi ad “accogliere”, ma dovesse anche “abbracciare” l’umanità intera. Nacque così la Piazza a braccia aperte, che a quattrocento anni di distanza visualizza e sintetizza la geopolitica di Francesco, papa della globalizzazione.Lo slogan “Todos, todos, todos”, tra-slato in ambito diplomatico, postula il dialogo con ciascuno. Senza demo-nizzare ma senza idealizzare nessuno. Senza preclusioni ma senza illusioni. Muovendo dall’assunto che, quando si esce dal “Recinto di San Pietro” e il confronto si trasferisce ai rapporti con i leader politici, gli abbracci si fanno asimmetrici. Gli spazi si restringono e i singoli stati perseguono – il Papa lo ha più volte sottolineato – il proprio interesse nazionale. Accade così che la chiarezza o linearità geometrica ceda sovente il passo alla vaghezza o ambi-guità dialettica e uno sguardo possa essere più rivelatore delle parole.In certo senso, metaforicamente, sembrerebbe che il pontece argenti-no applichi con i potenti le regole del tango, dove uno sguardo conta più che pronunciare discorsi e, una volta iniziate le danze, si avanza in spazi stretti e abbracci asimmetrici.Asimmetrico è del resto anche il principio cardine della diplomacy di Bergoglio, enunciato in Evangelii Gaudium: “Il tempo è superiore allo spazio”. Argomentazione rivoluzio-naria, poiché rovescia il fondamento etimologico di una scienza concepita e costruita sul presso “geo”, vale a dire sul primato del territorio, mentre avviare processi conta più che occu-pare spazi. Analisi di per sé innovativa e illuminante in prospettiva, se non fosse che il presente sistematicamente la oscura, la contraddice dal Don al Dnepr, dal Giordano al ume Litani: dove lo spazio ha ucciso il tempo e il futuro, più che in anni, si misura in chilometri quadrati, tra Donetsk e Lugansk, Kherson e Zaporizhzhia. O addirittura in metri, fra West Bank e Striscia di Gaza. Versandone la caparra in vite umane.Agli occhi di Bergoglio, avvezzo a leggere la storia in ligrana e trarre suggestioni dalle Scritture, la “Via di Damasco” e le dinamiche della resa dei conti a regia multipla in Siria, che già nel 2013 fu teatro del suo dirom-pente ingresso sulla scena internazio-nale, fungono da liaison e rendono manifesto il nesso tra i due fronti ucraino e mediorientale, preludio del superamento della guerra mondiale a pezzi e di un progressivo upgrade verso la guerra mondiale tout court.Regioni, e ragioni, che lo inducono a considerare il Giubileo alla stregua di un reset del Millennio, dopo la serie di false partenze, dall’11 settembre al 7 ottobre, facendo del summit con i capi di stato e di governo sui diritti dei bambini, convocato in Vaticano il 3 febbraio, il simbolo di una presa di coscienza e inversione di tendenza: per riaprire la porta dell’innocenza perduta, dopo l’imbarbarimento di questo quarto di secolo. nPiero Schiavazzi, vaticanistaGLI EDITORIALI

Page 12

11RENDERE POSSIBILE LA SPERANZA Cosa ho fatto, cosa faccio, cosa dovrei fare?La speranza non può essere ridotta a un mero stato di tranquillità interiore, né con-nata alla promessa di un aldilà. È un dinamismo che si incarna nella storia, scaturisce dalle relazioni e umanizza i legami che ci uniscono. Non è sem-plicemente un dono di Dio. È Dio stesso che si dona all’umanità come “Dio della speranza” (Rm 15,13), irrompendo nella nostra realtà per rivelarsi nel volto dell’altro e portando la vita dove sembra “improbabile”.Il Concilio ci ha ricordato di fare no-stre “le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini del nostro tempo, specialmente dei poveri e de-gli aitti” (GS 1). Oggi “è scandaloso che, in un mondo dotato di enormi risorse, destinate in larga parte agli armamenti, i poveri siano «la mag-gior parte, miliardi di persone” (Spes non confundit 15). Tra loro gridano “i volti dei bambini terrorizzati dalla guerra, le grida delle madri, i sogni infranti di tanti giovani, i rifugiati che arontano viaggi terribili, le vittime del cambiamento climatico e dell’in-giustizia sociale” (DF 2). Per questo non si può parlare di speranza senza pace e giustizia, poiché “la realtà —che viviamo— è superio-re all’idea” (EG 233): la travolge e ci pone di fronte alla domanda su ciò che qualica l’umano, che non è altro che il renderci fratelli e sorelle. È la domanda di Dio a Caino: “Dov’è tuo fratello?” Ci sono solo due risposte a questa domanda. L’apatia che spezza ogni legame: “Sono forse io il custode di mio fratello?” (Gen 4,9). Oppure l’empatia che umanizza le relazioni: “Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero straniero e mi avete accolto...” (Mt 25,35-40). La posta in gioco è consumare tutta la propria vita perché la speranza sia possibile dove essa non c’è, perché “i segni dei tempi, che racchiudono l’anelito del cuore umano, bisognoso della presen-za salvica di Dio, chiedono di essere trasformati in segni di speranza” (Spes non confundit 7) e di pace. Tra questi: “la cultura dell’incontro, della giustizia sociale, dell’inclusione dei gruppi emarginati, della fraternità tra i popoli, della cura della casa comu-ne” (DF 121).Negli Esercizi Spirituali, Ignacio Ellacuría sj insisteva su “due cose: ssare gli occhi e il cuore su quei popoli che sorono tanto —per la miseria e la fame, per l’oppressione e la repressione— e chiedersi davanti a questi popoli così crocissi: che cosa ho fatto Io per crociggerli? Che cosa devo fare perché siano schiodati dalla croce? Che cosa devo fare perché questi popoli risuscitino? Ci sono molte per-sone, più di quante pensiamo, per le quali è possibile un mondo più umano in cui tutti abbiano la possibilità di avere possibilità. Il card. Suenens ha detto dopo il Concilio che “aspettare non è sognare, al contrario: è il mezzo per trasformare un sogno in realtà. Sono felici coloro che osano sognare e coloro che sono pronti a pagare il prezzo più alto perché il sogno pren-da forma”. Osiamo avere il coraggio di costruire un mondo in cui “amore e verità si incontrano, giustizia e pace si abbracciano” (Sal 85,11). nRafael Luciani, teologoGLI EDITORIALI

Page 13

11RENDERE POSSIBILE LA SPERANZA Cosa ho fatto, cosa faccio, cosa dovrei fare?La speranza non può essere ridotta a un mero stato di tranquillità interiore, né con-nata alla promessa di un aldilà. È un dinamismo che si incarna nella storia, scaturisce dalle relazioni e umanizza i legami che ci uniscono. Non è sem-plicemente un dono di Dio. È Dio stesso che si dona all’umanità come “Dio della speranza” (Rm 15,13), irrompendo nella nostra realtà per rivelarsi nel volto dell’altro e portando la vita dove sembra “improbabile”.Il Concilio ci ha ricordato di fare no-stre “le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini del nostro tempo, specialmente dei poveri e de-gli aitti” (GS 1). Oggi “è scandaloso che, in un mondo dotato di enormi risorse, destinate in larga parte agli armamenti, i poveri siano «la mag-gior parte, miliardi di persone” (Spes non confundit 15). Tra loro gridano “i volti dei bambini terrorizzati dalla guerra, le grida delle madri, i sogni infranti di tanti giovani, i rifugiati che arontano viaggi terribili, le vittime del cambiamento climatico e dell’in-giustizia sociale” (DF 2). Per questo non si può parlare di speranza senza pace e giustizia, poiché “la realtà —che viviamo— è superio-re all’idea” (EG 233): la travolge e ci pone di fronte alla domanda su ciò che qualica l’umano, che non è altro che il renderci fratelli e sorelle. È la domanda di Dio a Caino: “Dov’è tuo fratello?” Ci sono solo due risposte a questa domanda. L’apatia che spezza ogni legame: “Sono forse io il custode di mio fratello?” (Gen 4,9). Oppure l’empatia che umanizza le relazioni: “Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero straniero e mi avete accolto...” (Mt 25,35-40). La posta in gioco è consumare tutta la propria vita perché la speranza sia possibile dove essa non c’è, perché “i segni dei tempi, che racchiudono l’anelito del cuore umano, bisognoso della presen-za salvica di Dio, chiedono di essere trasformati in segni di speranza” (Spes non confundit 7) e di pace. Tra questi: “la cultura dell’incontro, della giustizia sociale, dell’inclusione dei gruppi emarginati, della fraternità tra i popoli, della cura della casa comu-ne” (DF 121).Negli Esercizi Spirituali, Ignacio Ellacuría sj insisteva su “due cose: ssare gli occhi e il cuore su quei popoli che sorono tanto —per la miseria e la fame, per l’oppressione e la repressione— e chiedersi davanti a questi popoli così crocissi: che cosa ho fatto Io per crociggerli? Che cosa devo fare perché siano schiodati dalla croce? Che cosa devo fare perché questi popoli risuscitino? Ci sono molte per-sone, più di quante pensiamo, per le quali è possibile un mondo più umano in cui tutti abbiano la possibilità di avere possibilità. Il card. Suenens ha detto dopo il Concilio che “aspettare non è sognare, al contrario: è il mezzo per trasformare un sogno in realtà. Sono felici coloro che osano sognare e coloro che sono pronti a pagare il prezzo più alto perché il sogno pren-da forma”. Osiamo avere il coraggio di costruire un mondo in cui “amore e verità si incontrano, giustizia e pace si abbracciano” (Sal 85,11). nRafael Luciani, teologoGLI EDITORIALI

Page 14

12 13La speranza è la luce che illumi-na l’umano. La vita stessa si nutre di speranza. Il mondo invece sta cercando di al-lontanarsi da tutto ciò che ci ricorda l’operosa presenza del bene. Si sta aermando un nuovo nichilismo che odia la vita e quindi non può ammettere la speranza. Le battaglie contro la vita, in ogni sua forma, sono battaglie contro la speranza. È un momento molto importante per speranza cristiana. Nella mia vita in campagna mi accorgo che c’è una grande dierenza rispetto a chi vive in città. E il mondo, non lo dimenti-chiamo, sta andando verso un nuovo urbanesimo. Ma in città si rischia di avere una vita alterata nelle relazioni, nel lavoro, nello stress. In campagna, dalla bellezza di un tramonto o del ritorno delle rondini, si percepisce la meraviglia, lo stupore del cuore. Con la contemplazione della natura può esserci il ritorno della fede, insieme ad una percezione del reale più autentica e alla riscoperta dei fondamenti del cristianesimo.Poi molto importante è la comuni-tà che il cristianesimo crea. Senza comunità c’è isolamento, paura, disperazione. Invece nella comunità si cammina insieme, ci si salva insie-me, si cresce nella fede, ci si forma alle realtà in cui crediamo, a partire dalla preparazione dei bambini ai sacramenti. Tutto questo diventa presupposto per coltivare la spe-ranza, perché mette tutta la nostra esistenza, compresa la soerenza che ne è una parte imprescindibile, nella prospettiva della resurrezione, e di tutte le altre verità di fede.Ma il cuore della ragione della spe-ranza è la testimonianza. Abbiamo un grande bisogno di testimoni. In ogni persona c’è lo Spirito Santo, ma la conversione avviene quando tu incontri qualcuno che ti mostra una vita più bella perché Cristo è risorto. Questo cambia la vita. Inne c’è la strada della preghiera. Molti vanno nei monasteri e nei santuari per cercare la risposta alla domanda di spiritualità. Sono oasi di silenzio, di ascolto, di rientro in se stessi e di incontro con l’amore di Dio. E lì cogliamo i primi segni della speranza: molti casi di adulti che si fanno battezzare; persone che si erano allontanate ritornano ai sacra-menti; famiglie che si riconciliano; ferite che si sanano.Grazie alle fonti della speranza, il nuovo nichilismo non vincerà. La verità risplende, e dobbiamo testi-moniarla con forza, nel rispetto pro-fondo della libertà, ma senza temere di turbare l’altro. Ognuno può essere molto importante nell’indicare con la sua vita una ragione di speranza per il fratello o la sorella che gli passa accanto. Io “spero” che il Giubileo 2025 sia proprio un’occasione per orire a quante più persone possibile questa strada di vera libertà e di speranza. In ogni cuore vive una minuscola ammella capace di emanare una luce straordinaria. E questa am-mella si chiama sete del Dio vivente, del Dio che è in noi, che ci ha fatto nascere, del Dio che ci fa incontrare l’un l’altro, facendoci compiere il cammino dell’umanità, del Dio che rompe i vincoli del tempo per spin-gerci a contemplare l’immensa luce dell’Eternità. nLA SPERANZA NASCE DALLA FEDENatura, comunità e preghiera: chiavi per riscoprire il senso profondo dell’esistenzaFEDEFrancescoFrancesco d’Assisi è esempio di preghiera, testimonianza e rapporto con la naturaTaddeo Gaddi, Storie di San Francesco – Francesco riceve le stimmate, 1335 – 1340Un cammino che invita a riscoprire la bellezza del cristianesimo e il suo messaggio di amore e resurrezione, contro le sde di un mondo disorientato‘‘GLI ARCHITRAVI DEL PONTIFICATO DI FRANCESCOSusanna Tamaro, scrittriceil cristianesimo che deve arontare questo nuovo transumanesimo fero-cemente ostile al concetto di persona e alla sacralità della vita.La vera speranza, quella che non de-lude, nasce dalla fede. Ma la società contemporanea è totalmente ostile alla dimensione del mistero, soddisfa tutti i bisogni materiali ma si guarda bene dal dire che tutta la dispera-zione, la tristezza, la distruttività attuale derivano dall’aver cancellato la dimensione spirituale. Siamo tutti assetati di parole di verità, di parole di vera vita. A volte si cerca di saziare la propria sete spirituale ricorrendo a sorgenti illusorie di dipendenze, di rapporti tossici o di pseudo-spiritua-lismi e, per un istante, la sete sembra placarsi. Ma poi ritorna perché non è di un surrogato che abbiamo biso-gno, ma della Verità stessa incarnata nel Dio vivente.Come riscoprire allora la speran-za cristiana, questo dinamismo ottimista, gioioso, coraggioso, ducioso che viene dal soo dello Spirito di Dio che muove i cuori e il mondo verso un futuro migliore, illuminando una strada di amore, di fraternità, di bellezza e che può indicare veramente una via d’uscita dall’autodistruzione, dalla desolazio-ne, dall’individualismo, dai conitti e dalla disperazione?Posso parlare della mia esperienza. Il rapporto con la natura è certa-mente una strada per risvegliare la

Page 15

12 13La speranza è la luce che illumi-na l’umano. La vita stessa si nutre di speranza. Il mondo invece sta cercando di al-lontanarsi da tutto ciò che ci ricorda l’operosa presenza del bene. Si sta aermando un nuovo nichilismo che odia la vita e quindi non può ammettere la speranza. Le battaglie contro la vita, in ogni sua forma, sono battaglie contro la speranza. È un momento molto importante per speranza cristiana. Nella mia vita in campagna mi accorgo che c’è una grande dierenza rispetto a chi vive in città. E il mondo, non lo dimenti-chiamo, sta andando verso un nuovo urbanesimo. Ma in città si rischia di avere una vita alterata nelle relazioni, nel lavoro, nello stress. In campagna, dalla bellezza di un tramonto o del ritorno delle rondini, si percepisce la meraviglia, lo stupore del cuore. Con la contemplazione della natura può esserci il ritorno della fede, insieme ad una percezione del reale più autentica e alla riscoperta dei fondamenti del cristianesimo.Poi molto importante è la comuni-tà che il cristianesimo crea. Senza comunità c’è isolamento, paura, disperazione. Invece nella comunità si cammina insieme, ci si salva insie-me, si cresce nella fede, ci si forma alle realtà in cui crediamo, a partire dalla preparazione dei bambini ai sacramenti. Tutto questo diventa presupposto per coltivare la spe-ranza, perché mette tutta la nostra esistenza, compresa la soerenza che ne è una parte imprescindibile, nella prospettiva della resurrezione, e di tutte le altre verità di fede.Ma il cuore della ragione della spe-ranza è la testimonianza. Abbiamo un grande bisogno di testimoni. In ogni persona c’è lo Spirito Santo, ma la conversione avviene quando tu incontri qualcuno che ti mostra una vita più bella perché Cristo è risorto. Questo cambia la vita. Inne c’è la strada della preghiera. Molti vanno nei monasteri e nei santuari per cercare la risposta alla domanda di spiritualità. Sono oasi di silenzio, di ascolto, di rientro in se stessi e di incontro con l’amore di Dio. E lì cogliamo i primi segni della speranza: molti casi di adulti che si fanno battezzare; persone che si erano allontanate ritornano ai sacra-menti; famiglie che si riconciliano; ferite che si sanano.Grazie alle fonti della speranza, il nuovo nichilismo non vincerà. La verità risplende, e dobbiamo testi-moniarla con forza, nel rispetto pro-fondo della libertà, ma senza temere di turbare l’altro. Ognuno può essere molto importante nell’indicare con la sua vita una ragione di speranza per il fratello o la sorella che gli passa accanto. Io “spero” che il Giubileo 2025 sia proprio un’occasione per orire a quante più persone possibile questa strada di vera libertà e di speranza. In ogni cuore vive una minuscola ammella capace di emanare una luce straordinaria. E questa am-mella si chiama sete del Dio vivente, del Dio che è in noi, che ci ha fatto nascere, del Dio che ci fa incontrare l’un l’altro, facendoci compiere il cammino dell’umanità, del Dio che rompe i vincoli del tempo per spin-gerci a contemplare l’immensa luce dell’Eternità. nLA SPERANZA NASCE DALLA FEDENatura, comunità e preghiera: chiavi per riscoprire il senso profondo dell’esistenzaFEDEFrancescoFrancesco d’Assisi è esempio di preghiera, testimonianza e rapporto con la naturaTaddeo Gaddi, Storie di San Francesco – Francesco riceve le stimmate, 1335 – 1340Un cammino che invita a riscoprire la bellezza del cristianesimo e il suo messaggio di amore e resurrezione, contro le sde di un mondo disorientato‘‘GLI ARCHITRAVI DEL PONTIFICATO DI FRANCESCOSusanna Tamaro, scrittriceil cristianesimo che deve arontare questo nuovo transumanesimo fero-cemente ostile al concetto di persona e alla sacralità della vita.La vera speranza, quella che non de-lude, nasce dalla fede. Ma la società contemporanea è totalmente ostile alla dimensione del mistero, soddisfa tutti i bisogni materiali ma si guarda bene dal dire che tutta la dispera-zione, la tristezza, la distruttività attuale derivano dall’aver cancellato la dimensione spirituale. Siamo tutti assetati di parole di verità, di parole di vera vita. A volte si cerca di saziare la propria sete spirituale ricorrendo a sorgenti illusorie di dipendenze, di rapporti tossici o di pseudo-spiritua-lismi e, per un istante, la sete sembra placarsi. Ma poi ritorna perché non è di un surrogato che abbiamo biso-gno, ma della Verità stessa incarnata nel Dio vivente.Come riscoprire allora la speran-za cristiana, questo dinamismo ottimista, gioioso, coraggioso, ducioso che viene dal soo dello Spirito di Dio che muove i cuori e il mondo verso un futuro migliore, illuminando una strada di amore, di fraternità, di bellezza e che può indicare veramente una via d’uscita dall’autodistruzione, dalla desolazio-ne, dall’individualismo, dai conitti e dalla disperazione?Posso parlare della mia esperienza. Il rapporto con la natura è certa-mente una strada per risvegliare la

Page 16

14 15Riscrivere la nostra umanità a partire da 365 parole. È questa la sda di questo Vocabolario della fraternità voluto da Rizzoli che ha riconosciuto nella mission e nei progetti della Fonda-zione vaticana Fratelli tutti – nata l’8 dicembre 2021 da un documento autografo del Papa – una comunità di persone diverse per professione, età ed esperienze, ma unite a pro-muovere il valore sociale della frater-nità che Francesco ha ricollocato al centro dell’Ordinamento mondiale.È noto, la parola ha il potere di cre-are o distruggere, far vivere o ferire, amare oppure odiare. Non si limita a essere un mezzo – il ponte tra l’io e il tu –, ma addirittura può incarnarsi no a diventare eterna. La Scrittura la descrive come «viva, ecace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra no al punto di divisione dell’anima e dello spirito, no alle giunture e alle midolla, e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore» (Eb 4,12).Molti antropologi e psicologi, loso e psichiatri evidenziano il potere tera-peutico delle parole. Imparandone di nuove, arricchiamo il nostro modo di pensare e di essere, anzi si diventa le parole che si ascolta. Persino la libertà politica è correlata alla ricchezza del numero di parole conosciute.L’esperienza di questo Vocabolario dimostra che non basta dire di cono-scere una parola, occorre utilizzarla e testimoniarla per riconoscerci come umani all’interno di una comuni-tà pensante e fraterna. Per molte culture anche il tono di voce conta per fare entrare la parola nella vita di chi ascolta. Ma c’è di più, le parole del Vocabolario contribuiscono ad arginare la violenza e le guerre, le vendette e le pene esemplari. Sono da meditare una al giorno nell’anno del Giubileo.Nessuna ingenuità però, nella storia parole buone e cattive, umane e disumane si sdano in un combatti-mento continuo. Come riconoscer-le? Le prime donano pace profonda, le seconde invece inquietano e angosciano. Occorre però rimanere vigili. Non appena la società smette di valorizzare le parole buone, ni-scono presto per essere dimenticate e sostituite da un linguaggio bellicoso e conittuale – come “coprifuoco” e “nemico invisibile”, “campo di battaglia” e “stagione del terrore”, “caduti” e “attacco”, “conquista” e “oensiva”, “paura” e “morte” – destinato a modellare e a consolidare la violenza di questi ultimi anni.Solamente parole antiche e sempre nuove restituiscono dignità e valore alla nostra vita. Per questo il nostro Vocabolario è come una collana di perle preziose, unite dal lo inossi-dabile della fraternità e dalla visione dell’enciclica Fratelli tutti. Ogni autore ha contribuito con il proprio bagaglio, ma tutti hanno forgiato le ecclesiali, dagli artisti ai giornalisti, dai missionari digitali con il loro linguaggio fresco e poetico agli esponenti del mondo delle imprese e delle professioni con la loro scrittura precisa e tecnica, no ai molti giova-ni che hanno scelto parole disincan-tate ma piene di vita.Altrimenti, per parafrasare Kierke-gaard, si rischia di vivere una crisi di civiltà simile a quella di una nave in tempesta: quando si preferisce il menù del cuoco alle parole del capita-no che indicano la rotta per salvarsi.La poesia di Mario Luzi ci rivela il potere salvico della parola in questi meravigliosi versi: «Vola alta, parola, cresci in profondità, / tocca nadir e zenith della tua signicazione, / giacché talvolta lo puoi – sogno che la cosa esclami / nel buio della mente – / però non separarti / da me, non arrivare, / ti prego, a quel celestiale appuntamento / da sola, senza il caldo di me / o almeno il mio ricordo, sii / luce, non disabitata trasparenza».Come ci insegna il poeta le parole di questo Vocabolario sono chiamate ad ascendere verso l’alto, toccando le stelle, e discendere verso il basso, sondando gli abissi dell’essere. In questo slancio duplice, tra cielo e terra, la nostra parola ci permette di trovare pienezza di vita e calore. Diventa così una luce che guida l’anima, un ponte tra l’io e il mondo.Scegliere, insegnare e ripetere parole umane, di fraternità e di amore, non solo alimenta nella notte la candela della propria vita ma permette di accenderne molte altre; per chi lo fa non diminuirà la sua potenza, ma la luce aumenterà per tutti. n(Estratto dall’Introduzione de Il vocabolario della fraternità. 365 pa-role per riscrivere la nostra umanità, Bur-Rizzoli, 2025)RIGENERARE LE PAROLEUn Vocabolario per trasformare le esperienze in un tesoro condivisoFRATERNITÀFrancesco Occhetta, gesuita, Segretario Generale “Fondazione Fratelli tutti”Tra poesia, losoa e testimonianze di vita, 365 parole per un viaggio verso la dignità, la pace e la bellezza della fraternità‘‘GLI ARCHITRAVI DEL PONTIFICATO DI FRANCESCOloro parole come si forma una perla. In natura, infatti, quando un’ostrica viene attaccata da un granello di sabbia, lo avvolge di madreperla, tra-sformando l’oesa in bellezza. Allo stesso modo, chi sceglie la fraternità trasforma le proprie esperienze, sia quelle preziose sia quelle dolorose, in un tesoro condiviso.Penne diverse: dai Premi Nobel agli esponenti delle Istituzioni civili ed

Page 17

14 15Riscrivere la nostra umanità a partire da 365 parole. È questa la sda di questo Vocabolario della fraternità voluto da Rizzoli che ha riconosciuto nella mission e nei progetti della Fonda-zione vaticana Fratelli tutti – nata l’8 dicembre 2021 da un documento autografo del Papa – una comunità di persone diverse per professione, età ed esperienze, ma unite a pro-muovere il valore sociale della frater-nità che Francesco ha ricollocato al centro dell’Ordinamento mondiale.È noto, la parola ha il potere di cre-are o distruggere, far vivere o ferire, amare oppure odiare. Non si limita a essere un mezzo – il ponte tra l’io e il tu –, ma addirittura può incarnarsi no a diventare eterna. La Scrittura la descrive come «viva, ecace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra no al punto di divisione dell’anima e dello spirito, no alle giunture e alle midolla, e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore» (Eb 4,12).Molti antropologi e psicologi, loso e psichiatri evidenziano il potere tera-peutico delle parole. Imparandone di nuove, arricchiamo il nostro modo di pensare e di essere, anzi si diventa le parole che si ascolta. Persino la libertà politica è correlata alla ricchezza del numero di parole conosciute.L’esperienza di questo Vocabolario dimostra che non basta dire di cono-scere una parola, occorre utilizzarla e testimoniarla per riconoscerci come umani all’interno di una comuni-tà pensante e fraterna. Per molte culture anche il tono di voce conta per fare entrare la parola nella vita di chi ascolta. Ma c’è di più, le parole del Vocabolario contribuiscono ad arginare la violenza e le guerre, le vendette e le pene esemplari. Sono da meditare una al giorno nell’anno del Giubileo.Nessuna ingenuità però, nella storia parole buone e cattive, umane e disumane si sdano in un combatti-mento continuo. Come riconoscer-le? Le prime donano pace profonda, le seconde invece inquietano e angosciano. Occorre però rimanere vigili. Non appena la società smette di valorizzare le parole buone, ni-scono presto per essere dimenticate e sostituite da un linguaggio bellicoso e conittuale – come “coprifuoco” e “nemico invisibile”, “campo di battaglia” e “stagione del terrore”, “caduti” e “attacco”, “conquista” e “oensiva”, “paura” e “morte” – destinato a modellare e a consolidare la violenza di questi ultimi anni.Solamente parole antiche e sempre nuove restituiscono dignità e valore alla nostra vita. Per questo il nostro Vocabolario è come una collana di perle preziose, unite dal lo inossi-dabile della fraternità e dalla visione dell’enciclica Fratelli tutti. Ogni autore ha contribuito con il proprio bagaglio, ma tutti hanno forgiato le ecclesiali, dagli artisti ai giornalisti, dai missionari digitali con il loro linguaggio fresco e poetico agli esponenti del mondo delle imprese e delle professioni con la loro scrittura precisa e tecnica, no ai molti giova-ni che hanno scelto parole disincan-tate ma piene di vita.Altrimenti, per parafrasare Kierke-gaard, si rischia di vivere una crisi di civiltà simile a quella di una nave in tempesta: quando si preferisce il menù del cuoco alle parole del capita-no che indicano la rotta per salvarsi.La poesia di Mario Luzi ci rivela il potere salvico della parola in questi meravigliosi versi: «Vola alta, parola, cresci in profondità, / tocca nadir e zenith della tua signicazione, / giacché talvolta lo puoi – sogno che la cosa esclami / nel buio della mente – / però non separarti / da me, non arrivare, / ti prego, a quel celestiale appuntamento / da sola, senza il caldo di me / o almeno il mio ricordo, sii / luce, non disabitata trasparenza».Come ci insegna il poeta le parole di questo Vocabolario sono chiamate ad ascendere verso l’alto, toccando le stelle, e discendere verso il basso, sondando gli abissi dell’essere. In questo slancio duplice, tra cielo e terra, la nostra parola ci permette di trovare pienezza di vita e calore. Diventa così una luce che guida l’anima, un ponte tra l’io e il mondo.Scegliere, insegnare e ripetere parole umane, di fraternità e di amore, non solo alimenta nella notte la candela della propria vita ma permette di accenderne molte altre; per chi lo fa non diminuirà la sua potenza, ma la luce aumenterà per tutti. n(Estratto dall’Introduzione de Il vocabolario della fraternità. 365 pa-role per riscrivere la nostra umanità, Bur-Rizzoli, 2025)RIGENERARE LE PAROLEUn Vocabolario per trasformare le esperienze in un tesoro condivisoFRATERNITÀFrancesco Occhetta, gesuita, Segretario Generale “Fondazione Fratelli tutti”Tra poesia, losoa e testimonianze di vita, 365 parole per un viaggio verso la dignità, la pace e la bellezza della fraternità‘‘GLI ARCHITRAVI DEL PONTIFICATO DI FRANCESCOloro parole come si forma una perla. In natura, infatti, quando un’ostrica viene attaccata da un granello di sabbia, lo avvolge di madreperla, tra-sformando l’oesa in bellezza. Allo stesso modo, chi sceglie la fraternità trasforma le proprie esperienze, sia quelle preziose sia quelle dolorose, in un tesoro condiviso.Penne diverse: dai Premi Nobel agli esponenti delle Istituzioni civili ed

Page 18

16 17Il passaggio a un sistema energeti-co basato sulle energie rinnovabi-li non è solo il percorso più reali-stico per arontare il cambiamento climatico, ma è anche inevitabile.Sebbene i progressi non abbiano ancora raggiunto la velocità e la scala necessarie per conseguire gli obiettivi dell’Accordo di Parigi, le rinnova-bili continuano a rappresentare la fonte di generazione di energia più accessibile. Di fatto, nel 2023 l’81% delle nuova capacità installata di rinnovabili è stato più economico rispetto a corrispondente capacità da fonti fossili.Questo vantaggio economico e am-bientale ha alimentato una doman-da globale senza precedenti per le energie rinnovabili, rendendo questa trasformazione inarrestabile.Tuttavia, la transizione energetica pone anche una sda complessa. Le tecnologie rinnovabili richiedono un aumento signicativo nella fornitura di materie critiche, come cobalto, rame, grate, iridio, litio, manganese, nichel, platino e alcuni elementi delle terre rare, fondamentali per batterie, pannelli solari e turbine eoliche.La corsa ai minerali e ai metalli grezzi non è un fenomeno nuovo: che si trattasse di carbone, oro o altre materie prime estrattive nella storia dell’umanità, questa dinamica ci è già familiare. Tuttavia, l’estrazione mineraria è stata spesso caratteriz-zata da estremi: da un lato, comfort e prosperità, dall’altro, pessime condizioni lavorative, spostamenti forzati, corsi d’acqua inquinati e terre degradate nelle comunità che ospitano le miniere.Se ben pianicata e implementata, una transizione energetica basata sulle rinnovabili può riscrivere questa storia. Non si tratta solo di un imperativo economico, ma anche morale, considerando che i Paesi in via di sviluppo rappresentano gran parte della produzione globale di materie critiche.L’aumento previsto della domanda di risorse minerarie ore un’oppor-tunità per attrarre nuovi ussi di in-vestimento. Se gestite correttamente, queste nuove entrate potrebbero avviare una prosperità economica di lungo termine, creare nuovi posti di lavoro verdi e promuovere lo svilup-po sostenibile.Una questione cruciale è se la transizione energetica permetterà ai Paesi emergenti di salire lungo la catena del valore, attirando attività a maggior valore aggiunto oltre all’au-mento delle esportazioni di minerali grezzi. I materiali lavorati hanno un prezzo signicativamente più alto rispetto ai minerali non ranati, mi-gliorando potenzialmente la bilancia commerciale e riducendo i costi delle infrastrutture e dei progetti industriali, favorendo lo sviluppo economico locale.Ranando e lavorando le risorse nei luoghi di estrazione, la transizione energetica può massimizzare i bene-ci locali per i Paesi ricchi di risorse, invece di perpetuare un’eredità di disuguaglianze.Le compagnie minerarie devono anche garantire che le comunità locali traggano benecio dai ricavi minerari. Costruendo ducia e rela-zioni solide con le comunità locali, non solo si promuove una prosperità condivisa, ma si stabiliscono solide fondamenta basate sulla ducia con investitori e responsabili politici. Si stima che il 54% dei minerali neces-sari per la transizione energetica si trovi su o vicino a terre appartenenti a popolazioni indigene, sottolinean-do la necessità di un coinvolgimento comunitario robusto e precoce n dalle fasi iniziali di pianicazione dei progetti.Nel celebrare la Giornata Mondiale della Pace, dobbiamo ricordare che la transizione energetica va oltre la tecnologia: riguarda la creazione di un futuro equo e giusto. A dieren-za dei combustibili fossili, concen-trati in pochi Paesi, le risorse rinno-vabili sono ampiamente distribuite, riducendo la volatilità dei prezzi, le carenze di approvvigionamento e le dipendenze geopolitiche.Tuttavia, dobbiamo rimanere vigili. Nessun Paese, da solo, può soddisfare la domanda di tutte le materie critiche necessarie per questa transizione, rendendo indispensabile lo sviluppo e l’attuazione di strategie collaborative che benecino tutti gli attori coinvolti.Per arontare questa esigenza, i Membri dell’Agenzia Internazionale per le Energie Rinnovabili (IRE-NA) hanno istituito nel 2022 il Collaborative Framework on Critical Materials for the Energy Transition. Questa iniziativa rappresenta oggi una piattaforma globale inclusiva per identicare le lacune e sviluppare soluzioni in questo ambito cruciale.Man mano che i governi fanno in-genti investimenti nella transizione energetica, è essenziale che i decisori politici non ripropongano gli ormai obsolete modelli adottati nell’era dei combustibili fossili, ma costruiscano un nuovo sistema energetico basato su crescita condivisa e resilienza. nMATERIE PRIME CUORE DELLA SOSTENIBILITÀEnergie rinnovabili: il cammino inarrestabile verso un futuro sostenibileAMBIENTEFrancesco La Camera, Diret-tore Generale, International Renewable Energy AgencyTransizione ecologicaIl 2024 ha segnato un momento cruciale nella transizione energetica globale, raggiungendo livelli senza precedenti.Tuttavia, nonostante i notevoli progressi, il ritmo del cambiamento rimane insufciente per raggiungere l’ambizioso obiettivo di triplicare la capacità di energia rinnovabile entro il 2030 – una pietra miliare fondamentale per mantenere l’aumento della temperatura globale al di sotto di 1,5°C.Tra sde e opportunità, abbiamo bisogno di una nuova visione: risorse condivise, investimenti equi e un impegno globale per il bene comune‘‘GLI ARCHITRAVI DEL PONTIFICATO DI FRANCESCO

Page 19

16 17Il passaggio a un sistema energeti-co basato sulle energie rinnovabi-li non è solo il percorso più reali-stico per arontare il cambiamento climatico, ma è anche inevitabile.Sebbene i progressi non abbiano ancora raggiunto la velocità e la scala necessarie per conseguire gli obiettivi dell’Accordo di Parigi, le rinnova-bili continuano a rappresentare la fonte di generazione di energia più accessibile. Di fatto, nel 2023 l’81% delle nuova capacità installata di rinnovabili è stato più economico rispetto a corrispondente capacità da fonti fossili.Questo vantaggio economico e am-bientale ha alimentato una doman-da globale senza precedenti per le energie rinnovabili, rendendo questa trasformazione inarrestabile.Tuttavia, la transizione energetica pone anche una sda complessa. Le tecnologie rinnovabili richiedono un aumento signicativo nella fornitura di materie critiche, come cobalto, rame, grate, iridio, litio, manganese, nichel, platino e alcuni elementi delle terre rare, fondamentali per batterie, pannelli solari e turbine eoliche.La corsa ai minerali e ai metalli grezzi non è un fenomeno nuovo: che si trattasse di carbone, oro o altre materie prime estrattive nella storia dell’umanità, questa dinamica ci è già familiare. Tuttavia, l’estrazione mineraria è stata spesso caratteriz-zata da estremi: da un lato, comfort e prosperità, dall’altro, pessime condizioni lavorative, spostamenti forzati, corsi d’acqua inquinati e terre degradate nelle comunità che ospitano le miniere.Se ben pianicata e implementata, una transizione energetica basata sulle rinnovabili può riscrivere questa storia. Non si tratta solo di un imperativo economico, ma anche morale, considerando che i Paesi in via di sviluppo rappresentano gran parte della produzione globale di materie critiche.L’aumento previsto della domanda di risorse minerarie ore un’oppor-tunità per attrarre nuovi ussi di in-vestimento. Se gestite correttamente, queste nuove entrate potrebbero avviare una prosperità economica di lungo termine, creare nuovi posti di lavoro verdi e promuovere lo svilup-po sostenibile.Una questione cruciale è se la transizione energetica permetterà ai Paesi emergenti di salire lungo la catena del valore, attirando attività a maggior valore aggiunto oltre all’au-mento delle esportazioni di minerali grezzi. I materiali lavorati hanno un prezzo signicativamente più alto rispetto ai minerali non ranati, mi-gliorando potenzialmente la bilancia commerciale e riducendo i costi delle infrastrutture e dei progetti industriali, favorendo lo sviluppo economico locale.Ranando e lavorando le risorse nei luoghi di estrazione, la transizione energetica può massimizzare i bene-ci locali per i Paesi ricchi di risorse, invece di perpetuare un’eredità di disuguaglianze.Le compagnie minerarie devono anche garantire che le comunità locali traggano benecio dai ricavi minerari. Costruendo ducia e rela-zioni solide con le comunità locali, non solo si promuove una prosperità condivisa, ma si stabiliscono solide fondamenta basate sulla ducia con investitori e responsabili politici. Si stima che il 54% dei minerali neces-sari per la transizione energetica si trovi su o vicino a terre appartenenti a popolazioni indigene, sottolinean-do la necessità di un coinvolgimento comunitario robusto e precoce n dalle fasi iniziali di pianicazione dei progetti.Nel celebrare la Giornata Mondiale della Pace, dobbiamo ricordare che la transizione energetica va oltre la tecnologia: riguarda la creazione di un futuro equo e giusto. A dieren-za dei combustibili fossili, concen-trati in pochi Paesi, le risorse rinno-vabili sono ampiamente distribuite, riducendo la volatilità dei prezzi, le carenze di approvvigionamento e le dipendenze geopolitiche.Tuttavia, dobbiamo rimanere vigili. Nessun Paese, da solo, può soddisfare la domanda di tutte le materie critiche necessarie per questa transizione, rendendo indispensabile lo sviluppo e l’attuazione di strategie collaborative che benecino tutti gli attori coinvolti.Per arontare questa esigenza, i Membri dell’Agenzia Internazionale per le Energie Rinnovabili (IRE-NA) hanno istituito nel 2022 il Collaborative Framework on Critical Materials for the Energy Transition. Questa iniziativa rappresenta oggi una piattaforma globale inclusiva per identicare le lacune e sviluppare soluzioni in questo ambito cruciale.Man mano che i governi fanno in-genti investimenti nella transizione energetica, è essenziale che i decisori politici non ripropongano gli ormai obsolete modelli adottati nell’era dei combustibili fossili, ma costruiscano un nuovo sistema energetico basato su crescita condivisa e resilienza. nMATERIE PRIME CUORE DELLA SOSTENIBILITÀEnergie rinnovabili: il cammino inarrestabile verso un futuro sostenibileAMBIENTEFrancesco La Camera, Diret-tore Generale, International Renewable Energy AgencyTransizione ecologicaIl 2024 ha segnato un momento cruciale nella transizione energetica globale, raggiungendo livelli senza precedenti.Tuttavia, nonostante i notevoli progressi, il ritmo del cambiamento rimane insufciente per raggiungere l’ambizioso obiettivo di triplicare la capacità di energia rinnovabile entro il 2030 – una pietra miliare fondamentale per mantenere l’aumento della temperatura globale al di sotto di 1,5°C.Tra sde e opportunità, abbiamo bisogno di una nuova visione: risorse condivise, investimenti equi e un impegno globale per il bene comune‘‘GLI ARCHITRAVI DEL PONTIFICATO DI FRANCESCO

Page 20

18 19«Sostenuto da una così lunga tradizione e nella certezza che questo Anno giubilare potrà essere per tutta la Chiesa un’intensa esperienza di grazia e di speranza, stabilisco che la Porta Santa della Basilica di San Pietro in Vaticano sia aperta il 24 dicembre del presente anno 2024, dando così inizio al Giubileo Ordinario. La domenica successiva, 29 dicembre 2024, aprirò la Porta Santa della mia cattedrale di San Giovanni in Laterano, che il 9 novembre di quest’anno celebrerà i 1700 anni della dedicazione. A seguire, il 1° gennaio 2025, Solennità di Maria Santissima Madre di Dio, verrà aperta la Porta Santa della Basi-lica papale di Santa Maria Maggiore. Inne, domenica 5 gennaio sarà aperta la Porta Santa della Basilica papale di San Paolo fuori le Mura (...). Per orire ai detenuti un segno concreto di vicinanza, io stesso desidero aprire una Porta Santa in un carcere, perché sia per loro un simbolo che invita a guardare all’av-venire con speranza e con rinnovato impegno di vita.» (Spes non confundit, Bolla di indizio-ne del Giubileo Ordinario dell’Anno 2025)24DICEMBRESAN PIETROInizia il Giubileo 2025Qui sopra e nella pagina a anco, in alto: Papa Francesco apre la Porta Santa per segnare l’inizio dell’Anno Santo cattolico 2025, o Giubileo, nella Basilica di San Pietro, in Vaticano, il 24 dicembre 2024. (Epa/Alberto Pizzoli / Pool – Reuters/Remo Casilli/Pool) In basso: Il cardinale vicario di Roma Baldassarre Reina apre la Porta Santa nella Basilica di San Giovanni in Laterano, a Roma, 29 dicembre 2024. (Ansa/Angelo Carconi/Pool) Nelle pagine seguenti: in alto: Il cardinale lituano Rolandas Makrickas apre la Porta Santa della Basilica di Santa Maria Maggiore il giorno di Capodanno 2025. (Epa/Andrew Medichini / Pool). In basso: I fedeli partecipano alla Messa, dopo che il Cardinale James Michael Harvey ha aperto la Porta Santa della Basilica di San Paolo Fuori le Mura il 5 gennaio 2025GIUBILEO 2025AVVIO DEL GIUBILEO Il racconto per immagini29DICEMBRESAN GIOVANNIIN LATERANO

Page 21

18 19«Sostenuto da una così lunga tradizione e nella certezza che questo Anno giubilare potrà essere per tutta la Chiesa un’intensa esperienza di grazia e di speranza, stabilisco che la Porta Santa della Basilica di San Pietro in Vaticano sia aperta il 24 dicembre del presente anno 2024, dando così inizio al Giubileo Ordinario. La domenica successiva, 29 dicembre 2024, aprirò la Porta Santa della mia cattedrale di San Giovanni in Laterano, che il 9 novembre di quest’anno celebrerà i 1700 anni della dedicazione. A seguire, il 1° gennaio 2025, Solennità di Maria Santissima Madre di Dio, verrà aperta la Porta Santa della Basi-lica papale di Santa Maria Maggiore. Inne, domenica 5 gennaio sarà aperta la Porta Santa della Basilica papale di San Paolo fuori le Mura (...). Per orire ai detenuti un segno concreto di vicinanza, io stesso desidero aprire una Porta Santa in un carcere, perché sia per loro un simbolo che invita a guardare all’av-venire con speranza e con rinnovato impegno di vita.» (Spes non confundit, Bolla di indizio-ne del Giubileo Ordinario dell’Anno 2025)24DICEMBRESAN PIETROInizia il Giubileo 2025Qui sopra e nella pagina a anco, in alto: Papa Francesco apre la Porta Santa per segnare l’inizio dell’Anno Santo cattolico 2025, o Giubileo, nella Basilica di San Pietro, in Vaticano, il 24 dicembre 2024. (Epa/Alberto Pizzoli / Pool – Reuters/Remo Casilli/Pool) In basso: Il cardinale vicario di Roma Baldassarre Reina apre la Porta Santa nella Basilica di San Giovanni in Laterano, a Roma, 29 dicembre 2024. (Ansa/Angelo Carconi/Pool) Nelle pagine seguenti: in alto: Il cardinale lituano Rolandas Makrickas apre la Porta Santa della Basilica di Santa Maria Maggiore il giorno di Capodanno 2025. (Epa/Andrew Medichini / Pool). In basso: I fedeli partecipano alla Messa, dopo che il Cardinale James Michael Harvey ha aperto la Porta Santa della Basilica di San Paolo Fuori le Mura il 5 gennaio 2025GIUBILEO 2025AVVIO DEL GIUBILEO Il racconto per immagini29DICEMBRESAN GIOVANNIIN LATERANO

Page 22

20 21 01GENNAIOSANTA MARIA MAGGIORE05GENNAIOSAN PAOLO FUORI LE MURAGIUBILEO 202526DICEMBRECARCERE DI REBIBBIA«Ho voluto che la seconda Porta Santa fosse qui, in un carcere. Ho voluto che ognuno di noi, che siamo qui dentro e fuori, avessimo la possibilità di spalancare le porte del cuore e capire che la speranza non delude».

Page 23

20 21 01GENNAIOSANTA MARIA MAGGIORE05GENNAIOSAN PAOLO FUORI LE MURAGIUBILEO 202526DICEMBRECARCERE DI REBIBBIA«Ho voluto che la seconda Porta Santa fosse qui, in un carcere. Ho voluto che ognuno di noi, che siamo qui dentro e fuori, avessimo la possibilità di spalancare le porte del cuore e capire che la speranza non delude».

Page 24

22 23«In questo Natale, inizio dell’Anno giubilare, invito ogni persona, ogni popolo e nazione ad avere il coraggio di varcare la Porta, a farsi pellegrini di speranza,a far tacere le armie a superare le divisioni!». È questo l’accorato invito che Papa Francesco ha rivolto a tutti in occasione del tradizionale GIORNATA MONDIALE DELLA PACEIl grido contro la “guerra mondiale a pezzi”I gesti concreti di Papa Francesco per fermare le guerre, cancellare i debiti e promuovere la dignità umanaPietro Parolin, Cardinale Segretario di StatoLa denuncia all’OnuQui sopra: il Segretario di Stato Vaticano Pietro Parolin parla durante la 79ª Sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite presso la sede delle Nazioni Unite a New York il 28 settembre 2024. Bryan R. Smith / AfpIn queste pagine: Fedeli a Piazza San Pietro in occasione della Giornata mondiale dei bambin, 26 maggio 2024Ansa/Massimo PercossiMessaggio Urbi et Orbi – alla città di Roma e al mondo – nel giorno di Natale. Un invito rivolto a tutti con evangelica passione. Un invito che impegna anche la Santa Sede nella sua attività diplomatica.I fronti su cui lavorare sono tanti, e crescono! Alla “guerra mondiale a pezzi” evocata da Papa Francesco si aggiungono nuovi drammatici elementi. Con il rischio, anch’es-so evocato dal Santo Padre, che si

Page 25

22 23«In questo Natale, inizio dell’Anno giubilare, invito ogni persona, ogni popolo e nazione ad avere il coraggio di varcare la Porta, a farsi pellegrini di speranza,a far tacere le armie a superare le divisioni!». È questo l’accorato invito che Papa Francesco ha rivolto a tutti in occasione del tradizionale GIORNATA MONDIALE DELLA PACEIl grido contro la “guerra mondiale a pezzi”I gesti concreti di Papa Francesco per fermare le guerre, cancellare i debiti e promuovere la dignità umanaPietro Parolin, Cardinale Segretario di StatoLa denuncia all’OnuQui sopra: il Segretario di Stato Vaticano Pietro Parolin parla durante la 79ª Sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite presso la sede delle Nazioni Unite a New York il 28 settembre 2024. Bryan R. Smith / AfpIn queste pagine: Fedeli a Piazza San Pietro in occasione della Giornata mondiale dei bambin, 26 maggio 2024Ansa/Massimo PercossiMessaggio Urbi et Orbi – alla città di Roma e al mondo – nel giorno di Natale. Un invito rivolto a tutti con evangelica passione. Un invito che impegna anche la Santa Sede nella sua attività diplomatica.I fronti su cui lavorare sono tanti, e crescono! Alla “guerra mondiale a pezzi” evocata da Papa Francesco si aggiungono nuovi drammatici elementi. Con il rischio, anch’es-so evocato dal Santo Padre, che si

Page 26

24 25trasformino in una terribile “guerra mondiale” globale con l’incubo dell’uso di armi nucleari.Nel suo discorso Urbi et Orbi ha elencato alcuni di questi “pezzi”. Ha ribadito il suo grido anché nella “martoriata Ucraina” tacciano le armi, e si abbia l’audacia di aprire la porta al negoziato e a gesti di dialogo e d’incontro, per arrivare a una pace giusta e duratura. Analogo invito a far tacere le armi lo ha fatto per il Medio Oriente, con l’esortazione a li-berare prontamente gli ostaggi israe- liani e con un pensiero particolare «alla cara comunità di Gaza, dove la situazione umanitaria è gravissi-ma». Il Papa ha volto il suo sguardo sul Libano e sulla Siria auspicando che in tutta la regione si aprano le porte del dialogo e della pace. E non ha mancato di ricordare anche il po-polo libico, con un incoraggiamento a cercare soluzioni che consentano la riconciliazione nazionale.Una “geograa” del doloreQuasi disegnando una carta geogra-ca del dolore, il Santo Padre ha indi-cato le tante tragedie che colpiscono l’Africa, con migliaia di bambini che stanno morendo per un’epidemia di morbillo nella Repubblica Democra-tica del Congo, e con le crisi umanita-rie che colpiscono Burkina Faso, Mali, Niger Mozambico, Corno d’Africa, Sudan. E poi in Asia il Myanmar, con la tragedia dei profughi rohingya. E quindi le Americhe con le situazioni critiche in Haiti, in Venezuela, in Colombia e in Nicaragua.Quest’anno il Papa ha voluto anche ricordare una realtà spesso dimenti-cata ma non meno dolorosa, come la divisione che interessa da ormai cinquant’anni l’isola di Cipro, lace-randone il tessuto umano e sociale.In tutte queste situazioni la Santa Sede, anche laddove ha dovuto sospendere la propria presenza diplomatica – penso al Nicaragua e al Sudan -, è in prima linea per favo-rire il dialogo e la pace. Così come, in ogni contesto, non fa mancare la propria voce nel difendere la sacrali-tà di ogni vita umana – dal con-cepimento alla morte naturale – e nell’aermare i valori fondanti della famiglia. Sacralità e valori fondanti che sono minacciati, in modo sub-dolo, anche nel mondo occidentale e nella nostra vecchia Europa che a volte sembra dimenticare le proprie radici cristiane.In questo contesto Papa Francesco, nel suo Messaggio per la Giornata mondiale della pace, che la Chiesa celebra ogni 1° gennaio, ha chiesto in particolare ai governi del mondo tre gesti profetici da compiere in occasione del Giubileo. Tre gesti concreti per segnare un cambiamen-to, un’inversione di rotta.In primo luogo la cancellazione totale o parziale del debito dei Paesi Un mondo lacerato dalla “guerra mondiale a pezzi”: Papa Francesco denuncia le divisioni e invita alla pace, dal Medio Oriente all’Africa, dall’Ucraina all’Asia, no alle AmericheLa diplomazia della Santa Sede in prima linea: dialogo, difesa della vita e dei valori fondamentali per superare le crisi globali e riaffermare la sacralità della dignità umana‘‘ ‘‘Repubblica Democratica del CongoGli sfollati dal campo di Lushagala trasportano i loro averi dopo essere fuggiti dal campo a Mugunga, nella provincia del Nord Kivu, nella Repubblica Democratica del Congo nel settembre 2024.Epa/Marie Jeanne MunyerenkanaHaitiUn manifestante partecipa a una protesta contro la violenza delle gang nel quartiere di Solino a Port-au-Prince, Haiti, il 19 agosto 2024. Epa/Mentor David LorensSudanIl 2 novembre 2024, Omdurman, in Sudan, era sotto il controllo delle Forze Armate Sudanesi. Nell’aprile 2023 è scoppiata una guerra civile tra l’esercito sudanese, guidato dal capo delle forze armate Abdel Fattah al-Burhan, e le Forze di Supporto Rapido (RSF), una milizia paramilitare guidata da Mohamed Hamdan Dagalo, ex vicepresidente del Consiglio Sovrano Transitorio del Sudan. L’Ufcio Internazionale per le Migrazioni (IOM) stima che circa otto milioni di persone siano state sfollate internamente o nei paesi vicini dall’aprile 2023. Epa/Sara CretaGIORNATA MONDIALE DELLA PACE

Page 27

24 25trasformino in una terribile “guerra mondiale” globale con l’incubo dell’uso di armi nucleari.Nel suo discorso Urbi et Orbi ha elencato alcuni di questi “pezzi”. Ha ribadito il suo grido anché nella “martoriata Ucraina” tacciano le armi, e si abbia l’audacia di aprire la porta al negoziato e a gesti di dialogo e d’incontro, per arrivare a una pace giusta e duratura. Analogo invito a far tacere le armi lo ha fatto per il Medio Oriente, con l’esortazione a li-berare prontamente gli ostaggi israe- liani e con un pensiero particolare «alla cara comunità di Gaza, dove la situazione umanitaria è gravissi-ma». Il Papa ha volto il suo sguardo sul Libano e sulla Siria auspicando che in tutta la regione si aprano le porte del dialogo e della pace. E non ha mancato di ricordare anche il po-polo libico, con un incoraggiamento a cercare soluzioni che consentano la riconciliazione nazionale.Una “geograa” del doloreQuasi disegnando una carta geogra-ca del dolore, il Santo Padre ha indi-cato le tante tragedie che colpiscono l’Africa, con migliaia di bambini che stanno morendo per un’epidemia di morbillo nella Repubblica Democra-tica del Congo, e con le crisi umanita-rie che colpiscono Burkina Faso, Mali, Niger Mozambico, Corno d’Africa, Sudan. E poi in Asia il Myanmar, con la tragedia dei profughi rohingya. E quindi le Americhe con le situazioni critiche in Haiti, in Venezuela, in Colombia e in Nicaragua.Quest’anno il Papa ha voluto anche ricordare una realtà spesso dimenti-cata ma non meno dolorosa, come la divisione che interessa da ormai cinquant’anni l’isola di Cipro, lace-randone il tessuto umano e sociale.In tutte queste situazioni la Santa Sede, anche laddove ha dovuto sospendere la propria presenza diplomatica – penso al Nicaragua e al Sudan -, è in prima linea per favo-rire il dialogo e la pace. Così come, in ogni contesto, non fa mancare la propria voce nel difendere la sacrali-tà di ogni vita umana – dal con-cepimento alla morte naturale – e nell’aermare i valori fondanti della famiglia. Sacralità e valori fondanti che sono minacciati, in modo sub-dolo, anche nel mondo occidentale e nella nostra vecchia Europa che a volte sembra dimenticare le proprie radici cristiane.In questo contesto Papa Francesco, nel suo Messaggio per la Giornata mondiale della pace, che la Chiesa celebra ogni 1° gennaio, ha chiesto in particolare ai governi del mondo tre gesti profetici da compiere in occasione del Giubileo. Tre gesti concreti per segnare un cambiamen-to, un’inversione di rotta.In primo luogo la cancellazione totale o parziale del debito dei Paesi Un mondo lacerato dalla “guerra mondiale a pezzi”: Papa Francesco denuncia le divisioni e invita alla pace, dal Medio Oriente all’Africa, dall’Ucraina all’Asia, no alle AmericheLa diplomazia della Santa Sede in prima linea: dialogo, difesa della vita e dei valori fondamentali per superare le crisi globali e riaffermare la sacralità della dignità umana‘‘ ‘‘Repubblica Democratica del CongoGli sfollati dal campo di Lushagala trasportano i loro averi dopo essere fuggiti dal campo a Mugunga, nella provincia del Nord Kivu, nella Repubblica Democratica del Congo nel settembre 2024.Epa/Marie Jeanne MunyerenkanaHaitiUn manifestante partecipa a una protesta contro la violenza delle gang nel quartiere di Solino a Port-au-Prince, Haiti, il 19 agosto 2024. Epa/Mentor David LorensSudanIl 2 novembre 2024, Omdurman, in Sudan, era sotto il controllo delle Forze Armate Sudanesi. Nell’aprile 2023 è scoppiata una guerra civile tra l’esercito sudanese, guidato dal capo delle forze armate Abdel Fattah al-Burhan, e le Forze di Supporto Rapido (RSF), una milizia paramilitare guidata da Mohamed Hamdan Dagalo, ex vicepresidente del Consiglio Sovrano Transitorio del Sudan. L’Ufcio Internazionale per le Migrazioni (IOM) stima che circa otto milioni di persone siano state sfollate internamente o nei paesi vicini dall’aprile 2023. Epa/Sara CretaGIORNATA MONDIALE DELLA PACE

Page 28

26 27poveri, perché «il debito estero è diventato uno strumento di control-lo, attraverso il quale alcuni governi e istituzioni nanziarie private dei paesi più ricchi non si fanno scrupolo di sfruttare in modo indiscriminato le risorse umane e naturali dei Paesi più poveri». Il Santo Padre denun-cia che «diverse popolazioni, già gravate dal debito internazionale, si trovano costrette a portare anche il peso del debito ecologico dei paesi più sviluppati». Di qui l’appello rivolto «in quest’anno giubilare» alla comunità internazionale anché proceda verso «il condono del debito estero, riconoscendo l’esistenza di un debito ecologico tra il nord e il sud del mondo».In secondo luogo il Papa ha chiesto che si proceda «all’eliminazione della pena di morte in tutte le nazio-ni», ribadendo che tale pena «oltre a compromettere l’inviolabilità della vita, annienta ogni speranza umana di perdono e di rinnovamento». Il gesto compiuto dal presidente uscente degli Stati Uniti Joseph Biden, di commutare la pena a 37 condannati a morte è una buona notizia e speriamo che altri seguano questo esempio.Eliminare la fame eliminando le armiInne nel suo Messaggio per la Giornata della pace il Santo Padre sollecita tutte le nazioni a utilizzare «almeno una percentuale ssa del denaro impiegato negli armamenti per la costituzione di un Fondo mon-diale che elimini denitivamente la fame e faciliti nei paesi più poveri at-tività educative e volte a promuovere lo sviluppo sostenibile, contrastando il cambiamento climatico». In questo 2025 l’Onu, fondata formalmente il 24 ottobre 1945, compie ottant’an-ni. E li dimostra tutti, si dirà. Eppure questo organismo è stato e può – an-che attraverso opportune riforme – continuare ad essere uno strumento formidabile per promuovere la pace e il dialogo, e per risolvere le crisi che attanagliano tante parti di questo mondo. La “guerra mondiale a pez-zi” infatti si può fermare raorzando quella diplomazia multilaterale che sta molto a cuore alla Santa Sede. nIL PUNTO DI…DIALOGO E FIDUCIAL’evoluzione della Santa Sede nel promuovere pace e relazioni internazionali, tra sde e innovazioniNel campo delle relazioni bilaterali la Santa Sede intrattiene ormai pieni rapporti diplomatici con quasi tutti gli Stati dell’orbe. Eppure nel 1900 erano appena una ventina. Diventati 49 nel giugno 1963, nell’agosto 1978 ammontavano già a 89 e nel 2005 erano 174. Con Benedetto XVI sono arrivati a 180 e con papa Francesco sono diventati 184 (più Unione Eu-ropea e Ordine di Malta). Gli ultimi Stati ad allacciare pieni rapporti con Oltretevere sono stati il Sud Sudan (2013), la Mauritania (2016), Myanmar (2017) e l’Oman (2023). Nel 2016 poi le “relazioni speciali” intrattenute con lo Stato di Palestina, denito così ucialmente dalla Santa Sede successivamente alla risoluzione Onu 67/19 del novembre 2012 che gli ha concesso lo status di osserva-tore permanente, sono diventate rapporti diplomatici a pieno titolo dopo l’entrata in vigore dell’Accordo globale rmato nel giugno 2015. Tra i Paesi con cui la Santa Sede ha rapporti diplomatici c’è anche la Cina-Taiwan dove però dal 1972 non risiede più un nunzio, ma un sem-plice “incaricato d’aari ad interim”. Nei colloqui in corso con la Cina che hanno portato allo storico Accordo provvisorio e parziale sulle nomine episcopali del settembre 2018 – rin-novato per un ulteriore biennio nel 2020 e poi ancora nel 2022 e, per un quadriennio, lo scorso ottobre – non sembra sia stata ancora arontata la questione dei rapporti diploma-tici. Anche se alla Santa Sede non dispiacerebbe poter aprire un ucio informale a Pechino. Intanto una rappresentanza risiede stabilmente nella cosiddetta “missione di studio” a Hong Kong, che gura formal-mente collegata alla nunziatura delle Filippine (nell’Annuario Ponticio viene comunque indicato, in nota, il recapito reale di questa “missione”). La Santa Sede non intrattiene ancora relazioni con undici Stati. In sette di questi Paesi non è presente nessun inviato vaticano (Afghanistan, Arabia Saudita, Bhutan, Cina popolare, Corea del Nord, Maldive, Tuvalu). Mentre sono in carica dei delegati apo-stolici (rappresentanti pontici presso le comunità cattoliche locali ma non presso i governi) in altri quattro Paesi: Comore, Somalia, Brunei e Laos. Un caso singolare è quello del Vie-tnam, dove già dal 2011 veniva nomi-nato un rappresentante vaticano non residenziale. Nel 2023 è stato siglato l’Accordo sulla presenza ad Hanoi di un “rappresentante ponticio resi-dente”, il che, ha spiegato il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin non è «solo un traguardo», bensì «un nuo-vo inizio», nel segno «del reciproco rispetto e della reciproca ducia» tra Santa Sede e la Repubblica socialista del Vietnam. Il porporato ha anche specicato che tale Accordo crea una «res nova in iure» nella diplomazia vaticana. Infatti il rappresentante ponticio residente, pur non essendo formalmente un nunzio – visto che tra le due parti ancora non ci sono pieni rapporti diplomatici – avrà, al pari di esso, «il compito di raorzare le relazioni amichevoli tra Santa Sede e Governo» e potrà «partecipare agli in-contri ordinari del Corpo diplomatico e ai ricevimenti, nonché avere incontri personali con i diplomatici». Per quanto riguarda il Kosovo, il cui riconoscimento avverrà quando il suo status internazionale sarà meno controverso: la Santa Sede si è per ora limitata a nominare un delegato apostolico nella persona del nunzio in Slovenia (e quando il Pontece riceve le autorità kosovare, di norma queste udienze non si rendono pub-bliche ucialmente nel Bollettino o sull’Osservatore Romano).Negli ultimi anni poi si sono mol-tiplicate le nomine di “incaricati d’aari” stabilmente residenti in Paesi che non ospitano nunzi. Soprattutto in Africa, ma non solo. Ad esempio a Timor Est, in Ciad, Gabon, Malawi, Sud Sudan, Cipro e Myanmar.La rete diplomatica vaticana è costituita da un centinaio di nunzi attualmente in attività per il mondo. Non mancano i punti dolenti. Dal marzo 2022, per decisione unilaterale del governo, il Nicaragua ha sospeso i rapporti diplomatici con il Vaticano, così la nunziatura è stata chiusa e gli interessi della Santa Sede sono curati dall’ambasciata italiana (su nove ve-scovi in attività uno ha dovuto lasciare il Paese e altri tre sono stati esiliati dal regime di Daniel Ortega). Dall’aprile 2023 la nunziatura in Sudan è stata evacuata per la guerra civile in corso. Attualmente sono una novantina le missioni diplomatiche presso la Santa Sede con sede a Roma. I Paesi rimanenti sono rappresentati in genere da ambasciatori residenti in altre capitali europee. La Santa Sede infatti non accetta capi missione accreditati presso il Quirinale. Il de-cano del Corpo diplomatico è il cri-stiano ortodosso Georgios Poulides, a Roma dal 2003 come ambasciatore di Cipro, ed è il primo non cattolico a ricoprire l’incarico. nGianni Cardinale, vaticanistaMyanmarI Rohingya partecipano ogni 25 agosto alla preghiera in quella che ornai è identicata come la “Giornata del ricordo del genocidio Rohingya” e del sesto anniversario dell’esodo di massa di 740.000 musulmani Rohingya dal Myanmar al Bangladesh, presso il campo Rohingya di Kutupalong a Cox’s Bazar, in Bangladesh, il 25 agosto 2023. Secondo le Nazioni Unite, oltre 1 milione di Rohingya, un gruppo etnico prevalentemente musulmano originario dello stato di Rakhine, a maggioranza buddista del Myanmar, sono fuggiti in Bangladesh dal 2017, quando l’esercito birmano ha avviato una campagna sistematica di incendi, stupri e omicidi che l’ONU ha denito genocida. Epa/Tanbirul Miraj RiponGIORNATA MONDIALE DELLA PACE

Page 29

26 27poveri, perché «il debito estero è diventato uno strumento di control-lo, attraverso il quale alcuni governi e istituzioni nanziarie private dei paesi più ricchi non si fanno scrupolo di sfruttare in modo indiscriminato le risorse umane e naturali dei Paesi più poveri». Il Santo Padre denun-cia che «diverse popolazioni, già gravate dal debito internazionale, si trovano costrette a portare anche il peso del debito ecologico dei paesi più sviluppati». Di qui l’appello rivolto «in quest’anno giubilare» alla comunità internazionale anché proceda verso «il condono del debito estero, riconoscendo l’esistenza di un debito ecologico tra il nord e il sud del mondo».In secondo luogo il Papa ha chiesto che si proceda «all’eliminazione della pena di morte in tutte le nazio-ni», ribadendo che tale pena «oltre a compromettere l’inviolabilità della vita, annienta ogni speranza umana di perdono e di rinnovamento». Il gesto compiuto dal presidente uscente degli Stati Uniti Joseph Biden, di commutare la pena a 37 condannati a morte è una buona notizia e speriamo che altri seguano questo esempio.Eliminare la fame eliminando le armiInne nel suo Messaggio per la Giornata della pace il Santo Padre sollecita tutte le nazioni a utilizzare «almeno una percentuale ssa del denaro impiegato negli armamenti per la costituzione di un Fondo mon-diale che elimini denitivamente la fame e faciliti nei paesi più poveri at-tività educative e volte a promuovere lo sviluppo sostenibile, contrastando il cambiamento climatico». In questo 2025 l’Onu, fondata formalmente il 24 ottobre 1945, compie ottant’an-ni. E li dimostra tutti, si dirà. Eppure questo organismo è stato e può – an-che attraverso opportune riforme – continuare ad essere uno strumento formidabile per promuovere la pace e il dialogo, e per risolvere le crisi che attanagliano tante parti di questo mondo. La “guerra mondiale a pez-zi” infatti si può fermare raorzando quella diplomazia multilaterale che sta molto a cuore alla Santa Sede. nIL PUNTO DI…DIALOGO E FIDUCIAL’evoluzione della Santa Sede nel promuovere pace e relazioni internazionali, tra sde e innovazioniNel campo delle relazioni bilaterali la Santa Sede intrattiene ormai pieni rapporti diplomatici con quasi tutti gli Stati dell’orbe. Eppure nel 1900 erano appena una ventina. Diventati 49 nel giugno 1963, nell’agosto 1978 ammontavano già a 89 e nel 2005 erano 174. Con Benedetto XVI sono arrivati a 180 e con papa Francesco sono diventati 184 (più Unione Eu-ropea e Ordine di Malta). Gli ultimi Stati ad allacciare pieni rapporti con Oltretevere sono stati il Sud Sudan (2013), la Mauritania (2016), Myanmar (2017) e l’Oman (2023). Nel 2016 poi le “relazioni speciali” intrattenute con lo Stato di Palestina, denito così ucialmente dalla Santa Sede successivamente alla risoluzione Onu 67/19 del novembre 2012 che gli ha concesso lo status di osserva-tore permanente, sono diventate rapporti diplomatici a pieno titolo dopo l’entrata in vigore dell’Accordo globale rmato nel giugno 2015. Tra i Paesi con cui la Santa Sede ha rapporti diplomatici c’è anche la Cina-Taiwan dove però dal 1972 non risiede più un nunzio, ma un sem-plice “incaricato d’aari ad interim”. Nei colloqui in corso con la Cina che hanno portato allo storico Accordo provvisorio e parziale sulle nomine episcopali del settembre 2018 – rin-novato per un ulteriore biennio nel 2020 e poi ancora nel 2022 e, per un quadriennio, lo scorso ottobre – non sembra sia stata ancora arontata la questione dei rapporti diploma-tici. Anche se alla Santa Sede non dispiacerebbe poter aprire un ucio informale a Pechino. Intanto una rappresentanza risiede stabilmente nella cosiddetta “missione di studio” a Hong Kong, che gura formal-mente collegata alla nunziatura delle Filippine (nell’Annuario Ponticio viene comunque indicato, in nota, il recapito reale di questa “missione”). La Santa Sede non intrattiene ancora relazioni con undici Stati. In sette di questi Paesi non è presente nessun inviato vaticano (Afghanistan, Arabia Saudita, Bhutan, Cina popolare, Corea del Nord, Maldive, Tuvalu). Mentre sono in carica dei delegati apo-stolici (rappresentanti pontici presso le comunità cattoliche locali ma non presso i governi) in altri quattro Paesi: Comore, Somalia, Brunei e Laos. Un caso singolare è quello del Vie-tnam, dove già dal 2011 veniva nomi-nato un rappresentante vaticano non residenziale. Nel 2023 è stato siglato l’Accordo sulla presenza ad Hanoi di un “rappresentante ponticio resi-dente”, il che, ha spiegato il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin non è «solo un traguardo», bensì «un nuo-vo inizio», nel segno «del reciproco rispetto e della reciproca ducia» tra Santa Sede e la Repubblica socialista del Vietnam. Il porporato ha anche specicato che tale Accordo crea una «res nova in iure» nella diplomazia vaticana. Infatti il rappresentante ponticio residente, pur non essendo formalmente un nunzio – visto che tra le due parti ancora non ci sono pieni rapporti diplomatici – avrà, al pari di esso, «il compito di raorzare le relazioni amichevoli tra Santa Sede e Governo» e potrà «partecipare agli in-contri ordinari del Corpo diplomatico e ai ricevimenti, nonché avere incontri personali con i diplomatici». Per quanto riguarda il Kosovo, il cui riconoscimento avverrà quando il suo status internazionale sarà meno controverso: la Santa Sede si è per ora limitata a nominare un delegato apostolico nella persona del nunzio in Slovenia (e quando il Pontece riceve le autorità kosovare, di norma queste udienze non si rendono pub-bliche ucialmente nel Bollettino o sull’Osservatore Romano).Negli ultimi anni poi si sono mol-tiplicate le nomine di “incaricati d’aari” stabilmente residenti in Paesi che non ospitano nunzi. Soprattutto in Africa, ma non solo. Ad esempio a Timor Est, in Ciad, Gabon, Malawi, Sud Sudan, Cipro e Myanmar.La rete diplomatica vaticana è costituita da un centinaio di nunzi attualmente in attività per il mondo. Non mancano i punti dolenti. Dal marzo 2022, per decisione unilaterale del governo, il Nicaragua ha sospeso i rapporti diplomatici con il Vaticano, così la nunziatura è stata chiusa e gli interessi della Santa Sede sono curati dall’ambasciata italiana (su nove ve-scovi in attività uno ha dovuto lasciare il Paese e altri tre sono stati esiliati dal regime di Daniel Ortega). Dall’aprile 2023 la nunziatura in Sudan è stata evacuata per la guerra civile in corso. Attualmente sono una novantina le missioni diplomatiche presso la Santa Sede con sede a Roma. I Paesi rimanenti sono rappresentati in genere da ambasciatori residenti in altre capitali europee. La Santa Sede infatti non accetta capi missione accreditati presso il Quirinale. Il de-cano del Corpo diplomatico è il cri-stiano ortodosso Georgios Poulides, a Roma dal 2003 come ambasciatore di Cipro, ed è il primo non cattolico a ricoprire l’incarico. nGianni Cardinale, vaticanistaMyanmarI Rohingya partecipano ogni 25 agosto alla preghiera in quella che ornai è identicata come la “Giornata del ricordo del genocidio Rohingya” e del sesto anniversario dell’esodo di massa di 740.000 musulmani Rohingya dal Myanmar al Bangladesh, presso il campo Rohingya di Kutupalong a Cox’s Bazar, in Bangladesh, il 25 agosto 2023. Secondo le Nazioni Unite, oltre 1 milione di Rohingya, un gruppo etnico prevalentemente musulmano originario dello stato di Rakhine, a maggioranza buddista del Myanmar, sono fuggiti in Bangladesh dal 2017, quando l’esercito birmano ha avviato una campagna sistematica di incendi, stupri e omicidi che l’ONU ha denito genocida. Epa/Tanbirul Miraj RiponGIORNATA MONDIALE DELLA PACE

Page 30

28 29Incontriamo l’am-basciatore Pasquale Ferrara alla ne di una delle tante gior-nate dicili per le incertezze di quelle che denisce “guerre regionali ma con ripercussioni globali”, eppu-re il direttore generale per gli aari politici e di sicurezza della Farnesina non perde la speranza, nonostante il quadro complesso e pericoloso, sulle possibilità del dialogo internazionale.Ferrara non edulcora la realtà che descrive, e guarda avanti. La consape-volezza è quella di una condizione di estrema gravità perché, per la prima volta dalla seconda guerra mondiale, viviamo una saldatura di diversi con-itti che imperversano su scacchieri diversi e distanti tra loro. Dall’ag-gressione russa contro l’Ucraina ai vasti e tragici rivolgimenti in Medio Oriente, alle tensioni dell’indopaci-co; dittature e autocrazie si fanno più aggressive e pongono minacce alla stabi-lità internazionale, anche oltre la Russia di Putin, verso la quale convergono i regimi nordcoreano e iraniano; c’è una corsa generalizzata al riarmo. Regna un clima di incertezza: ci sono incognite legate alla nuova amministrazione americana guidata da Donald Trump che dovranno essere sciolte, ci sono aspettative sulla nuova Commissione Europea. “Non possiamo oggi prevedere, sia per l’Ucraina sia per il Medio Orien-te, quando e come si andrà verso una de-escalation – spiega Ferrara -, ma non esistono guerre innite”. E regimi ritenuti granitici possono dissolversi come neve al sole, come dimostra la vicenda siriana.Partiamo allora dalla nuova Siria del dopo Assad. Con tutte le cautele del caso, è una novità “che è l’esito dell’onda lunga delle primavere arabe – risponde Ferrara -, speriamo che questa volta siano mantenute le promesse”. La Siria è un “calei-doscopio di tutte le fratture me-diorientali”, ora la speranza è che si avveri nalmente il sogno del gesuita padre Paolo Dall’Oglio, scomparso proprio in Siria, nei pressi di Raq-qa, nel 2013, e mai più ritrovato. Sognava una democrazia siriana per tutti i siriani: “Un’esperienza che ha alla base un modello di convivenza tra componenti etniche, religiose e culturali, ma in un contesto di coesione istituzionale e senso nazio-nale – aerma Ferrara – possiamo denirlo come un esperimento alla libanese, ma rivisto e migliorato. Egli sognava, infatti, uno stato unitario e al contempo pluralistico. Questa sua evoluzione, se andrà avanti, potrà essere molto importante per gli equi-libri e la stabilità del Medio Oriente”.Ferrara insiste: “In Siria stiamo tutti con gli occhi ben aperti. La transizione deve essere pacica e inclusiva. I diritti delle donne sono un punto importantissimo. Alle dichiarazioni ora devono seguire i fatti, non può accadere che tutto nisca come con le promesse dei talebani in Afghanistan”.Libertà religiosa per tuttiPadre Dall’Oglio, di cui speriamo di avere presto notizie dai nuovi gover-nanti della Siria, è stato un profeta con la realizzazione del suo mona-stero di Mar Musa: “Mar Musa è un punto di riferimento, che va ben al di là del dialogo tra cristiani e islamici. La pace giusta richiede concessioni reciprocheTra conflitti globali e transizioni difcili, l’ambasciatore Pasquale Ferrara ci guida tra diplomazia, democrazia e la costruzione della pacePiero Damosso, giornalistaNon possiamo oggi prevedere, sia per l’Ucraina sia per il Medio Oriente, quando e come si andrà verso una de-escalation, ma non esistono guerre innite‘‘GazaLa distruzione di GazaEpa/Haitham ImadGIORNATA MONDIALE DELLA PACE

Page 31

28 29Incontriamo l’am-basciatore Pasquale Ferrara alla ne di una delle tante gior-nate dicili per le incertezze di quelle che denisce “guerre regionali ma con ripercussioni globali”, eppu-re il direttore generale per gli aari politici e di sicurezza della Farnesina non perde la speranza, nonostante il quadro complesso e pericoloso, sulle possibilità del dialogo internazionale.Ferrara non edulcora la realtà che descrive, e guarda avanti. La consape-volezza è quella di una condizione di estrema gravità perché, per la prima volta dalla seconda guerra mondiale, viviamo una saldatura di diversi con-itti che imperversano su scacchieri diversi e distanti tra loro. Dall’ag-gressione russa contro l’Ucraina ai vasti e tragici rivolgimenti in Medio Oriente, alle tensioni dell’indopaci-co; dittature e autocrazie si fanno più aggressive e pongono minacce alla stabi-lità internazionale, anche oltre la Russia di Putin, verso la quale convergono i regimi nordcoreano e iraniano; c’è una corsa generalizzata al riarmo. Regna un clima di incertezza: ci sono incognite legate alla nuova amministrazione americana guidata da Donald Trump che dovranno essere sciolte, ci sono aspettative sulla nuova Commissione Europea. “Non possiamo oggi prevedere, sia per l’Ucraina sia per il Medio Orien-te, quando e come si andrà verso una de-escalation – spiega Ferrara -, ma non esistono guerre innite”. E regimi ritenuti granitici possono dissolversi come neve al sole, come dimostra la vicenda siriana.Partiamo allora dalla nuova Siria del dopo Assad. Con tutte le cautele del caso, è una novità “che è l’esito dell’onda lunga delle primavere arabe – risponde Ferrara -, speriamo che questa volta siano mantenute le promesse”. La Siria è un “calei-doscopio di tutte le fratture me-diorientali”, ora la speranza è che si avveri nalmente il sogno del gesuita padre Paolo Dall’Oglio, scomparso proprio in Siria, nei pressi di Raq-qa, nel 2013, e mai più ritrovato. Sognava una democrazia siriana per tutti i siriani: “Un’esperienza che ha alla base un modello di convivenza tra componenti etniche, religiose e culturali, ma in un contesto di coesione istituzionale e senso nazio-nale – aerma Ferrara – possiamo denirlo come un esperimento alla libanese, ma rivisto e migliorato. Egli sognava, infatti, uno stato unitario e al contempo pluralistico. Questa sua evoluzione, se andrà avanti, potrà essere molto importante per gli equi-libri e la stabilità del Medio Oriente”.Ferrara insiste: “In Siria stiamo tutti con gli occhi ben aperti. La transizione deve essere pacica e inclusiva. I diritti delle donne sono un punto importantissimo. Alle dichiarazioni ora devono seguire i fatti, non può accadere che tutto nisca come con le promesse dei talebani in Afghanistan”.Libertà religiosa per tuttiPadre Dall’Oglio, di cui speriamo di avere presto notizie dai nuovi gover-nanti della Siria, è stato un profeta con la realizzazione del suo mona-stero di Mar Musa: “Mar Musa è un punto di riferimento, che va ben al di là del dialogo tra cristiani e islamici. La pace giusta richiede concessioni reciprocheTra conflitti globali e transizioni difcili, l’ambasciatore Pasquale Ferrara ci guida tra diplomazia, democrazia e la costruzione della pacePiero Damosso, giornalistaNon possiamo oggi prevedere, sia per l’Ucraina sia per il Medio Oriente, quando e come si andrà verso una de-escalation, ma non esistono guerre innite‘‘GazaLa distruzione di GazaEpa/Haitham ImadGIORNATA MONDIALE DELLA PACE

Page 32

30 31Il suo messaggio – sostiene Ferrara – dimostra che in una comunità si può superare il concetto di tolleranza nella presenza delle minoranze, come quella cristiana. Ci può essere pari dignità tra tutti, rispetto e sicurez-za, e una cittadinanza paritaria che costruisca fraternità politica”.I cristiani sono di casa in Medio Oriente, come dice la storia, e devono poter contribuire appieno alla costruzione dei loro paesi con la pienezza dei diritti di tutti i cittadini. Restare legati all’idea di minoranze da tutelare, quasi fossero delle riserve indiane, è un retaggio del passato; oggi serve aprire il più impegnativo e sicuro capitolo della cittadinanza, garantendo la libertà per tutti, inclu-sa quella religiosa. Secondo Ferrara, è il grande salto che ci ha proposto la Dichiarazione di Fratellanza Umana del 2019, rmata ad Abu Dhabi da Papa Francesco e dal Grande Imam dell’Università di al-Azhar del Cairo, Ahmad al-Tayyib. Una prospettiva valida, al di là del Medio Oriente, per tutti i paesi veramente democratici. Per risolvere qualsiasi conitto la politica e la diplomazia devono supe-rare la sda di un processo negoziale, basato su reciproche concessioni, perché la disponibilità deve essere sempre bilaterale. Trattare, per l’ambasciatore Pasquale Ferrara, non può voler dire cedere all’arroganza e alla violenza: “Questa è la chiave per soluzioni che conducano ad un compromesso serio, altrimenti siamo fuori da un vero percorso diploma-tico, che si possa considerare giusto, equo, sostenibile. Questo vale per la pace in Ucraina, dove c’è un aggres-sore e un aggredito, com’è stato reso evidente dalla decisione di Putin di interrompere ogni tentativo di accor-do e di passare alla conquista “manu militari”. Ma vale anche per il Medio Oriente, dove il diritto alla sicurezza dello stato di Israele si lega indissolu-bilmente alla questione di uno stato palestinese, che non può essere messa sotto il tappeto, alla denuncia dell’e-stremismo violento in tutte le sue forme, da qualunque parte provenga, e per la liberazione di tutti gli ostaggi, nel rispetto del diritto internazionale umanitario, che nelle operazioni militari a Gaza è stato calpestato”. Superare le visioni ideologicheTornando al futuro dell’Ucraina e al tema della pace in Europa, il ragionamento dell’ambasciatore Ferrara è che l’Europa deve parlare con una sola voce, o almeno tan-te voci dovrebbero dire la stessa cosa. L’Europa dovrebbe muoversi adottando una pazienza strategica, con una visione pragmatica, non ideologica, non unilateralista, capace – nel rispetto delle scelte atlantiche – di discutere con tutti, dagli Stati Uniti alla Cina, ai Brics, cercando di evitare che le grandi potenze facciano accordi separati con singoli stati europei. Questo sarebbe la ne dell’Europa e anche di molte speran-ze di pace. In particolare, l’Unione Europea sta vivendo un passaggio delicato, è ad un bivio. Deve impedire la rinaziona-lizzazione delle politiche a discapito dello spirito dei Padri Fondatori (De Gasperi, Adenauer, Schuman), che invece ha permesso di attuare un me-todo comunitario, di condivisione della sovranità. Diciamo che la UE deve mettere in campo un grande progetto di integrazione politica 2.0. Per trovare una via d’uscita equa-nime per l’Ucraina, occorre partire con urgenza – anche per impulso della UE – con una trattativa basata sul principio di reversibilità delle conquiste territoriali russe, recupe-rando alcune intuizioni delle intese Minsk 1 e Minsk 2, nelle quali si pre-vedeva una autonomia avanzata del Donbass: “Ci vuole una mediazione esterna – sottolinea Ferrara – perché le parti lasciate sole non vanno da nessuna parte”. Una mediazione esterna accompagnata da una forte pressione internazionale. La Santa Sede sta facendo da tempo da apripista: “L’iniziativa della Santa Sede è fondamentale per gli aspetti umanitari – risponde Ferrara -. Papa Francesco non è stato reticente, ma non si è fatto arruolare, pur nel Padre Paolo Dall’OglioGesuita italiano, è stato un instancabile promotore del dialogo interreligioso in Siria, fondando la comunità monastica di Mar Musa come simbolo di convivenza tra cristiani e musulmani. Scomparso nel 2013 nei pressi di Raqqa, il suo messaggio di fraternità e speranza continua a ispirare il sogno di una Siria pacica e inclusiva.Situazione sirianaLa popolazione reagisce mentre i combattenti dell’opposizione siriana tengono una parata militare a Damasco, in Siria, il 27 dicembre 2024. Membri di Hay’at Tahrir al-Sham (HTS) hanno iniziato a marciare da piazza Abbasside, attraversando alcuni quartieri damasceni, e sono arrivati a piazza degli Omayyadi in una parata organizzata per inviare un messaggio di forza e rassicurazione alla popolazione, secondo quanto dichiarato dall’HTSEpa/Hasan BelalI cristiani sono di casa in Medio Oriente e devono poter contribuire appieno alla costruzione dei loro paesi con la pienezza dei diritti di tutti i cittadini‘‘GIORNATA MONDIALE DELLA PACE

Page 33

30 31Il suo messaggio – sostiene Ferrara – dimostra che in una comunità si può superare il concetto di tolleranza nella presenza delle minoranze, come quella cristiana. Ci può essere pari dignità tra tutti, rispetto e sicurez-za, e una cittadinanza paritaria che costruisca fraternità politica”.I cristiani sono di casa in Medio Oriente, come dice la storia, e devono poter contribuire appieno alla costruzione dei loro paesi con la pienezza dei diritti di tutti i cittadini. Restare legati all’idea di minoranze da tutelare, quasi fossero delle riserve indiane, è un retaggio del passato; oggi serve aprire il più impegnativo e sicuro capitolo della cittadinanza, garantendo la libertà per tutti, inclu-sa quella religiosa. Secondo Ferrara, è il grande salto che ci ha proposto la Dichiarazione di Fratellanza Umana del 2019, rmata ad Abu Dhabi da Papa Francesco e dal Grande Imam dell’Università di al-Azhar del Cairo, Ahmad al-Tayyib. Una prospettiva valida, al di là del Medio Oriente, per tutti i paesi veramente democratici. Per risolvere qualsiasi conitto la politica e la diplomazia devono supe-rare la sda di un processo negoziale, basato su reciproche concessioni, perché la disponibilità deve essere sempre bilaterale. Trattare, per l’ambasciatore Pasquale Ferrara, non può voler dire cedere all’arroganza e alla violenza: “Questa è la chiave per soluzioni che conducano ad un compromesso serio, altrimenti siamo fuori da un vero percorso diploma-tico, che si possa considerare giusto, equo, sostenibile. Questo vale per la pace in Ucraina, dove c’è un aggres-sore e un aggredito, com’è stato reso evidente dalla decisione di Putin di interrompere ogni tentativo di accor-do e di passare alla conquista “manu militari”. Ma vale anche per il Medio Oriente, dove il diritto alla sicurezza dello stato di Israele si lega indissolu-bilmente alla questione di uno stato palestinese, che non può essere messa sotto il tappeto, alla denuncia dell’e-stremismo violento in tutte le sue forme, da qualunque parte provenga, e per la liberazione di tutti gli ostaggi, nel rispetto del diritto internazionale umanitario, che nelle operazioni militari a Gaza è stato calpestato”. Superare le visioni ideologicheTornando al futuro dell’Ucraina e al tema della pace in Europa, il ragionamento dell’ambasciatore Ferrara è che l’Europa deve parlare con una sola voce, o almeno tan-te voci dovrebbero dire la stessa cosa. L’Europa dovrebbe muoversi adottando una pazienza strategica, con una visione pragmatica, non ideologica, non unilateralista, capace – nel rispetto delle scelte atlantiche – di discutere con tutti, dagli Stati Uniti alla Cina, ai Brics, cercando di evitare che le grandi potenze facciano accordi separati con singoli stati europei. Questo sarebbe la ne dell’Europa e anche di molte speran-ze di pace. In particolare, l’Unione Europea sta vivendo un passaggio delicato, è ad un bivio. Deve impedire la rinaziona-lizzazione delle politiche a discapito dello spirito dei Padri Fondatori (De Gasperi, Adenauer, Schuman), che invece ha permesso di attuare un me-todo comunitario, di condivisione della sovranità. Diciamo che la UE deve mettere in campo un grande progetto di integrazione politica 2.0. Per trovare una via d’uscita equa-nime per l’Ucraina, occorre partire con urgenza – anche per impulso della UE – con una trattativa basata sul principio di reversibilità delle conquiste territoriali russe, recupe-rando alcune intuizioni delle intese Minsk 1 e Minsk 2, nelle quali si pre-vedeva una autonomia avanzata del Donbass: “Ci vuole una mediazione esterna – sottolinea Ferrara – perché le parti lasciate sole non vanno da nessuna parte”. Una mediazione esterna accompagnata da una forte pressione internazionale. La Santa Sede sta facendo da tempo da apripista: “L’iniziativa della Santa Sede è fondamentale per gli aspetti umanitari – risponde Ferrara -. Papa Francesco non è stato reticente, ma non si è fatto arruolare, pur nel Padre Paolo Dall’OglioGesuita italiano, è stato un instancabile promotore del dialogo interreligioso in Siria, fondando la comunità monastica di Mar Musa come simbolo di convivenza tra cristiani e musulmani. Scomparso nel 2013 nei pressi di Raqqa, il suo messaggio di fraternità e speranza continua a ispirare il sogno di una Siria pacica e inclusiva.Situazione sirianaLa popolazione reagisce mentre i combattenti dell’opposizione siriana tengono una parata militare a Damasco, in Siria, il 27 dicembre 2024. Membri di Hay’at Tahrir al-Sham (HTS) hanno iniziato a marciare da piazza Abbasside, attraversando alcuni quartieri damasceni, e sono arrivati a piazza degli Omayyadi in una parata organizzata per inviare un messaggio di forza e rassicurazione alla popolazione, secondo quanto dichiarato dall’HTSEpa/Hasan BelalI cristiani sono di casa in Medio Oriente e devono poter contribuire appieno alla costruzione dei loro paesi con la pienezza dei diritti di tutti i cittadini‘‘GIORNATA MONDIALE DELLA PACE

Page 34

32profondo rispetto degli aggrediti della martoriata Ucraina. E questo è molto importante per far crescere la ducia e creare le premesse per i negoziati. C’è una grande attenzione della Santa Sede alla dignità delle persone e dei popoli, che può gene-rare un profondo clima di dialogo”.Il messaggio di Papa Francesco è l’apertura necessaria per comprende-re come sia fondamentale riscoprire la collaborazione fra gli stati e fra le alleanze multilaterali. Viviamo una guerra interconnessa a livello plane-tario: le navi che tranciano i cavi nel Baltico, le interferenze elettorali, le diverse “provocazioni” che possono riguardare l’energia, la sicurezza alimentare e sanitaria, i migranti. Siamo in una situazione di insicurez-za generalizzata, di fronte alla quale i paesi democratici del mondo sono chiamati ad una grande responsabili-tà: superare le disaezioni, i naziona-lismi e i populismi (che spesso sono alimentati dalle classi dirigenti più che dal popolo), le crisi istituzionali, con riforme basate sull’inclusione, la riconciliazione e l’equità sociale, perché le grandi divaricazioni nella ricchezza e l’impoverimento della classe media rischiano di alimentare, com’è già avvenuto nella storia euro-pea del Novecento, una regressione democratica, ed un clima di risenti-mento che può alimentare tendenze aggressive anche verso altri paesi. “La questione democratica – osserva Ferrara – è internazionale, a comin-ciare dalla riforma delle istituzioni nanziarie internazionali no agli organismi multilaterali per coinvol-gere maggiormente i partners globali ed i paesi che non si riconoscono nell’Occidente. Una democrazia non astratta, ma concreta, da coltivare e far crescere, immettendo, ad esempio, più giustizia sociale in tutte le politiche. Non può essere una semplice delega di poteri senza partecipazione vera”. In questo senso, le Settimane Socia-li dei vescovi italiani, dedicate nel 2024 proprio alla democrazia (con un formidabile intervento di Papa Francesco), possono rappresentare un percorso di progetti da sviluppare e far maturare. Sta alle democrazie nel mondo fare, con più unità e soprat-tutto con più umiltà, tutta la loro parte per la costruzione della pace. nLa Santa Sede è fondamentale per gli aspetti umanitari: Papa Francesco non si è fatto arruolare, creando le premesse per i negoziati‘‘Guerra in UcrainaBambini salutano da un treno alla stazione centrale di Kramatorsk mentre le famiglie fuggono dalla città orientale di Kramatorsk, nella regione del Donbass, il 4 aprile 2022. Fadel Senna / AfpGIORNATA MONDIALE DELLA PACEArcadia, laboratorio specializzato in analisichimiche, microbiologiche e fisiche delGruppo Fratelli Visconti, opera da anni inambito ambientale, acquisendo unanotevole esperienza nell’esecuzione dicampionamenti, monitoraggi ed analisi indiversi settori:Arcadia, offre consulenze in campo ecologico e ambientale, nonchè nell’ambitodella salute e della sicurezza degli ambienti dilavoro.Scopri di più www.laboratorioarcadia.comStrada Vicinale della Bellaria, snc Tromello (PV) T.0382 86 81 06 • info@laboratorioarcadia.comAcqueRifiutiTerreniMonitoraggio inquinanti equalità dell’ariaAmiantoEmissioni gassose in atmosferaIndagini fonometriche edelettromagneticheIdoneità di biomasse in ingressoed in uscita dall’impianto ditrattamento per uso agricoloAnalisi di ammendanti,correttivi, concimi, fertilizzantiper uso agricolo

Page 35

32profondo rispetto degli aggrediti della martoriata Ucraina. E questo è molto importante per far crescere la ducia e creare le premesse per i negoziati. C’è una grande attenzione della Santa Sede alla dignità delle persone e dei popoli, che può gene-rare un profondo clima di dialogo”.Il messaggio di Papa Francesco è l’apertura necessaria per comprende-re come sia fondamentale riscoprire la collaborazione fra gli stati e fra le alleanze multilaterali. Viviamo una guerra interconnessa a livello plane-tario: le navi che tranciano i cavi nel Baltico, le interferenze elettorali, le diverse “provocazioni” che possono riguardare l’energia, la sicurezza alimentare e sanitaria, i migranti. Siamo in una situazione di insicurez-za generalizzata, di fronte alla quale i paesi democratici del mondo sono chiamati ad una grande responsabili-tà: superare le disaezioni, i naziona-lismi e i populismi (che spesso sono alimentati dalle classi dirigenti più che dal popolo), le crisi istituzionali, con riforme basate sull’inclusione, la riconciliazione e l’equità sociale, perché le grandi divaricazioni nella ricchezza e l’impoverimento della classe media rischiano di alimentare, com’è già avvenuto nella storia euro-pea del Novecento, una regressione democratica, ed un clima di risenti-mento che può alimentare tendenze aggressive anche verso altri paesi. “La questione democratica – osserva Ferrara – è internazionale, a comin-ciare dalla riforma delle istituzioni nanziarie internazionali no agli organismi multilaterali per coinvol-gere maggiormente i partners globali ed i paesi che non si riconoscono nell’Occidente. Una democrazia non astratta, ma concreta, da coltivare e far crescere, immettendo, ad esempio, più giustizia sociale in tutte le politiche. Non può essere una semplice delega di poteri senza partecipazione vera”. In questo senso, le Settimane Socia-li dei vescovi italiani, dedicate nel 2024 proprio alla democrazia (con un formidabile intervento di Papa Francesco), possono rappresentare un percorso di progetti da sviluppare e far maturare. Sta alle democrazie nel mondo fare, con più unità e soprat-tutto con più umiltà, tutta la loro parte per la costruzione della pace. nLa Santa Sede è fondamentale per gli aspetti umanitari: Papa Francesco non si è fatto arruolare, creando le premesse per i negoziati‘‘Guerra in UcrainaBambini salutano da un treno alla stazione centrale di Kramatorsk mentre le famiglie fuggono dalla città orientale di Kramatorsk, nella regione del Donbass, il 4 aprile 2022. Fadel Senna / AfpGIORNATA MONDIALE DELLA PACEArcadia, laboratorio specializzato in analisichimiche, microbiologiche e fisiche delGruppo Fratelli Visconti, opera da anni inambito ambientale, acquisendo unanotevole esperienza nell’esecuzione dicampionamenti, monitoraggi ed analisi indiversi settori:Arcadia, offre consulenze in campo ecologico e ambientale, nonchè nell’ambitodella salute e della sicurezza degli ambienti dilavoro.Scopri di più www.laboratorioarcadia.comStrada Vicinale della Bellaria, snc Tromello (PV) T.0382 86 81 06 • info@laboratorioarcadia.comAcqueRifiutiTerreniMonitoraggio inquinanti equalità dell’ariaAmiantoEmissioni gassose in atmosferaIndagini fonometriche edelettromagneticheIdoneità di biomasse in ingressoed in uscita dall’impianto ditrattamento per uso agricoloAnalisi di ammendanti,correttivi, concimi, fertilizzantiper uso agricolo

Page 36

34 35Steve McCurry, nato il 23 aprile 1950 a Philadelphia, è uno dei fotoreporter più inuenti e riconosciuti a li-vello mondiale. La sua carriera inizia ucialmente negli anni ‘70, dopo aver studiato cinematograa alla Pennsylvania State University e aver lavorato come fotografo per un quo-tidiano locale. Tuttavia, è stato il suo viaggio in India e Afghanistan che ha segnato la svolta nella sua carriera. Qui, con una macchina fotograca nascosta e travestito da abitante del luogo, è riuscito a documentare la guerra in Afghanistan, consegnan-do al mondo immagini di grande impatto emotivo e valore storico.La fotograa che ha reso McCurry celebre è senza dubbio “Ragazza Afgana”. Scattata in un campo profughi di Peshawar, in Pakistan, nel 1984, e pubblicata sulla co-pertina del National Geographic l’anno successivo, questa immagine è diventata un’icona universale della fotograa. Gli occhi verdi penetranti della giovane Sharbat Gula hanno catturato l’attenzione di milioni di persone, rappresentando la resilienza e la soerenza dei rifugiati afgani.McCurry è noto per il suo utilizzo magistrale del colore, che conferisce alle sue immagini una vividezza e un impatto unici, nonostante documenti storie di povertà. Le sue fotograe esplorano temi come la condizione umana, i conitti, le culture e le tradizioni. Tra i suoi pro-getti più importanti si annoverano le documentazioni sul Sud-est asiatico, l’India, il Medio Oriente e l’Africa. Oltre alla “Ragazza Afgana”, sono celebri i suoi ritratti e paesaggi scattati in India, come le immagini di Jodhpur e del Rajasthan, caratte-rizzate da tonalità sature e composi-zioni impeccabili.McCurry è stato insignito di nu-merosi premi prestigiosi, tra cui la Robert Capa Gold Medal e diversi World Press Photo Awards. La sua capacità di catturare momenti uni-versali e senza tempo lo ha reso una gura di riferimento per fotogra e appassionati di fotograa. Inoltre, i suoi lavori sono stati raccolti in libri di successo come “The Unguarded Moment” e “Steve McCurry: A Life in Pictures”, e le sue opere sono esposte in gallerie e musei di tutto il mondo.Quando il 19 dicembre del 2012 Ko-dak dichiarò il fallimento, McCurry decise di scattare una serie di im-magini utilizzando l’ultimo rullino Kodachrome prodotto dalla storica azienda. Con quelle 36 fotograe, il fotografo ha celebrato e simboli-camente chiuso un capitolo fonda-ESCLUSIVASteve McCurry racconta l’arte di catturare l’essenza dell’umanità, tra devozione, conflitti e bellezza senza tempo. Per noi una serie di foto esclusiveUna vita attraverso l’obiettivoFrancesco Bastianini, giornalistaSteve McCurry In posa davanti al suo celebre ritratto di una giovane rifugiata afgana intitolato “Afghan Girl”, scattato nel 1984, nell’ambito della sua mostra “Il mondo di Steve McCurry” alla Borsa di Bruxelles, a Bruxelles, Belgio, il 3 marzo 2017. Epa/Stephanie Lecocq

Page 37

34 35Steve McCurry, nato il 23 aprile 1950 a Philadelphia, è uno dei fotoreporter più inuenti e riconosciuti a li-vello mondiale. La sua carriera inizia ucialmente negli anni ‘70, dopo aver studiato cinematograa alla Pennsylvania State University e aver lavorato come fotografo per un quo-tidiano locale. Tuttavia, è stato il suo viaggio in India e Afghanistan che ha segnato la svolta nella sua carriera. Qui, con una macchina fotograca nascosta e travestito da abitante del luogo, è riuscito a documentare la guerra in Afghanistan, consegnan-do al mondo immagini di grande impatto emotivo e valore storico.La fotograa che ha reso McCurry celebre è senza dubbio “Ragazza Afgana”. Scattata in un campo profughi di Peshawar, in Pakistan, nel 1984, e pubblicata sulla co-pertina del National Geographic l’anno successivo, questa immagine è diventata un’icona universale della fotograa. Gli occhi verdi penetranti della giovane Sharbat Gula hanno catturato l’attenzione di milioni di persone, rappresentando la resilienza e la soerenza dei rifugiati afgani.McCurry è noto per il suo utilizzo magistrale del colore, che conferisce alle sue immagini una vividezza e un impatto unici, nonostante documenti storie di povertà. Le sue fotograe esplorano temi come la condizione umana, i conitti, le culture e le tradizioni. Tra i suoi pro-getti più importanti si annoverano le documentazioni sul Sud-est asiatico, l’India, il Medio Oriente e l’Africa. Oltre alla “Ragazza Afgana”, sono celebri i suoi ritratti e paesaggi scattati in India, come le immagini di Jodhpur e del Rajasthan, caratte-rizzate da tonalità sature e composi-zioni impeccabili.McCurry è stato insignito di nu-merosi premi prestigiosi, tra cui la Robert Capa Gold Medal e diversi World Press Photo Awards. La sua capacità di catturare momenti uni-versali e senza tempo lo ha reso una gura di riferimento per fotogra e appassionati di fotograa. Inoltre, i suoi lavori sono stati raccolti in libri di successo come “The Unguarded Moment” e “Steve McCurry: A Life in Pictures”, e le sue opere sono esposte in gallerie e musei di tutto il mondo.Quando il 19 dicembre del 2012 Ko-dak dichiarò il fallimento, McCurry decise di scattare una serie di im-magini utilizzando l’ultimo rullino Kodachrome prodotto dalla storica azienda. Con quelle 36 fotograe, il fotografo ha celebrato e simboli-camente chiuso un capitolo fonda-ESCLUSIVASteve McCurry racconta l’arte di catturare l’essenza dell’umanità, tra devozione, conflitti e bellezza senza tempo. Per noi una serie di foto esclusiveUna vita attraverso l’obiettivoFrancesco Bastianini, giornalistaSteve McCurry In posa davanti al suo celebre ritratto di una giovane rifugiata afgana intitolato “Afghan Girl”, scattato nel 1984, nell’ambito della sua mostra “Il mondo di Steve McCurry” alla Borsa di Bruxelles, a Bruxelles, Belgio, il 3 marzo 2017. Epa/Stephanie Lecocq

Page 38

36 37mentale della storia della fotograa.Oggi Steve McCurry ha avuto la possibilità di fare delle fotograe all’interno della Basilica di San Pie-tro, che ci ha permesso di incontrar-lo e fargli alcune domande. Ovvia-mente ci ha concesso, in esclusiva, di pubblicare alcune delle immagini scattate. Steve McCurry, di nuovo in Ita-lia. Cosa la lega così fortemente e in modo coinvolgente al nostro Paese?La bellezza, la cultura, la storia, la gente, l’arte e il cibo italiani sono davvero tra i migliori al mondo. I paesaggi mozzaato dell’Italia spaziano dalle colline ondulate e scogliere costiere alle città storiche piene di capolavori architettonici. Il ricco patrimonio culturale si ma-nifesta nell’arte, nella musica e nella letteratura, che da secoli inuenzano le tradizioni globali. Gli italiani sono conosciuti per il loro calore, l’ospita-lità e la passione per la vita, prenden-dosi sempre il tempo per godersi i piaceri dei momenti quotidiani. La cucina italiana è una celebrazione di sapori e tradizione, riunendo le persone attorno ai pasti. Al centro di tutto c’è lo stile di vita italiano, un approccio gioioso e accogliente che valorizza la famiglia, la comunità e il vivere la vita al massimo.Poter scattare fotograe all’in-terno della Basilica di San Pietro è un “privilegio” per pochi. Cosa ha provato? Essere all’interno della Basilica di San Pietro è stato incredibile. È un luogo dove storia, arte e spiritualità si incontrano. Si può percepire la devozione che ha riempito questo spazio per secoli, non solo nella ma-gnica architettura, ma anche nelle preghiere silenziose di chi lo visita.Quando ho scattato le fotograe, mi sono concentrato sul catturare quel senso di riverenza, il gioco di luci e ombre, le persone immerse nei loro momenti di preghiera e i dettagli ar-tistici. È stato un modo per mostrare l’incontro tra devozione umana ed espressione artistica, dove entrambe sembrano esaltarsi reciprocamente.La vera devozione non si limita a parole o buone intenzioni, ma si manifesta in come viviamo e trattiamo gli altri‘‘In esclusivaIn queste e nelle prossime due pagine, alcune delle immagini scattate da Steve McCurry all’interno della Basilica di San Pietro, che pubblichiamo in esclusivaSteve McCurryESCLUSIVA

Page 39

36 37mentale della storia della fotograa.Oggi Steve McCurry ha avuto la possibilità di fare delle fotograe all’interno della Basilica di San Pie-tro, che ci ha permesso di incontrar-lo e fargli alcune domande. Ovvia-mente ci ha concesso, in esclusiva, di pubblicare alcune delle immagini scattate. Steve McCurry, di nuovo in Ita-lia. Cosa la lega così fortemente e in modo coinvolgente al nostro Paese?La bellezza, la cultura, la storia, la gente, l’arte e il cibo italiani sono davvero tra i migliori al mondo. I paesaggi mozzaato dell’Italia spaziano dalle colline ondulate e scogliere costiere alle città storiche piene di capolavori architettonici. Il ricco patrimonio culturale si ma-nifesta nell’arte, nella musica e nella letteratura, che da secoli inuenzano le tradizioni globali. Gli italiani sono conosciuti per il loro calore, l’ospita-lità e la passione per la vita, prenden-dosi sempre il tempo per godersi i piaceri dei momenti quotidiani. La cucina italiana è una celebrazione di sapori e tradizione, riunendo le persone attorno ai pasti. Al centro di tutto c’è lo stile di vita italiano, un approccio gioioso e accogliente che valorizza la famiglia, la comunità e il vivere la vita al massimo.Poter scattare fotograe all’in-terno della Basilica di San Pietro è un “privilegio” per pochi. Cosa ha provato? Essere all’interno della Basilica di San Pietro è stato incredibile. È un luogo dove storia, arte e spiritualità si incontrano. Si può percepire la devozione che ha riempito questo spazio per secoli, non solo nella ma-gnica architettura, ma anche nelle preghiere silenziose di chi lo visita.Quando ho scattato le fotograe, mi sono concentrato sul catturare quel senso di riverenza, il gioco di luci e ombre, le persone immerse nei loro momenti di preghiera e i dettagli ar-tistici. È stato un modo per mostrare l’incontro tra devozione umana ed espressione artistica, dove entrambe sembrano esaltarsi reciprocamente.La vera devozione non si limita a parole o buone intenzioni, ma si manifesta in come viviamo e trattiamo gli altri‘‘In esclusivaIn queste e nelle prossime due pagine, alcune delle immagini scattate da Steve McCurry all’interno della Basilica di San Pietro, che pubblichiamo in esclusivaSteve McCurryESCLUSIVA

Page 40

38 39Per me, la fotograa è connessione, è catturare qualcosa che parli allo spirito e all’anima. In un luogo come San Pietro, si avverte il peso della devozione, ed è un onore poterlo immortalare in un’immagine.Lei è un ritrattista. Quali sono le somiglianze e le dierenze tra il fare un ritratto e fotografare i dettagli delle opere d’arte?Fotografare un ritratto e i dettagli di una scultura richiedono entrambi una comprensione dell’emozione, ma sono approcci abbastanza diver-si. Un ritratto riguarda il catturare l’espressione e lo spirito di una per-sona in un determinato momento, mentre fotografare una scultura implica cogliere i piccoli dettagli spesso trascurati, le linee sottili, la texture e il modo in cui la luce gioca sulla supercie.Prendiamo ad esempio le scultu-re nella Basilica di San Pietro. Da lontano, i dettagli intricati possono passare inosservati. Ma avvicinan-dosi, l’emozione e l’abilità artigia-nale prendono vita. Si percepisce la tensione nelle gure e la bellezza dei piccoli dettagli, che è facile perdere se non ci si prende il tempo di osser-vare attentamente.In entrambi i casi, si cerca di rivelare qualcosa di più profondo, al di là della supercie, che sia l’essenza di una persona o la bellezza nascosta in un’opera d’arte. La dierenza sta nel modo in cui si entra in connessione con ciò che si fotografa, uno è legato alla connessione umana, l’altro alla pazienza e alla scoperta nell’arte stessa.Parliamo di devozione. Tra le sue opere, “Devotion” tratta – pro-prio – di devozione, amore e spi-ritualità. McCurry, come vive la devozione? E cosa pensa che sia?La devozione, nella sua forma più pura, è una forza potente, non è solo un sentimento, ma un impe-ESCLUSIVAOgni volto racconta una storia che va oltre l’aspetto sico. Nei miei ritratti cerco l’essenza: resilienza, speranza, gioia o dolore‘‘gno verso qualcosa di più grande di noi stessi. Che sia per una causa, una persona o una fede, la devozio-ne tira fuori il meglio dello spirito umano. È una fonte di scopo e signicato, che dà direzione alla no-stra vita. Ciò che trovo così straor-dinario nella devozione è come essa spinga all’azione. Non basta parlare della propria devozione o avere buone intenzioni. La vera devozio-ne si manifesta attraverso ciò che facciamo e nel modo in cui viviamo e trattiamo gli altri.

Page 41

38 39Per me, la fotograa è connessione, è catturare qualcosa che parli allo spirito e all’anima. In un luogo come San Pietro, si avverte il peso della devozione, ed è un onore poterlo immortalare in un’immagine.Lei è un ritrattista. Quali sono le somiglianze e le dierenze tra il fare un ritratto e fotografare i dettagli delle opere d’arte?Fotografare un ritratto e i dettagli di una scultura richiedono entrambi una comprensione dell’emozione, ma sono approcci abbastanza diver-si. Un ritratto riguarda il catturare l’espressione e lo spirito di una per-sona in un determinato momento, mentre fotografare una scultura implica cogliere i piccoli dettagli spesso trascurati, le linee sottili, la texture e il modo in cui la luce gioca sulla supercie.Prendiamo ad esempio le scultu-re nella Basilica di San Pietro. Da lontano, i dettagli intricati possono passare inosservati. Ma avvicinan-dosi, l’emozione e l’abilità artigia-nale prendono vita. Si percepisce la tensione nelle gure e la bellezza dei piccoli dettagli, che è facile perdere se non ci si prende il tempo di osser-vare attentamente.In entrambi i casi, si cerca di rivelare qualcosa di più profondo, al di là della supercie, che sia l’essenza di una persona o la bellezza nascosta in un’opera d’arte. La dierenza sta nel modo in cui si entra in connessione con ciò che si fotografa, uno è legato alla connessione umana, l’altro alla pazienza e alla scoperta nell’arte stessa.Parliamo di devozione. Tra le sue opere, “Devotion” tratta – pro-prio – di devozione, amore e spi-ritualità. McCurry, come vive la devozione? E cosa pensa che sia?La devozione, nella sua forma più pura, è una forza potente, non è solo un sentimento, ma un impe-ESCLUSIVAOgni volto racconta una storia che va oltre l’aspetto sico. Nei miei ritratti cerco l’essenza: resilienza, speranza, gioia o dolore‘‘gno verso qualcosa di più grande di noi stessi. Che sia per una causa, una persona o una fede, la devozio-ne tira fuori il meglio dello spirito umano. È una fonte di scopo e signicato, che dà direzione alla no-stra vita. Ciò che trovo così straor-dinario nella devozione è come essa spinga all’azione. Non basta parlare della propria devozione o avere buone intenzioni. La vera devozio-ne si manifesta attraverso ciò che facciamo e nel modo in cui viviamo e trattiamo gli altri.

Page 42

40 41Da reporter di guerra a ritrat-tista con un forte approccio umanista. Spesso una fotograa immortala anche qualcosa che non è immediatamente visibile. Cosa riesce a vedere in una perso-na che poi decide di fotografare?Quando mi avvicino a qualcuno per fotografarlo, cerco un senso di storia e di emozione che trascenda ciò che è visibile in supercie. Le qualità intan-gibili – la profondità negli occhi, le espressioni sottili e il modo in cui l’ambiente modella la loro presenza – rivelano qualcosa di universale sull’e-sperienza umana. Cerco di catturare un’essenza che parli di resilienza, spe-ranza, gioia o dolore, anche se questi sentimenti restano non detti.Ogni volto ha una storia che va oltre l’aspetto sico. Si tratta di fotografare l’invisibile, lo spirito umano, i sogni e le lotte. A volte, è un momento di vulnerabilità, una forza nascosta o uno sguardo fugace che racconta la storia più aascinante. Quando vedo quella scintilla, so che c’è qualcosa di prezioso da catturare.Come reporter ha fotografato molte guerre, e oggi potrebbe trovarsi a lavorare in Medio Oriente o in Ucraina. Qual è il modo di ritrarre una guerra?Ritrarre una guerra signica cattura-re le storie delle persone coinvolte nel conitto, mostrando l’eetto del caos e della distruzione sui volti e nelle vite di chi ha visto il proprio mondo sconvolto e distrutto. La fotograa di guerra è fondamentalmente umani-tà, documentare il dolore della per-dita, la soerenza e la resilienza di chi è intrappolato tra i combattimenti. Mira a informare le persone di tutto il mondo sull’impatto reale di questi conitti, trasformando l’astratto in qualcosa di profondamente perso-nale e comprensibile. Dietro ogni conitto ci sono persone reali con storie che meritano di essere viste, ricordate e comprese.Una volta ha detto che la foto-graa porta emozione e sempli-cità. In realtà, vediamo che le sue opere rivelano una potenza straordinaria. Ci può spiegare cosa intende per “fotograa della semplicità”?Quando parlo di “semplicità,” inten-do il mio obiettivo di catturare l’es-senza del soggetto senza interferenze, distrazioni o elementi superui.Il risultato è che la storia, le emozioni e la composizione sono letteralmente negli occhi di chi guarda, quindi il risultato è semplice, pulito e sereno.La losoa del grande Ludwig Mies van der Rohe, “meno è più”, sotto-linea la convinzione che l’essenziale emerga davvero dalla sobrietà.Guardando attentamente i suoi ritratti, si nota una certa posa del soggetto, una luce morbida e una composizione che rimanda alla storia dell’arte. Cosa pensa della bellezza?L’amore, la compassione, l’arte e la veri-tà formano un insieme che può essere sia personale che universale. L’amore e la compassione si riettono nelle relazioni con gli altri, mentre l’arte rende tangibile l’intangibile. La verità taglia attraverso la nzione e l’illusione e si riduce alla sua essenza, un invito a trasformarsi e vivere con integrità e autenticità. La vera bellezza è un sot-toprodotto di quella trasformazione, che permette a chi guarda di vivere una vita in armonia caratterizzata da una ricchezza di esistenza. La chiave sta nel riconoscere la bellezza come una verità profonda che penetra nel cuore umano in modo duraturo e profondo. nESCLUSIVALa semplicità è ridurre all’essenziale, eliminare le distrazioni per permettere alla storia e alle emozioni di emergere‘‘In mostraLe fotograe di Steve McCurry esposte durante la mostra “Il mondo di Steve McCurry” presso la Maag Halle di Zurigo, in Svizzera, il 23 giugno 2021. Oltre alle opere più recenti di McCurry, la retrospettiva presentava le sue immagini più celebri scattate durante una carriera di quarant’anniEpa/Walter BieriDevozione Sicilia, Italia, 04/2011 Ansa//Us/Steve Mccurry

Page 43

40 41Da reporter di guerra a ritrat-tista con un forte approccio umanista. Spesso una fotograa immortala anche qualcosa che non è immediatamente visibile. Cosa riesce a vedere in una perso-na che poi decide di fotografare?Quando mi avvicino a qualcuno per fotografarlo, cerco un senso di storia e di emozione che trascenda ciò che è visibile in supercie. Le qualità intan-gibili – la profondità negli occhi, le espressioni sottili e il modo in cui l’ambiente modella la loro presenza – rivelano qualcosa di universale sull’e-sperienza umana. Cerco di catturare un’essenza che parli di resilienza, spe-ranza, gioia o dolore, anche se questi sentimenti restano non detti.Ogni volto ha una storia che va oltre l’aspetto sico. Si tratta di fotografare l’invisibile, lo spirito umano, i sogni e le lotte. A volte, è un momento di vulnerabilità, una forza nascosta o uno sguardo fugace che racconta la storia più aascinante. Quando vedo quella scintilla, so che c’è qualcosa di prezioso da catturare.Come reporter ha fotografato molte guerre, e oggi potrebbe trovarsi a lavorare in Medio Oriente o in Ucraina. Qual è il modo di ritrarre una guerra?Ritrarre una guerra signica cattura-re le storie delle persone coinvolte nel conitto, mostrando l’eetto del caos e della distruzione sui volti e nelle vite di chi ha visto il proprio mondo sconvolto e distrutto. La fotograa di guerra è fondamentalmente umani-tà, documentare il dolore della per-dita, la soerenza e la resilienza di chi è intrappolato tra i combattimenti. Mira a informare le persone di tutto il mondo sull’impatto reale di questi conitti, trasformando l’astratto in qualcosa di profondamente perso-nale e comprensibile. Dietro ogni conitto ci sono persone reali con storie che meritano di essere viste, ricordate e comprese.Una volta ha detto che la foto-graa porta emozione e sempli-cità. In realtà, vediamo che le sue opere rivelano una potenza straordinaria. Ci può spiegare cosa intende per “fotograa della semplicità”?Quando parlo di “semplicità,” inten-do il mio obiettivo di catturare l’es-senza del soggetto senza interferenze, distrazioni o elementi superui.Il risultato è che la storia, le emozioni e la composizione sono letteralmente negli occhi di chi guarda, quindi il risultato è semplice, pulito e sereno.La losoa del grande Ludwig Mies van der Rohe, “meno è più”, sotto-linea la convinzione che l’essenziale emerga davvero dalla sobrietà.Guardando attentamente i suoi ritratti, si nota una certa posa del soggetto, una luce morbida e una composizione che rimanda alla storia dell’arte. Cosa pensa della bellezza?L’amore, la compassione, l’arte e la veri-tà formano un insieme che può essere sia personale che universale. L’amore e la compassione si riettono nelle relazioni con gli altri, mentre l’arte rende tangibile l’intangibile. La verità taglia attraverso la nzione e l’illusione e si riduce alla sua essenza, un invito a trasformarsi e vivere con integrità e autenticità. La vera bellezza è un sot-toprodotto di quella trasformazione, che permette a chi guarda di vivere una vita in armonia caratterizzata da una ricchezza di esistenza. La chiave sta nel riconoscere la bellezza come una verità profonda che penetra nel cuore umano in modo duraturo e profondo. nESCLUSIVALa semplicità è ridurre all’essenziale, eliminare le distrazioni per permettere alla storia e alle emozioni di emergere‘‘In mostraLe fotograe di Steve McCurry esposte durante la mostra “Il mondo di Steve McCurry” presso la Maag Halle di Zurigo, in Svizzera, il 23 giugno 2021. Oltre alle opere più recenti di McCurry, la retrospettiva presentava le sue immagini più celebri scattate durante una carriera di quarant’anniEpa/Walter BieriDevozione Sicilia, Italia, 04/2011 Ansa//Us/Steve Mccurry

Page 44

42 43In questo numero trattere-mo dell’obelisco che si trova in Piazza San Pietro e della croce che lo sormonta, volen-do richiamare, con quest’ultima, il pellegrinaggio che, in tutte le nostre diocesi, abbiamo compiuto lo scorso 29 dicembre verso la cattedrale per aprire l’Anno Giubilare. È stato il segno del cammino di speranza del popolo di Dio pellegrinante dietro la croce, come ragurato anche nel logo del Giubileo. Papa Francesco aveva detto: «In un mondo nel qua-le progresso e regresso si intrecciano, la croce di Cristo rimane l’ancora di salvezza: segno della speranza che non delude perché fondata sull’amo-re di Dio, misericordioso e fedele» (Udienza generaledel 21 settembre 2022).L’obelisco di Piazza San Pietro, detto anche “obelisco vaticano”, senza alcun dubbio è uno dei più famosi al mondo ed è più antico della piazza stessa. Si tratta dell’unico obelisco in Urbe che non è mai caduto ed è stato protagonista di molti aneddoti storici curiosi. Fu trasportato ai tempi dell’imperatore Caligola da Heliopolis, in Egitto, su una nave carica di lenticchie per evitare che si spezzasse e fu sistemato nel Circo di Nerone, che si trovava esattamente dove ora sorge la piazza e dove avven-ne la crocissione del Principe degli Apostoli. Rimase in quella posizio-ne pure dopo che il circo cadde in disuso, occupato da una necropoli, e si ritrovò poi a anco della primitiva Basilica di San Pietro, fatta costruire da Costantino, vicino alla Rotonda di Sant’Andrea.Dal luogo della prima collocazione, l’obelisco fu spostato a seguito dei lavori per l’edicazione della nuova Basilica. Dopo varie proposte non eseguite, il trasporto al centro della piazza fu attuato grazie alla ferma vo-lontà di Papa Sisto V, il quale adò all’architetto Domenico Fontana il grandioso progetto di innalzamento.Un moderno reportageLe fasi del macchinoso trasporto sono illustrate, come in un moderno reportage, oltre che nell’opera dello stesso Fontana, Della trasportazione dell’obelisco vaticano… (1590), anche in un gran numero di incisioni coeve. Le manovre si rivelarono molto complicate e per eettuarle, dato il suo peso consistente – ben 327 tonnellate – l’architetto ticinese si servì dell’ausilio di 75 cavalli, 40 argani e 900 uomini, che dovettero L’obelisco e la croceACCADE IN PIAZZADal 1586 si trovano al centro del colonnato. Protagonista di molti aneddoti storici, l’obelisco è come un dito che punta in cielo. La croce ci ricorda la redenzione operata da Gesù CristoGiuseppe Falanga,teologo e giornalistaL’obeliscoIl maestoso monolite di granito rosa, alto 25,3 metri, si eleva sopra un basamento sorretto da quattro leoni bronzei – realizzati da Prospero Antichi e ispirati allo stemma araldico di Papa Sisto V. Con la croce posta al vertice, l’obelisco raggiunge un’altezza complessiva di quasi 40 metriPaterdarius_Pixabay

Page 45

42 43In questo numero trattere-mo dell’obelisco che si trova in Piazza San Pietro e della croce che lo sormonta, volen-do richiamare, con quest’ultima, il pellegrinaggio che, in tutte le nostre diocesi, abbiamo compiuto lo scorso 29 dicembre verso la cattedrale per aprire l’Anno Giubilare. È stato il segno del cammino di speranza del popolo di Dio pellegrinante dietro la croce, come ragurato anche nel logo del Giubileo. Papa Francesco aveva detto: «In un mondo nel qua-le progresso e regresso si intrecciano, la croce di Cristo rimane l’ancora di salvezza: segno della speranza che non delude perché fondata sull’amo-re di Dio, misericordioso e fedele» (Udienza generaledel 21 settembre 2022).L’obelisco di Piazza San Pietro, detto anche “obelisco vaticano”, senza alcun dubbio è uno dei più famosi al mondo ed è più antico della piazza stessa. Si tratta dell’unico obelisco in Urbe che non è mai caduto ed è stato protagonista di molti aneddoti storici curiosi. Fu trasportato ai tempi dell’imperatore Caligola da Heliopolis, in Egitto, su una nave carica di lenticchie per evitare che si spezzasse e fu sistemato nel Circo di Nerone, che si trovava esattamente dove ora sorge la piazza e dove avven-ne la crocissione del Principe degli Apostoli. Rimase in quella posizio-ne pure dopo che il circo cadde in disuso, occupato da una necropoli, e si ritrovò poi a anco della primitiva Basilica di San Pietro, fatta costruire da Costantino, vicino alla Rotonda di Sant’Andrea.Dal luogo della prima collocazione, l’obelisco fu spostato a seguito dei lavori per l’edicazione della nuova Basilica. Dopo varie proposte non eseguite, il trasporto al centro della piazza fu attuato grazie alla ferma vo-lontà di Papa Sisto V, il quale adò all’architetto Domenico Fontana il grandioso progetto di innalzamento.Un moderno reportageLe fasi del macchinoso trasporto sono illustrate, come in un moderno reportage, oltre che nell’opera dello stesso Fontana, Della trasportazione dell’obelisco vaticano… (1590), anche in un gran numero di incisioni coeve. Le manovre si rivelarono molto complicate e per eettuarle, dato il suo peso consistente – ben 327 tonnellate – l’architetto ticinese si servì dell’ausilio di 75 cavalli, 40 argani e 900 uomini, che dovettero L’obelisco e la croceACCADE IN PIAZZADal 1586 si trovano al centro del colonnato. Protagonista di molti aneddoti storici, l’obelisco è come un dito che punta in cielo. La croce ci ricorda la redenzione operata da Gesù CristoGiuseppe Falanga,teologo e giornalistaL’obeliscoIl maestoso monolite di granito rosa, alto 25,3 metri, si eleva sopra un basamento sorretto da quattro leoni bronzei – realizzati da Prospero Antichi e ispirati allo stemma araldico di Papa Sisto V. Con la croce posta al vertice, l’obelisco raggiunge un’altezza complessiva di quasi 40 metriPaterdarius_Pixabay

Page 46

44 45lavorare in religioso silenzio, pena la morte. Durante le operazioni per issare l’obelisco risuonò l’ormai fa-moso «Acqua alle funi!», grido del marinaio ligure Benedetto Bresca: i canapi a cui era assicurato l’obelisco stavano cedendo sotto il suo consi-derevole peso; bagnati con l’acqua si rinsaldarono e l’impresa fu conclusa con successo. Il globo di bronzo laminato che era sulla sua cima e che, secondo la leggenda, all’interno conservava le ceneri di Giulio Cesa-re, fu trasferito ai Musei Capitolini. L’audace progetto terminò, così, prima della ne dei lavori della Ba-silica e circa cento anni prima della realizzazione del colonnato.Dal «tramontar del sole» del 10 set-tembre 1586, dunque, l’obelisco si trova al centro di Piazza San Pietro. L’imponente monolite di granito rosa, alto 25,3 metri, è sospeso dal basamento perché poggiato sul dor-so di quattro leoni bronzei – opera diProspero Antichi, che richiamano lo stemma araldico ponticio di Si-sto V – e raggiunge quasi i 40 metri con la croce al vertice.La reliquia della croceLa concessione per dieci anni dell’in-dulgenza plenaria a chi, davanti all’o-belisco, venerasse la croce recitan-dovi un Pater, un Ave e un Gloria, fece presumere che il Papa aveva collocato nella gran croce di bronzo una particella della “vera croce”; tut-tavia, in occasione del restauro non si trovò nulla. Fu il 12 aprile 1740 che venne posta la preziosa reliquia, presa da un reliquiario della Basilica di San Pietro.Che cosa stanno a indicarci l’obeli-sco e la croce al centro della piazza più conosciuta al mondo? L’obeli-sco, che ha visto passare per secoli sotto la sua ombra potenti e comuni mortali, pellegrini e non credenti, è come un enorme dito che punta in cielo, a ricordare che il destino di tutti risiede nella Casa del Signore. E la croce è «vessillo glorioso di Cri-sto», è «salvezza del popol fedel», come recita un famoso canto della nostra tradizione. L’iscrizione, fatta incidere dallo stesso Sisto V alla base dell’obelisco, ne è una conferma: «ECCE CRUX DOMINI – FVGITE – PARTES ADVERSAE – VICIT LEO DE TRIBV IVDA». Ossia: «Ecco la croce del Signore, fuggite parti avverse, trionfa il leone della tribù di Giuda». Queste pa-role sono una formula esorcistica e insieme propiziatoria per quelli che le pronunciano con fede. Aiutano a tenerci lontano dal male, anzi a far fuggire “il divisore”, colui che vuole separarci da Signore Gesù che, con la sua croce e la sua risurrezione, ha redento il mondo.La croce, albero di salvezzaAll’inizio dell’Anno Santo dob-biamo ridircelo come credenti! La croce, come dicevano i Padri, è trofeo sulla morte, è legno vivo, è al-bero di salvezza. È l’albero della nave della Chiesa o l’aratro con il quale Cristo lavora il fertile campo della Chiesa (cf. Ippolito di Roma, De ACCADE IN PIAZZADal Circo di Nerone alla Piazza di San Pietro, l’obelisco vaticano racconta di imperi e di santi, mentre la croce che lo sormonta indica la redenzione e la speranza per l’umanità‘‘Nel Circo di NeroneUn disegno di Maarten van Heemskerck,del 1532,mostra la collocazione originaria dell’obeliscoIl raccontoDue immagini tratte da Della trasportazione dell’obelisco vaticano… il “reportage” di Domenico Fontana che racconta la sistemazione dell’obelisco vaticano. In una delle immagini è evidente la sistemazione delle macchine che servirono per alzare l’obelisco Biblioteca Nacional Digital de PortugalPietra e simbolo si uniscono al centro della cristianità, per ricordare che la storia degli uomini si eleva verso il cielo e trova senso nella croce di Cristo‘‘

Page 47

44 45lavorare in religioso silenzio, pena la morte. Durante le operazioni per issare l’obelisco risuonò l’ormai fa-moso «Acqua alle funi!», grido del marinaio ligure Benedetto Bresca: i canapi a cui era assicurato l’obelisco stavano cedendo sotto il suo consi-derevole peso; bagnati con l’acqua si rinsaldarono e l’impresa fu conclusa con successo. Il globo di bronzo laminato che era sulla sua cima e che, secondo la leggenda, all’interno conservava le ceneri di Giulio Cesa-re, fu trasferito ai Musei Capitolini. L’audace progetto terminò, così, prima della ne dei lavori della Ba-silica e circa cento anni prima della realizzazione del colonnato.Dal «tramontar del sole» del 10 set-tembre 1586, dunque, l’obelisco si trova al centro di Piazza San Pietro. L’imponente monolite di granito rosa, alto 25,3 metri, è sospeso dal basamento perché poggiato sul dor-so di quattro leoni bronzei – opera diProspero Antichi, che richiamano lo stemma araldico ponticio di Si-sto V – e raggiunge quasi i 40 metri con la croce al vertice.La reliquia della croceLa concessione per dieci anni dell’in-dulgenza plenaria a chi, davanti all’o-belisco, venerasse la croce recitan-dovi un Pater, un Ave e un Gloria, fece presumere che il Papa aveva collocato nella gran croce di bronzo una particella della “vera croce”; tut-tavia, in occasione del restauro non si trovò nulla. Fu il 12 aprile 1740 che venne posta la preziosa reliquia, presa da un reliquiario della Basilica di San Pietro.Che cosa stanno a indicarci l’obeli-sco e la croce al centro della piazza più conosciuta al mondo? L’obeli-sco, che ha visto passare per secoli sotto la sua ombra potenti e comuni mortali, pellegrini e non credenti, è come un enorme dito che punta in cielo, a ricordare che il destino di tutti risiede nella Casa del Signore. E la croce è «vessillo glorioso di Cri-sto», è «salvezza del popol fedel», come recita un famoso canto della nostra tradizione. L’iscrizione, fatta incidere dallo stesso Sisto V alla base dell’obelisco, ne è una conferma: «ECCE CRUX DOMINI – FVGITE – PARTES ADVERSAE – VICIT LEO DE TRIBV IVDA». Ossia: «Ecco la croce del Signore, fuggite parti avverse, trionfa il leone della tribù di Giuda». Queste pa-role sono una formula esorcistica e insieme propiziatoria per quelli che le pronunciano con fede. Aiutano a tenerci lontano dal male, anzi a far fuggire “il divisore”, colui che vuole separarci da Signore Gesù che, con la sua croce e la sua risurrezione, ha redento il mondo.La croce, albero di salvezzaAll’inizio dell’Anno Santo dob-biamo ridircelo come credenti! La croce, come dicevano i Padri, è trofeo sulla morte, è legno vivo, è al-bero di salvezza. È l’albero della nave della Chiesa o l’aratro con il quale Cristo lavora il fertile campo della Chiesa (cf. Ippolito di Roma, De ACCADE IN PIAZZADal Circo di Nerone alla Piazza di San Pietro, l’obelisco vaticano racconta di imperi e di santi, mentre la croce che lo sormonta indica la redenzione e la speranza per l’umanità‘‘Nel Circo di NeroneUn disegno di Maarten van Heemskerck,del 1532,mostra la collocazione originaria dell’obeliscoIl raccontoDue immagini tratte da Della trasportazione dell’obelisco vaticano… il “reportage” di Domenico Fontana che racconta la sistemazione dell’obelisco vaticano. In una delle immagini è evidente la sistemazione delle macchine che servirono per alzare l’obelisco Biblioteca Nacional Digital de PortugalPietra e simbolo si uniscono al centro della cristianità, per ricordare che la storia degli uomini si eleva verso il cielo e trova senso nella croce di Cristo‘‘

Page 48

46Antichristo 59). E il cristiano deve conformarsi alla morte di Cristo per partecipare alla sua risurrezione. Poi-ché è sulla croce e attraverso la croce che il Figlio dell’uomo è stato glori-cato (cf. Origene, Commentarium in Evangelium Ioannis 32,399). Una realtà ben presente ai cristiani dei primi secoli come a quelli perse-guitati ai nostri giorni: Per la sua passione e la sua croce guidaci alla gloria della risurrezione.La croce, allora, non è semplice-mente un segno rituale o di spiri-tualità o di riverenza ne a sé stessa. Tantomeno un amuleto… Possano tutti quelli che, in questo Anno Giubilare, si recano a Piazza San Pietro per attraversare la Porta San-ta, guardare all’obelisco e alla croce con maggior convinzione e fede. Insieme a loro facciamoci anche noi pellegrini di speranza, ben cono-scendo la meta del nostro cammino: Gesù Cristo, Signore della vita e della storia, che ci ha amati e vuole il nostro vero bene. nACCADE IN PIAZZALa leggendaIl globo di bronzo che si credeva contenesse le ceneri di Giulio Cesare. Oggi custodito nei Musei Capitolini

Page 49

46Antichristo 59). E il cristiano deve conformarsi alla morte di Cristo per partecipare alla sua risurrezione. Poi-ché è sulla croce e attraverso la croce che il Figlio dell’uomo è stato glori-cato (cf. Origene, Commentarium in Evangelium Ioannis 32,399). Una realtà ben presente ai cristiani dei primi secoli come a quelli perse-guitati ai nostri giorni: Per la sua passione e la sua croce guidaci alla gloria della risurrezione.La croce, allora, non è semplice-mente un segno rituale o di spiri-tualità o di riverenza ne a sé stessa. Tantomeno un amuleto… Possano tutti quelli che, in questo Anno Giubilare, si recano a Piazza San Pietro per attraversare la Porta San-ta, guardare all’obelisco e alla croce con maggior convinzione e fede. Insieme a loro facciamoci anche noi pellegrini di speranza, ben cono-scendo la meta del nostro cammino: Gesù Cristo, Signore della vita e della storia, che ci ha amati e vuole il nostro vero bene. nACCADE IN PIAZZALa leggendaIl globo di bronzo che si credeva contenesse le ceneri di Giulio Cesare. Oggi custodito nei Musei Capitolini

Page 50

48 49Il Giubileo 2025 ha avuto inizio e il primo gruppo a celebrarlo come categoria professionale sono i comunicatori. Comu-nicatori, non soltanto i giornalisti che della comunicazione sono i professionisti. Per certi versi quello della comunicazione è il Giubileo che riguarda ognuno di noi, in quanto cristiani. La fede cristiana è annuncio e comunicazione ed è per questo che “comunicare” è qualcosa che riguarda tutti, nessuno escluso. Quest’anno, come annun-ciato dalla Sala Stampa della Santa Sede, il Messaggio di Papa France-sco per la 59ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali ha come tema: “Condividete con mitezza la speranza che sta nei vostri cuori” e nello spiegare il titolo veniva sotto-lineato che «oggi troppo spesso la comunicazione è violenta, mirata a colpire e non a stabilire i presupposti per il dialogo», ed è dunque «neces-sario disarmare la comunicazione, puricarla dall’aggressività. Dai talk show televisivi alle guerre verbali sui social il paradigma che rischia di prevalere è quello della competizio-ne, contrapposizione e volontà di dominio». Per noi cristiani, invece, la speranza «è una persona ed è Cristo. Ed è sempre legata ad un progetto comunitario; quando si parla di speranza cristiana – conclu-de – non si può prescindere da una GIUBILEO DELLA COMUNICAZIONEPer una comunicazione “disarmata”Dal Messaggio di Papa Francesco alla sda della comunicazione cristiana: un invito a diffondere la speranza, anche nei tempi più oscuriAndrea Tornielli, Direttore editoriale dei media vaticaniTutti in piazzaCameraman e giornalisti a Piazza San Pietro. Ansa/Massimo Percossi

Page 51

48 49Il Giubileo 2025 ha avuto inizio e il primo gruppo a celebrarlo come categoria professionale sono i comunicatori. Comu-nicatori, non soltanto i giornalisti che della comunicazione sono i professionisti. Per certi versi quello della comunicazione è il Giubileo che riguarda ognuno di noi, in quanto cristiani. La fede cristiana è annuncio e comunicazione ed è per questo che “comunicare” è qualcosa che riguarda tutti, nessuno escluso. Quest’anno, come annun-ciato dalla Sala Stampa della Santa Sede, il Messaggio di Papa France-sco per la 59ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali ha come tema: “Condividete con mitezza la speranza che sta nei vostri cuori” e nello spiegare il titolo veniva sotto-lineato che «oggi troppo spesso la comunicazione è violenta, mirata a colpire e non a stabilire i presupposti per il dialogo», ed è dunque «neces-sario disarmare la comunicazione, puricarla dall’aggressività. Dai talk show televisivi alle guerre verbali sui social il paradigma che rischia di prevalere è quello della competizio-ne, contrapposizione e volontà di dominio». Per noi cristiani, invece, la speranza «è una persona ed è Cristo. Ed è sempre legata ad un progetto comunitario; quando si parla di speranza cristiana – conclu-de – non si può prescindere da una GIUBILEO DELLA COMUNICAZIONEPer una comunicazione “disarmata”Dal Messaggio di Papa Francesco alla sda della comunicazione cristiana: un invito a diffondere la speranza, anche nei tempi più oscuriAndrea Tornielli, Direttore editoriale dei media vaticaniTutti in piazzaCameraman e giornalisti a Piazza San Pietro. Ansa/Massimo Percossi

Page 52

50 51comunità che viva il messaggio di Gesù in modo credibile a tal punto da far intravedere la speranza che porta con sé».Una comunicazione “disarmata” – Dio solo sa quanto ce n’è bisogno in un tempo in cui tanti innocen-ti muoiono sotto le bombe e si dilapidano miliardi per le armi e al contempo cresce l’abitudine in rete di usare linguaggi di odio, scherno, disprezzo – è l’obiettivo che possia-mo darci.Il sistema dei media della Santa Sede, il quotidiano L’Osservato-re Romano, con le sue edizioni linguistiche che per il Giubileo si trasformano in magazine mensi-li, la Radio Vaticana, il sito web Vatican News con i rispettivi social, che oggi comunicano utilizzando quotidianamente 53 lingue diverse, sono al servizio della missione del Successore di Pietro. Ogni giorno cerchiamo di portare la voce del Papa in ogni angolo del mondo e al contempo di raccontare le storie e le testimonianze di chi vive la propria fede nei contesti più diversi: di chi trova ragioni per sperare anche nelle situazioni drammatiche come quella delle guerre, di chi non si ar-rende e cerca di costruire un sistema economico e sociale più giusto, di chi prende sul serio il messaggio del-le encicliche Laudato si’ e Fratelli tutti e si impegna in piccoli o grandi progetti che cambiano in meglio la realtà che ci circonda.Cerchiamo di farlo con lo stile al quale ci richiama costantemente il Papa, che invita a non arontare la sda della buona comunicazione «con una mentalità mondana: con l’ossessione del controllo, del potere, del successo; con l’idea che i problemi siano innanzitutto materiali, tecnologici, organizzativi, economici». Francesco ci invita a «comunicare e ascoltare con il cuore», e anche a «vedere con il cuore cose che gli altri non vedo-no», senza mai «sovrastare con la nostra voce quella degli altri», senza «fare propaganda», senza «nascon-dersi dietro slogan o frasi fatte». Senza il protagonismo di chi cerca di apparire a tutti i costi, per evitare i rischi della spettacolarizzazione e del marketing, coscienti che fare buona comunicazione signica fare e dare spazio all’altro, far emergere le tante storie di bene e di bellezza che faticano ad arrivare sotti i riettori ma che ci permettono di continuare a sperare. nGIUBILEO DELLA COMUNICAZIONEOgni giorno cerchiamo di portare la voce del Papa in ogni angolo del mondo e al contempo di raccontare le storie e le testimonianze di chi trova ragioni per sperare anche nelle situazioni drammatiche come quella delle guerre‘‘In volo con i giornalistiPapa Francesco parla con i giornalisti a bordo dell’aereo in viaggio verso l’Ungheria, 28 aprile 2023. Ansa/Luca Zennaro PoolLibertà di stampaLa telecamera di un giornalista attraversa lo scanner di sicurezza al termine di un evento, durante la Giornata mondiale della libertà di stampa, a Sana’a, Yemen, 3 maggio 2023. La Giornata si celebra ogni anno il 3 maggio per celebrare i principi fondamentali della libertà di stampa, difendere i media dagli attacchi e rendere omaggio ai giornalisti che hanno perso la vita mentre svolgevano il loro lavoro. Epa/Yahya Arhab

Page 53

50 51comunità che viva il messaggio di Gesù in modo credibile a tal punto da far intravedere la speranza che porta con sé».Una comunicazione “disarmata” – Dio solo sa quanto ce n’è bisogno in un tempo in cui tanti innocen-ti muoiono sotto le bombe e si dilapidano miliardi per le armi e al contempo cresce l’abitudine in rete di usare linguaggi di odio, scherno, disprezzo – è l’obiettivo che possia-mo darci.Il sistema dei media della Santa Sede, il quotidiano L’Osservato-re Romano, con le sue edizioni linguistiche che per il Giubileo si trasformano in magazine mensi-li, la Radio Vaticana, il sito web Vatican News con i rispettivi social, che oggi comunicano utilizzando quotidianamente 53 lingue diverse, sono al servizio della missione del Successore di Pietro. Ogni giorno cerchiamo di portare la voce del Papa in ogni angolo del mondo e al contempo di raccontare le storie e le testimonianze di chi vive la propria fede nei contesti più diversi: di chi trova ragioni per sperare anche nelle situazioni drammatiche come quella delle guerre, di chi non si ar-rende e cerca di costruire un sistema economico e sociale più giusto, di chi prende sul serio il messaggio del-le encicliche Laudato si’ e Fratelli tutti e si impegna in piccoli o grandi progetti che cambiano in meglio la realtà che ci circonda.Cerchiamo di farlo con lo stile al quale ci richiama costantemente il Papa, che invita a non arontare la sda della buona comunicazione «con una mentalità mondana: con l’ossessione del controllo, del potere, del successo; con l’idea che i problemi siano innanzitutto materiali, tecnologici, organizzativi, economici». Francesco ci invita a «comunicare e ascoltare con il cuore», e anche a «vedere con il cuore cose che gli altri non vedo-no», senza mai «sovrastare con la nostra voce quella degli altri», senza «fare propaganda», senza «nascon-dersi dietro slogan o frasi fatte». Senza il protagonismo di chi cerca di apparire a tutti i costi, per evitare i rischi della spettacolarizzazione e del marketing, coscienti che fare buona comunicazione signica fare e dare spazio all’altro, far emergere le tante storie di bene e di bellezza che faticano ad arrivare sotti i riettori ma che ci permettono di continuare a sperare. nGIUBILEO DELLA COMUNICAZIONEOgni giorno cerchiamo di portare la voce del Papa in ogni angolo del mondo e al contempo di raccontare le storie e le testimonianze di chi trova ragioni per sperare anche nelle situazioni drammatiche come quella delle guerre‘‘In volo con i giornalistiPapa Francesco parla con i giornalisti a bordo dell’aereo in viaggio verso l’Ungheria, 28 aprile 2023. Ansa/Luca Zennaro PoolLibertà di stampaLa telecamera di un giornalista attraversa lo scanner di sicurezza al termine di un evento, durante la Giornata mondiale della libertà di stampa, a Sana’a, Yemen, 3 maggio 2023. La Giornata si celebra ogni anno il 3 maggio per celebrare i principi fondamentali della libertà di stampa, difendere i media dagli attacchi e rendere omaggio ai giornalisti che hanno perso la vita mentre svolgevano il loro lavoro. Epa/Yahya Arhab

Page 54

52 53All’Angelus del 6 ottobre, padre Fabio Baggio è stato scelto tra i 21 nuovi cardinali da Papa France-sco. Il Sotto-Segretario del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Uma-no Integrale (DSSUI) e Direttore del Borgo Laudato si’ e del Centro di Alta Formazione Laudato si’, ha ricevuto dal Santo Padre la berretta cardinalizia durante il Concistoro Ordinario Pubblico di sabato 7 dicembre 2024Eminenza, da poco è diventato cardinale: che emozione ha nel cuore? È una grande emozione, dico la veri-tà, non si è mai preparati per queste cose. Quando si parla di cardinalato, ovviamente c’è una forte trepida-zione e sono contentissimo di poter servire il Santo Padre con questo nuovo incarico.Avrebbe mai immaginato da bambino che un giorno sarebbe diventato addirittura cardinale? Da bambino mi sono pensato avvoca-to, ingegnere, architetto. Avevo mille idee, ma mai sacerdote. Poi le cose avvengono da sole, la vocazione è arri-vata, ma onestamente, mai e poi mai avrei pensato a me come un cardinale. Cosa l’ha convinta a diventare sacerdote? È una bella ragione: ho fatto un perio-do di seminario minore con tanti altri ragazzi, poi sono rimasto solo io nella mia grande classe di sessanta persone. Ho ricevuto tante belle testimonianze dai missionari. Quello che davvero mi ha cambiato la vita è stato, però, l’incontro con i nostri migranti italia-ni in Germania: un’esperienza molto forte che mi ha dato il senso completo della missione a cui il Signore mi stava chiamando. E lì ho detto di sì. Da cardinale, la sua vita cambierà o rimarrà come prima? Continuerò a essere il Sotto-Segreta-rio del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale e anche il direttore del nuovo progetto Borgo Laudato si’, come direttore generale del centro di alta formazione Lauda-to si’ di Castel Gandolfo. Probabilmente verranno altri appuntamenti, altri impegni, altri inviti? Sono sicuro che il Santo Padre avrà in mente anche altri incarichi, che non mi sono stati comunicati in questo momento, ma sono al suo servizio.Si è sempre occupato da vicino delle questioni migratorie. Pensa che questa porpora del Papa sia anche un segno di vicinanza a questa gente? Papa Francesco ha ricevuto i membri della mia congregazione – sono mis-sionario scalabriniano – e ha detto che questo riconoscimento non è dato a Fabio Baggio, ma all’intera congregazione per il lavoro tra i mi-granti e i rifugiati, quindi immagino che sia così. Questo riconoscimento sottolinea la sua grande preoccupa-zione pastorale che ha sempre avuto nei confronti dei migranti e dei rifugiati. Gli scalabriniani lavorano tanto con i rifugiati? Siamo stati fondati da Monsignor Scalabrini, adesso San Giovanni Battista Scalabrini, proprio per questo: per lavorare inizialmente con i migranti italiani, e adesso con tutti i migranti, rifugiati, marittimi e itineranti nel mondo. Il Papa dice spesso che i Paesi del sud dell’Europa, tra cui l’Italia, la Spagna e Malta, sono lasciati da soli nell’arontare queste que-stioni. È così? Ci sono tanti Paesi che di fatto sono da soli ad arontare queste questioni, noi guardiamo l’Europa perché vivia-mo qui. Ci sono anche altre regioni del mondo, l’Africa, l’Asia, l’America Latina, che stanno lottando per il loro sviluppo e si trovano ad aronta-re, molto spesso da soli, ussi massicci di persone nel proprio territorio. C’è sempre bisogno di una governance globale dell’immigrazione e penso che la comunità internazionale, che si è già mossa in questo senso, abbia ancora molto lavoro da fare.Il Papa ci esorta anche anché queste persone non siano soltan-CONCISTOROUna porpora per migranti e rifugiatiFabio Baggio: un cardinale al servizio della pace e dello sviluppo umanoFabio Marchese Ragona, vaticanistaGiovanni Battista ScalabriniBeaticato il 9 novembre del 1997 da San Giovanni Paolo II, col titolo Padre dei migranti, viene poi canonizzato da Papa Francesco il 9 ottobre 2022. Con queste parole lo stesso Scalabrini racconta la sua attenzione verso i migranti: «In Milano, parecchi anni or sono, fui spettatore di una scena che mi lasciò nell’animo un’impressione di tristezza profonda. Di passaggio alla stazione vidi la vasta sala, i portici laterali e la piazza adiacente invasi da tre o quattro centinaia di individui poveramente vestiti, divisi in gruppi diversi. Sulle loro facce abbronzate dal sole, solcate dalle rughe precoci che suole imprimervi la privazione, traspariva il tumulto degli affetti che agitavano in quel momento il loro cuore. Erano vecchi curvati dall’età e dalle fatiche, uomini nel ore della virilità, donne che si traevano dietro o portavano in collo i loro bambini, fanciulli e giovanette tutti affratellati da un solo pensiero, tutti indirizzati ad una meta comune. Erano emigranti.»Il nuovo cardinaleNella pagina a anco: Il nuovo cardinale italiano Fabio Baggio mentre riceve la berretta da Papa Francesco nella Basilica di San Pietro in Vaticano, il 7 dicembre 2024.Ansa/Fabio FrustaciMigrantiL’intervento di soccorso della Guardia Costiera a seguito del naufragio di un barcone carico di migranti, il 4 settembre 2024. La barca, con a bordo 28 persone, si è capovolta dopo circa un giorno di navigazione, quindi ancora in acque territoriali libiche. Solo 7 i superstiti, per tre giorni alla deriva sul natante capovolto, no a quando non sono stati intercettati e salvati dai militari della motovedetta Cp 324 della guardia costiera in acque territoriali italiane. A ricostruire il viaggio che si è trasformato in tragedia sono stati i sopravvissuti, tutti siriani. Ansa/ Guardia Costiera

Page 55

52 53All’Angelus del 6 ottobre, padre Fabio Baggio è stato scelto tra i 21 nuovi cardinali da Papa France-sco. Il Sotto-Segretario del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Uma-no Integrale (DSSUI) e Direttore del Borgo Laudato si’ e del Centro di Alta Formazione Laudato si’, ha ricevuto dal Santo Padre la berretta cardinalizia durante il Concistoro Ordinario Pubblico di sabato 7 dicembre 2024Eminenza, da poco è diventato cardinale: che emozione ha nel cuore? È una grande emozione, dico la veri-tà, non si è mai preparati per queste cose. Quando si parla di cardinalato, ovviamente c’è una forte trepida-zione e sono contentissimo di poter servire il Santo Padre con questo nuovo incarico.Avrebbe mai immaginato da bambino che un giorno sarebbe diventato addirittura cardinale? Da bambino mi sono pensato avvoca-to, ingegnere, architetto. Avevo mille idee, ma mai sacerdote. Poi le cose avvengono da sole, la vocazione è arri-vata, ma onestamente, mai e poi mai avrei pensato a me come un cardinale. Cosa l’ha convinta a diventare sacerdote? È una bella ragione: ho fatto un perio-do di seminario minore con tanti altri ragazzi, poi sono rimasto solo io nella mia grande classe di sessanta persone. Ho ricevuto tante belle testimonianze dai missionari. Quello che davvero mi ha cambiato la vita è stato, però, l’incontro con i nostri migranti italia-ni in Germania: un’esperienza molto forte che mi ha dato il senso completo della missione a cui il Signore mi stava chiamando. E lì ho detto di sì. Da cardinale, la sua vita cambierà o rimarrà come prima? Continuerò a essere il Sotto-Segreta-rio del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale e anche il direttore del nuovo progetto Borgo Laudato si’, come direttore generale del centro di alta formazione Lauda-to si’ di Castel Gandolfo. Probabilmente verranno altri appuntamenti, altri impegni, altri inviti? Sono sicuro che il Santo Padre avrà in mente anche altri incarichi, che non mi sono stati comunicati in questo momento, ma sono al suo servizio.Si è sempre occupato da vicino delle questioni migratorie. Pensa che questa porpora del Papa sia anche un segno di vicinanza a questa gente? Papa Francesco ha ricevuto i membri della mia congregazione – sono mis-sionario scalabriniano – e ha detto che questo riconoscimento non è dato a Fabio Baggio, ma all’intera congregazione per il lavoro tra i mi-granti e i rifugiati, quindi immagino che sia così. Questo riconoscimento sottolinea la sua grande preoccupa-zione pastorale che ha sempre avuto nei confronti dei migranti e dei rifugiati. Gli scalabriniani lavorano tanto con i rifugiati? Siamo stati fondati da Monsignor Scalabrini, adesso San Giovanni Battista Scalabrini, proprio per questo: per lavorare inizialmente con i migranti italiani, e adesso con tutti i migranti, rifugiati, marittimi e itineranti nel mondo. Il Papa dice spesso che i Paesi del sud dell’Europa, tra cui l’Italia, la Spagna e Malta, sono lasciati da soli nell’arontare queste que-stioni. È così? Ci sono tanti Paesi che di fatto sono da soli ad arontare queste questioni, noi guardiamo l’Europa perché vivia-mo qui. Ci sono anche altre regioni del mondo, l’Africa, l’Asia, l’America Latina, che stanno lottando per il loro sviluppo e si trovano ad aronta-re, molto spesso da soli, ussi massicci di persone nel proprio territorio. C’è sempre bisogno di una governance globale dell’immigrazione e penso che la comunità internazionale, che si è già mossa in questo senso, abbia ancora molto lavoro da fare.Il Papa ci esorta anche anché queste persone non siano soltan-CONCISTOROUna porpora per migranti e rifugiatiFabio Baggio: un cardinale al servizio della pace e dello sviluppo umanoFabio Marchese Ragona, vaticanistaGiovanni Battista ScalabriniBeaticato il 9 novembre del 1997 da San Giovanni Paolo II, col titolo Padre dei migranti, viene poi canonizzato da Papa Francesco il 9 ottobre 2022. Con queste parole lo stesso Scalabrini racconta la sua attenzione verso i migranti: «In Milano, parecchi anni or sono, fui spettatore di una scena che mi lasciò nell’animo un’impressione di tristezza profonda. Di passaggio alla stazione vidi la vasta sala, i portici laterali e la piazza adiacente invasi da tre o quattro centinaia di individui poveramente vestiti, divisi in gruppi diversi. Sulle loro facce abbronzate dal sole, solcate dalle rughe precoci che suole imprimervi la privazione, traspariva il tumulto degli affetti che agitavano in quel momento il loro cuore. Erano vecchi curvati dall’età e dalle fatiche, uomini nel ore della virilità, donne che si traevano dietro o portavano in collo i loro bambini, fanciulli e giovanette tutti affratellati da un solo pensiero, tutti indirizzati ad una meta comune. Erano emigranti.»Il nuovo cardinaleNella pagina a anco: Il nuovo cardinale italiano Fabio Baggio mentre riceve la berretta da Papa Francesco nella Basilica di San Pietro in Vaticano, il 7 dicembre 2024.Ansa/Fabio FrustaciMigrantiL’intervento di soccorso della Guardia Costiera a seguito del naufragio di un barcone carico di migranti, il 4 settembre 2024. La barca, con a bordo 28 persone, si è capovolta dopo circa un giorno di navigazione, quindi ancora in acque territoriali libiche. Solo 7 i superstiti, per tre giorni alla deriva sul natante capovolto, no a quando non sono stati intercettati e salvati dai militari della motovedetta Cp 324 della guardia costiera in acque territoriali italiane. A ricostruire il viaggio che si è trasformato in tragedia sono stati i sopravvissuti, tutti siriani. Ansa/ Guardia Costiera

Page 56

54 55to accolte ma anche integrate... I quattro verbi del Santo Padre sono “accogliere”, “proteggere”, “pro-muovere”, “integrare” e segnano un unico percorso. Dobbiamo pensare al nostro mondo del futuro come sommamente multiculturale, perché la gente si muove e si muoverà molto di più per diverse ragioni. Bisogna cercare di preparare anche le nostre società, in modo che siano accoglien-ti per i nuovi arrivati che saranno presenti domani. Stiamo vivendo un periodo di guerre, pensiamo al Medio Oriente, all’Ucraina, alla Siria. Crede che sia corretto parlare di bomba pronta ad esplodere riguardo ai ussi migratori che sono, ovviamente, in aumento? La situazione migratoria è già esplosa in questo Terzo millennio a causa di tanti conitti che sono nati e non di-mentichiamoci tutte quelle situazio-ni che il cambiamento climatico – la crisi climatica che stiamo vivendo – sta provocando: ci aspettiamo un futuro di milioni di migranti in più. Non dico questo per spaventare, ma per dire che sono necessarie delle azioni urgenti, perché, come il Santo Padre ricorda sempre, c’è il diritto a non dover emigrare che viene addirittura prima del diritto a migrare. Serve quindi un grande sforzo, anché vengano prodotte delle alternative valide anche nei territori di origine.Del diritto a non emigrare ne parlano anche i vescovi africa-ni, che vorrebbero che questi giovani rimanessero in Africa. allora “Aiutiamoli a casa loro” è soltanto uno slogan o può essere davvero una soluzione? L’idea di aiutare i Paesi con la cooperazione internazionale, ma al tempo stesso dargli le possibilità per cui possano svilupparsi nel presente e nel futuro, è sicuramente la via più facile per produrre un’alternativa alla migrazione che oggi sembra essere l’unica via di uscita a tante situazioni disperate. Chi, come me, ha lavorato nella cooperazione internazionale e in progetti di sviluppo, sa bene che gli eetti non sono immediati, ci vogliono anni, una o due generazio-ni perché si possano vedere gli eetti di quello che si fa. Nel frattempo ci sarà tanta migrazione ma questo non deve impedirci di metterci al lavoro. Quando si parla di migranti si vedono talvolta queste persone come degli invasori, come delle persone che vogliono entrare nella nostra cultura e che non la rispettano. Bisogna cambiare mentalità? Siamo stati anche noi migranti per tanti decenni, per secoli, sempre con tanta voglia di lavorare e di trasfor-mare il mondo. Penso che la maggior parte delle persone che arrivano hanno lo stesso entusiasmo e voglia di cambiare e trasformare in meglio le società: si tratta di aprire gli spazi per-ché questo possa avvenire. Il Santo Padre ha riservato delle parole molto chiare riguardo alle politiche demo-grache, economiche e migratorie che devono cominciare a dialogare tra di loro, se vogliamo davvero pen-sare a un futuro che sia sostenibile.Non a caso il Papa dice spesso che queste persone dobbiamo con-siderarle delle risorse e non un peso… Lo sono già. E penso anche a tanti stranieri che oggi in Italia stanno lavorando e che ci stanno aiutando in tanti settori del lavoro, che sono fondamentali per il nostro welfare. Il Papa fa continuamente appelli per la pace, chiede preghiere, ma forse c’è anche chi “prega” per la guerra, penso soprattutto ai tracanti d’armi… Non so se possiamo parlare di pre-ghiera, però sicuramente possiamo dire che è interessato nel produrre conitti: sono lobby, gruppi di potere, che alimentano scintille tra le parti. Noi, come cristiani e cristiane, dobbiamo lavorare per la pace, per il dialogo, perché col dialogo risolvia-mo i conitti, non attraverso le armi. Dobbiamo, come dice il Santo Padre, essere noi gli artigiani della pace. Bergoglio dice spesso che i bam-bini possono insegnarci tanto. È davvero così? I bambini sono la risorsa del presen-te e del futuro. Dobbiamo dedicare molto spazio all’educazione alla pace. E in questo ringraziamo tutti coloro che sono già impegnati e si stanno impegnando per l’educazione alla pace dei più giovani. nCONCISTOROIl nuovo cardinale durante le visite di cortesia al termine del concistoro del 7 dicembre 2024.Ansa/Fabio FrustaciRifugiatiBambini camminano per strada nel campo profughi di Yarmouk, nelle periferie di Damasco, Siria, 19 dicembre 2024. Fondato nel 1957, circa 160.000 palestinesi vivevano a Yarmouk secondo l’UNRWA no all’inizio della rivolta siriana nel 2011. I violenti combattimenti hanno portato allo sfollamento di un gran numero di abitanti nel 2012 e l’accesso agli aiuti umanitari è stato severamente limitato dopo l’assedio imposto dal governo siriano di Bashar al-Assad nel 2013. Epa/António Pedro Santos(In collaborazione con Mediaset – Tgcom24)

Page 57

54 55to accolte ma anche integrate... I quattro verbi del Santo Padre sono “accogliere”, “proteggere”, “pro-muovere”, “integrare” e segnano un unico percorso. Dobbiamo pensare al nostro mondo del futuro come sommamente multiculturale, perché la gente si muove e si muoverà molto di più per diverse ragioni. Bisogna cercare di preparare anche le nostre società, in modo che siano accoglien-ti per i nuovi arrivati che saranno presenti domani. Stiamo vivendo un periodo di guerre, pensiamo al Medio Oriente, all’Ucraina, alla Siria. Crede che sia corretto parlare di bomba pronta ad esplodere riguardo ai ussi migratori che sono, ovviamente, in aumento? La situazione migratoria è già esplosa in questo Terzo millennio a causa di tanti conitti che sono nati e non di-mentichiamoci tutte quelle situazio-ni che il cambiamento climatico – la crisi climatica che stiamo vivendo – sta provocando: ci aspettiamo un futuro di milioni di migranti in più. Non dico questo per spaventare, ma per dire che sono necessarie delle azioni urgenti, perché, come il Santo Padre ricorda sempre, c’è il diritto a non dover emigrare che viene addirittura prima del diritto a migrare. Serve quindi un grande sforzo, anché vengano prodotte delle alternative valide anche nei territori di origine.Del diritto a non emigrare ne parlano anche i vescovi africa-ni, che vorrebbero che questi giovani rimanessero in Africa. allora “Aiutiamoli a casa loro” è soltanto uno slogan o può essere davvero una soluzione? L’idea di aiutare i Paesi con la cooperazione internazionale, ma al tempo stesso dargli le possibilità per cui possano svilupparsi nel presente e nel futuro, è sicuramente la via più facile per produrre un’alternativa alla migrazione che oggi sembra essere l’unica via di uscita a tante situazioni disperate. Chi, come me, ha lavorato nella cooperazione internazionale e in progetti di sviluppo, sa bene che gli eetti non sono immediati, ci vogliono anni, una o due generazio-ni perché si possano vedere gli eetti di quello che si fa. Nel frattempo ci sarà tanta migrazione ma questo non deve impedirci di metterci al lavoro. Quando si parla di migranti si vedono talvolta queste persone come degli invasori, come delle persone che vogliono entrare nella nostra cultura e che non la rispettano. Bisogna cambiare mentalità? Siamo stati anche noi migranti per tanti decenni, per secoli, sempre con tanta voglia di lavorare e di trasfor-mare il mondo. Penso che la maggior parte delle persone che arrivano hanno lo stesso entusiasmo e voglia di cambiare e trasformare in meglio le società: si tratta di aprire gli spazi per-ché questo possa avvenire. Il Santo Padre ha riservato delle parole molto chiare riguardo alle politiche demo-grache, economiche e migratorie che devono cominciare a dialogare tra di loro, se vogliamo davvero pen-sare a un futuro che sia sostenibile.Non a caso il Papa dice spesso che queste persone dobbiamo con-siderarle delle risorse e non un peso… Lo sono già. E penso anche a tanti stranieri che oggi in Italia stanno lavorando e che ci stanno aiutando in tanti settori del lavoro, che sono fondamentali per il nostro welfare. Il Papa fa continuamente appelli per la pace, chiede preghiere, ma forse c’è anche chi “prega” per la guerra, penso soprattutto ai tracanti d’armi… Non so se possiamo parlare di pre-ghiera, però sicuramente possiamo dire che è interessato nel produrre conitti: sono lobby, gruppi di potere, che alimentano scintille tra le parti. Noi, come cristiani e cristiane, dobbiamo lavorare per la pace, per il dialogo, perché col dialogo risolvia-mo i conitti, non attraverso le armi. Dobbiamo, come dice il Santo Padre, essere noi gli artigiani della pace. Bergoglio dice spesso che i bam-bini possono insegnarci tanto. È davvero così? I bambini sono la risorsa del presen-te e del futuro. Dobbiamo dedicare molto spazio all’educazione alla pace. E in questo ringraziamo tutti coloro che sono già impegnati e si stanno impegnando per l’educazione alla pace dei più giovani. nCONCISTOROIl nuovo cardinale durante le visite di cortesia al termine del concistoro del 7 dicembre 2024.Ansa/Fabio FrustaciRifugiatiBambini camminano per strada nel campo profughi di Yarmouk, nelle periferie di Damasco, Siria, 19 dicembre 2024. Fondato nel 1957, circa 160.000 palestinesi vivevano a Yarmouk secondo l’UNRWA no all’inizio della rivolta siriana nel 2011. I violenti combattimenti hanno portato allo sfollamento di un gran numero di abitanti nel 2012 e l’accesso agli aiuti umanitari è stato severamente limitato dopo l’assedio imposto dal governo siriano di Bashar al-Assad nel 2013. Epa/António Pedro Santos(In collaborazione con Mediaset – Tgcom24)

Page 58

56 57Ma noi, rispetto all’In-telligenza articiale, come ci sentiamo? Siamo apocalittici o integrati? Sommersi o salvati? È un dilemma che viene da lontano e che accompagna l’umanità dagli albori della civiltà: sarebbe facile dire adesso che, visto che siamo arrivati n qui, avevano ragione gli ottimisti, quelli che in ogni inno-vazione tecnologica vedono una manifestazione delle “magniche sorti e progressive” dell’umanità (peraltro: espressione sarcastica con cui quel pessimista cosmico di Gia-como Leopardi, in piena rivoluzione industriale, ci invitava a dubitare di una visione dell’umana gente che si sente onnipotente). Nella nostra storia il pessimismo è come un’ombra: in certi momenti ci insegue, in altri ci precede e c’è solo un istante del giorno in cui, a certe latitudini, sembra sparire. Op-pure di notte, quando l’ombra in-ghiottisce tutto il resto. Il pessimi-sta in fondo è un ottimista che non ce l’ha fatta: a volte per indole, altre per comodità; ma ci sono casi in cui TECNOLOGIASull’orlo del futuro tra sogni e incubiIntelligenza articiale: liberazione o minaccia incombente? Ottimismo e pessimismo si intrecciano in un bivio epocaleRiccardo Luna, giornalista specializzato in temi legati all’innovazione tecnologica e a internetFantascienzaUn frame del lm L’uomo bicentenario (Bicentennial Man), del 1999 e diretto da Chris Columbus. Robin Williams interpreta il robot tuttofare Andrew che mostra, però, atteggiamenti particolari, come se avesse, oltre la corazza, una personalità: «Come robot avrei potuto vivere per sempre, ma dico a tutti voi oggi, che preferisco morire come uomo, che vivere per tutta l’eternità come macchina...», è una delle sue battute. /Artigianale/Lavorazione realizzatada mani espertee attente che trasmettonola storia e i valoridell’azienda.Grazie alla sinergiatra innovazione epratiche artigianalisi ottengono prodottiunici e dal design inimitabile.SemplicementeMade in Italy.

Page 59

56 57Ma noi, rispetto all’In-telligenza articiale, come ci sentiamo? Siamo apocalittici o integrati? Sommersi o salvati? È un dilemma che viene da lontano e che accompagna l’umanità dagli albori della civiltà: sarebbe facile dire adesso che, visto che siamo arrivati n qui, avevano ragione gli ottimisti, quelli che in ogni inno-vazione tecnologica vedono una manifestazione delle “magniche sorti e progressive” dell’umanità (peraltro: espressione sarcastica con cui quel pessimista cosmico di Gia-como Leopardi, in piena rivoluzione industriale, ci invitava a dubitare di una visione dell’umana gente che si sente onnipotente). Nella nostra storia il pessimismo è come un’ombra: in certi momenti ci insegue, in altri ci precede e c’è solo un istante del giorno in cui, a certe latitudini, sembra sparire. Op-pure di notte, quando l’ombra in-ghiottisce tutto il resto. Il pessimi-sta in fondo è un ottimista che non ce l’ha fatta: a volte per indole, altre per comodità; ma ci sono casi in cui TECNOLOGIASull’orlo del futuro tra sogni e incubiIntelligenza articiale: liberazione o minaccia incombente? Ottimismo e pessimismo si intrecciano in un bivio epocaleRiccardo Luna, giornalista specializzato in temi legati all’innovazione tecnologica e a internetFantascienzaUn frame del lm L’uomo bicentenario (Bicentennial Man), del 1999 e diretto da Chris Columbus. Robin Williams interpreta il robot tuttofare Andrew che mostra, però, atteggiamenti particolari, come se avesse, oltre la corazza, una personalità: «Come robot avrei potuto vivere per sempre, ma dico a tutti voi oggi, che preferisco morire come uomo, che vivere per tutta l’eternità come macchina...», è una delle sue battute. /Artigianale/Lavorazione realizzatada mani espertee attente che trasmettonola storia e i valoridell’azienda.Grazie alla sinergiatra innovazione epratiche artigianalisi ottengono prodottiunici e dal design inimitabile.SemplicementeMade in Italy.

Page 60

58 59avvisare del pericolo imminente è un dovere. Anche se di solito non si viene creduti. Cassandra non è soltanto una gura mitologica: è un archetipo. Voler credere che “andrà tutto bene”, che in qualche modo ce la caveremo, che il virus pande-mico si fermerà magicamente sulla porta di casa, è un nostro tratto ricorrente: preferiamo minimizza-re, nché è troppo tardi anche per disperarsi. Si chiama denial and panic ed è un meccanismo che le scienze sociali conoscono bene. Il paradosso che stiamo vivendoÈ il caso dell’Intelligenza articiale? Siamo davanti ad un pericolo immi-nente o alla più grande innovazione della storia dell’umanità? E se le risposte giuste fossero entrambe? Se l’Intelligenza articiale fosse lo strumento che stavamo aspettando per liberare tutto il potenziale della nostra creatività, curare malattie incurabili, risolvere sde impossibi-li? Ma fosse anche la tecnologia che può renderci irrilevanti, far sparire migliaia di mestieri nel giro di pochi anni, e alla ne prendere il control-lo del mondo, di tutti i computer del mondo, rendendoci schiavi? Il paradosso che stiamo vivendo, e di cui non abbiamo ancora piena consapevolezza, è che i due scenari sono entrambi possibili, realistici: TECNOLOGIAUna tecnologia che promette di rivoluzionare il mondo, ma che porta con sé interrogativi inquietanti‘‘Il dubbio dello scienziato«C’è una probabilità del 10-20 per cento che entro i prossimi trent’anni l’Intelligenza articiale provochi l’estinzione dell’umanità». È l’avvertimento di Geoffrey Hinton, scienziato anglo-canadese e uno dei padri dell’Intelligenza articiale, che ha vinto nel 2024 il Premio Nobel per la sica. In foto: Geoffrey Hinton (a sinistra) riceve il suo riconoscimento dal re Carlo Gustavo di Svezia (a destra) durante la cerimonia di premiazione dei Nobel 2024 alla Concert Hall di Stoccolma, in Svezia, il 10 dicembre 2024) Epa/Henrik MontgomeryDilemma etico sull’arteNel 2023 la sezione “Open – Creative” dei Sony World Photography Awards, uno tra i più prestigiosi concorsi fotograci al mondo, è stata vinta dal fotografo tedesco Boris Eldagsen con la foto PSEUDOMNESIA | The Electrician. Tuttavia, Eldagsen ha deciso di riutare il premio, dichiarando: «Le immagini generate dall’intelligenza articiale e la fotograa non dovrebbero competere nello stesso concorso. Si tratta di due forme di espressione differenti. L’AI non è fotograa. Per questo motivo, non accetterò il premio», innescando un dilemma etico sull’arte.

Page 61

58 59avvisare del pericolo imminente è un dovere. Anche se di solito non si viene creduti. Cassandra non è soltanto una gura mitologica: è un archetipo. Voler credere che “andrà tutto bene”, che in qualche modo ce la caveremo, che il virus pande-mico si fermerà magicamente sulla porta di casa, è un nostro tratto ricorrente: preferiamo minimizza-re, nché è troppo tardi anche per disperarsi. Si chiama denial and panic ed è un meccanismo che le scienze sociali conoscono bene. Il paradosso che stiamo vivendoÈ il caso dell’Intelligenza articiale? Siamo davanti ad un pericolo immi-nente o alla più grande innovazione della storia dell’umanità? E se le risposte giuste fossero entrambe? Se l’Intelligenza articiale fosse lo strumento che stavamo aspettando per liberare tutto il potenziale della nostra creatività, curare malattie incurabili, risolvere sde impossibi-li? Ma fosse anche la tecnologia che può renderci irrilevanti, far sparire migliaia di mestieri nel giro di pochi anni, e alla ne prendere il control-lo del mondo, di tutti i computer del mondo, rendendoci schiavi? Il paradosso che stiamo vivendo, e di cui non abbiamo ancora piena consapevolezza, è che i due scenari sono entrambi possibili, realistici: TECNOLOGIAUna tecnologia che promette di rivoluzionare il mondo, ma che porta con sé interrogativi inquietanti‘‘Il dubbio dello scienziato«C’è una probabilità del 10-20 per cento che entro i prossimi trent’anni l’Intelligenza articiale provochi l’estinzione dell’umanità». È l’avvertimento di Geoffrey Hinton, scienziato anglo-canadese e uno dei padri dell’Intelligenza articiale, che ha vinto nel 2024 il Premio Nobel per la sica. In foto: Geoffrey Hinton (a sinistra) riceve il suo riconoscimento dal re Carlo Gustavo di Svezia (a destra) durante la cerimonia di premiazione dei Nobel 2024 alla Concert Hall di Stoccolma, in Svezia, il 10 dicembre 2024) Epa/Henrik MontgomeryDilemma etico sull’arteNel 2023 la sezione “Open – Creative” dei Sony World Photography Awards, uno tra i più prestigiosi concorsi fotograci al mondo, è stata vinta dal fotografo tedesco Boris Eldagsen con la foto PSEUDOMNESIA | The Electrician. Tuttavia, Eldagsen ha deciso di riutare il premio, dichiarando: «Le immagini generate dall’intelligenza articiale e la fotograa non dovrebbero competere nello stesso concorso. Si tratta di due forme di espressione differenti. L’AI non è fotograa. Per questo motivo, non accetterò il premio», innescando un dilemma etico sull’arte.

Page 62

60non è fantascienza il primo, di cui parlano – con un senso del marke-ting eccessivo – i padroni di Silicon Valley; ma neanche il secondo, quel-lo distopico, verso cui ci mettono in guardia alcuni di coloro che hanno più di tutti contribuito a far uscire il genio dell’Intelligenza articiale dalla lampada e che dopo se ne sono spaventati, come il premio Nobel Geo Hinton. Della nostra epoca, insomma, è vero quello che Charles Dickens scriveva a proposito della ne del ‘700, fra i “lumi” della rivoluzione industriale e gli eccessi della rivoluzione francese: «Era il tempo migliore e il tempo peggiore, la stagione della saggezza e la stagione della follia, l’epoca della fede e l’epoca dell’incredulità; il periodo della luce, e il periodo delle tenebre, la primavera della speranza e l’inverno della disperazione. Avevamo tutto dinanzi a noi, non avevamo nulla dinanzi a noi; eravamo tutti diretti al cielo, eravamo tutti diretti a quell’altra parte – a farla breve, gli anni erano così simili ai nostri, che alcuni, che li conoscevano profondamente sostene-vano che, in bene o in male, se ne po-tesse parlare soltanto al superlativo». Siamo ad un bivio, l’ennesimo delle nostra storia; e stavolta non possia-mo sbagliare.TECNOLOGIALiberare il potenziale umano o soccombere al rischio della propria irrilevanza?‘‘Chi prepara da mangiare?A Pasadena, in California, ha aperto CaliExpress: il primo ristorante completamente basato sull’Intelligenza articiale, in cui sia l’ordinazione che ogni singolo processo di cottura sono completamente automatizzati. La cucina utilizza i sistemi più avanzati nella tecnologia alimentareAnsa / Epa / Allison Dinner

Page 63

60non è fantascienza il primo, di cui parlano – con un senso del marke-ting eccessivo – i padroni di Silicon Valley; ma neanche il secondo, quel-lo distopico, verso cui ci mettono in guardia alcuni di coloro che hanno più di tutti contribuito a far uscire il genio dell’Intelligenza articiale dalla lampada e che dopo se ne sono spaventati, come il premio Nobel Geo Hinton. Della nostra epoca, insomma, è vero quello che Charles Dickens scriveva a proposito della ne del ‘700, fra i “lumi” della rivoluzione industriale e gli eccessi della rivoluzione francese: «Era il tempo migliore e il tempo peggiore, la stagione della saggezza e la stagione della follia, l’epoca della fede e l’epoca dell’incredulità; il periodo della luce, e il periodo delle tenebre, la primavera della speranza e l’inverno della disperazione. Avevamo tutto dinanzi a noi, non avevamo nulla dinanzi a noi; eravamo tutti diretti al cielo, eravamo tutti diretti a quell’altra parte – a farla breve, gli anni erano così simili ai nostri, che alcuni, che li conoscevano profondamente sostene-vano che, in bene o in male, se ne po-tesse parlare soltanto al superlativo». Siamo ad un bivio, l’ennesimo delle nostra storia; e stavolta non possia-mo sbagliare.TECNOLOGIALiberare il potenziale umano o soccombere al rischio della propria irrilevanza?‘‘Chi prepara da mangiare?A Pasadena, in California, ha aperto CaliExpress: il primo ristorante completamente basato sull’Intelligenza articiale, in cui sia l’ordinazione che ogni singolo processo di cottura sono completamente automatizzati. La cucina utilizza i sistemi più avanzati nella tecnologia alimentareAnsa / Epa / Allison Dinner

Page 64

62 63Il 24 dicembre del 2024 alle ore 19:00 il Santo Padre Francesco ha aperto la Porta Santa della Basilica di San Pietro, dando inizio al Giubileo dell’anno 2025: un periodo sacro e importantissimo per la Chiesa Cattolica che vedrà fedeli in pellegrinaggio da ogni parte del mondo. Il tema sarà quello della “Speranza” che il Papa ha spiegato con queste bellissime parole nell’o-melia della messa della notte di Natale:«ciascuno di noi può entrare nel mistero di questo annuncio di grazia. Questa è la notte in cui la porta dellasperanza si è spalancata sul mondo; questa è la notte in cui Dio dice a ciascuno:c’è speranza an-che per te. C’è speranzaper ognuno di noi […] Ma per accogliere questo messaggio» – ha continuato – «per ritrovare la speranza perduta, rinno- varla dentro di noi, seminarla nelle desolazioni del nostro tempo e del nostro mondo, occorre muoversi senza indugio. Non indugiare, non rallentare il passo, ma lasciarsi attirare dalla bella notizia». Parole queste che fanno breccia nel cuore di ognuno di noi e che ci devono far riettere e far pensare soprattutto in questo momento così dicile per il mondo intero, dilaniato da diversi conitti. A tal proposito mi piace tornare con la mente e con gli occhi ad osservare un particolare pannello della Porta Santa della Basilica di San Pietro, fatto inserire lì per il Giubi-leo del 1950, proprio per ricordare all’umanità intera i terribili tempi della seconda guerra mondiale. In particolare con l’avvicinarsi infatti di quell’Anno Santo, Mons. Ludovico Kaas, allora Segretario Economo della Fabbrica di San Pietro, decise di commissionare due battenti in metallo per la Porta Santa. I battenti furono realizzati dallo scultore Vico Consorti e oerti dal vescovo di Basilea – Lugano, Mons. Franziskus von Streng, a testimonianza della gratitudine del popolo svizzero per essere stato risparmiato dagli orrori della guerra, come è ricordato nella dedica incisa sul retro dell’ultimo pannello della Porta: e bellorum ammis / patria feliciter servata / servatori deo /devotus /pio xii pont. max. / populorum pacis sequestro / gratus / franciscus de streng / basileen. ac luganen. episc. / cum delium suorum grege / huius portae sanctae valvas / a. iubilaei max. mi mcml / d. d. Simbolo di Pace e Speranza tra le tempeste della storiaLa Colomba nella Basilica di San Pietro in VaticanoARTESimona Turriziani, Responsabile Archivio Storico Generale Fabbrica di San Pietro

Page 65

62 63Il 24 dicembre del 2024 alle ore 19:00 il Santo Padre Francesco ha aperto la Porta Santa della Basilica di San Pietro, dando inizio al Giubileo dell’anno 2025: un periodo sacro e importantissimo per la Chiesa Cattolica che vedrà fedeli in pellegrinaggio da ogni parte del mondo. Il tema sarà quello della “Speranza” che il Papa ha spiegato con queste bellissime parole nell’o-melia della messa della notte di Natale:«ciascuno di noi può entrare nel mistero di questo annuncio di grazia. Questa è la notte in cui la porta dellasperanza si è spalancata sul mondo; questa è la notte in cui Dio dice a ciascuno:c’è speranza an-che per te. C’è speranzaper ognuno di noi […] Ma per accogliere questo messaggio» – ha continuato – «per ritrovare la speranza perduta, rinno- varla dentro di noi, seminarla nelle desolazioni del nostro tempo e del nostro mondo, occorre muoversi senza indugio. Non indugiare, non rallentare il passo, ma lasciarsi attirare dalla bella notizia». Parole queste che fanno breccia nel cuore di ognuno di noi e che ci devono far riettere e far pensare soprattutto in questo momento così dicile per il mondo intero, dilaniato da diversi conitti. A tal proposito mi piace tornare con la mente e con gli occhi ad osservare un particolare pannello della Porta Santa della Basilica di San Pietro, fatto inserire lì per il Giubi-leo del 1950, proprio per ricordare all’umanità intera i terribili tempi della seconda guerra mondiale. In particolare con l’avvicinarsi infatti di quell’Anno Santo, Mons. Ludovico Kaas, allora Segretario Economo della Fabbrica di San Pietro, decise di commissionare due battenti in metallo per la Porta Santa. I battenti furono realizzati dallo scultore Vico Consorti e oerti dal vescovo di Basilea – Lugano, Mons. Franziskus von Streng, a testimonianza della gratitudine del popolo svizzero per essere stato risparmiato dagli orrori della guerra, come è ricordato nella dedica incisa sul retro dell’ultimo pannello della Porta: e bellorum ammis / patria feliciter servata / servatori deo /devotus /pio xii pont. max. / populorum pacis sequestro / gratus / franciscus de streng / basileen. ac luganen. episc. / cum delium suorum grege / huius portae sanctae valvas / a. iubilaei max. mi mcml / d. d. Simbolo di Pace e Speranza tra le tempeste della storiaLa Colomba nella Basilica di San Pietro in VaticanoARTESimona Turriziani, Responsabile Archivio Storico Generale Fabbrica di San Pietro

Page 66

64 65(Dalle rovine della guerra essendo felicemente salvata la patria – devoto a Dio Salvatore – grato a Pio XII Pontece Massimo e strenuo opera-tore di pace – Francesco De Streng vescovo di Basilea e Lugano – insie-me al suo gregge di fedeli – questi battenti della Porta Santa nell’anno del giubileo massimo del 1950 – diede in dono).Così Papa Pio XII (Pacelli, 1939-1958) volle commemorare i tristi tempi del secondo conitto mondia-le, i donatori dei preziosi battenti, ma anche dare il via all’Anno Giubi-lare del 1950, che intitolò “L’anno del grande ritorno e del grande perdono”, dopo le immani devasta-zioni della guerra da poco terminata. Questo invito alla Pace, fatto allora da Papa Pacelli, è purtroppo ancora oggi importantissimo per i tristi tem-pi che stiamo vivendo. In questi ulti-mi anni infatti Papa Francesco ogni giorno prega per la pace nel mondo, anché terminino i diversi conitti che aiggono l’umanità intera. «La pace è artigianale»E proprio il primo giorno del nuovo anno 2025, il mercoledì 1° gennaio prima della preghiera dell’Angelus, il Santo Padre ha pronunciato queste parole: «Quanto è bella la pace, e quanto è disumana la guerra,che spezza il cuore delle mamme!». Ma qualche mese prima, il 15 maggio 2024, durante la Sua visita pastorale alla città di Verona aveva già invitato tutti a riettere sul signicato della parola “Pace”: «La pace è artigianale. Non la costruiscono solo i potenti con le loro scelte e i loro trattati internazionali, che restano scelte politiche quanto mai importanti e urgenti. La pace la costruiamo anche noi, nelle nostre case, in famiglia, tra vicini di casa, nei luoghi dove lavoriamo, nei quartieri dove abitiamo. La costruiamo aiutando un migrante per strada, visitando un anziano solo, rispet-tando la Terra maltrat-tata, accogliendo ogni nascituro».Un mes-saggio questo davvero sorprendente, che invita ogni uomo a cercare e a portare la pace, ovvero quella tranquillità e serenità spirituale tanto importanti per ognu-no di noi. E a questo cammino verso la pace ci invita proprio la Basilica di San Pietro in Vaticano, dove ogni ragurazione, ogni mo-numento, ogni mosaico ci animano verso questo sentimento. Ad iniziare infatti dalla Porta Santa, come appena raccontato, se continuiamo a camminare lungo tutta la navata centrale della Basilica possiamo ben vedere che alla base e alla sommità dei grandi pilastri ivi presenti vi sono piccole Colombe della Pace, che portano nel becco un ramoscello d’ulivo. La storia della realizzazione di queste colombe parte nel lontano luglio del 1647, proprio durante il ponticato di Innocenzo X, quando l’Economo e Segretario della Fabbri-ca di San Pietro, Andrea Ghetti, fece realizzare dallo scultore Nicolò Sale il modello in grande della Colomba della Pace con le ali chiuse che tiene nel becco un ramoscello d’ulivo, in modo da eseguirne poi altre copie da sistemare alle basi dei grandi pilastri che sostengono la navata centrale della Basilica Vaticana. Le colombe di Innocenzo XD’altronde il Pontece aveva voluto inserire l’immagine della colomba della pace con il ramoscello d’ulivo anche nel suo stesso stemma, ma nella Basilica lo aveva voluto far rea-lizzare per indicare ai vari pellegrini che ivi si recavano il valore della vera Pace nella vita. In particolare già nell’antico testamentoe in altre culture antiche la colomba compare con una pluralità di sfumaturesim-boliche. In genere lacolomba, animale dalla natura dolce e mite e spesso con un piumaggio bianco, evoca mitezza, innocenza epurezza e spesso ha la funzione di messag-gero. Infatti nellaGenesi(8, 11[1]) è una colomba a portare aNoèil rametto d’ulivo, mostrandogli così la ne delDiluvio universalee l’inizio di una nuova era di pace tra Dio e gli uomini. L’im-magine della colomba con unramo d’ulivoin bocca è diventata dun-que nel tempo il sim-bolo della pace, quel simbolo che troviamo ripetuto diverse volte nella Basilica Vaticana. Se proseguiamo infatti il nostro cammino all’interno di essa arri-viamo nel luogo della Confessione di San Pietro, sotto la grande cupola di Michelangelo che s’inarca possente e grandiosa sulla tomba apostolica. Ed è lì, nel cuore della Basilica, meta da sempre di continui pellegri-naggi, che ritroviamo la Colomba della Pace con il ramoscello d’ulivo nel becco. La vediamo sul piano in bronzo dorato della“Nicchia dei Palli”,realizzato da papa Innocenzo X Pamphili. Un bassorilievo volu-tamente rivolto verso il privilegiato e devoto fedele che poteva ingi-nocchiarsi davanti a quella nicchia corrispondente alla prima edicola funeraria eretta sull’umile sepoltura del Pescatore di Galilea cent’anni dopo la sua morte (il cosiddetto “Trofeo” ricordato dal presbitero Gaio). Quel piano di croce ornato, reca ancora uno sportellino corri-spondente all’antica “cataracta”, che immetteva alla sepoltura apostoli-ca, un pozzetto tutt’ora esistente, dove venivano calati lacerti di stoa (“brandea”) per ottenere reliquie ARTESotto la grande cupola di Michelangelo si trova la Colomba della Pace con un ramoscello d’ulivo, che invita alla riflessione in tempi difcili e tormentati‘‘

Page 67

64 65(Dalle rovine della guerra essendo felicemente salvata la patria – devoto a Dio Salvatore – grato a Pio XII Pontece Massimo e strenuo opera-tore di pace – Francesco De Streng vescovo di Basilea e Lugano – insie-me al suo gregge di fedeli – questi battenti della Porta Santa nell’anno del giubileo massimo del 1950 – diede in dono).Così Papa Pio XII (Pacelli, 1939-1958) volle commemorare i tristi tempi del secondo conitto mondia-le, i donatori dei preziosi battenti, ma anche dare il via all’Anno Giubi-lare del 1950, che intitolò “L’anno del grande ritorno e del grande perdono”, dopo le immani devasta-zioni della guerra da poco terminata. Questo invito alla Pace, fatto allora da Papa Pacelli, è purtroppo ancora oggi importantissimo per i tristi tem-pi che stiamo vivendo. In questi ulti-mi anni infatti Papa Francesco ogni giorno prega per la pace nel mondo, anché terminino i diversi conitti che aiggono l’umanità intera. «La pace è artigianale»E proprio il primo giorno del nuovo anno 2025, il mercoledì 1° gennaio prima della preghiera dell’Angelus, il Santo Padre ha pronunciato queste parole: «Quanto è bella la pace, e quanto è disumana la guerra,che spezza il cuore delle mamme!». Ma qualche mese prima, il 15 maggio 2024, durante la Sua visita pastorale alla città di Verona aveva già invitato tutti a riettere sul signicato della parola “Pace”: «La pace è artigianale. Non la costruiscono solo i potenti con le loro scelte e i loro trattati internazionali, che restano scelte politiche quanto mai importanti e urgenti. La pace la costruiamo anche noi, nelle nostre case, in famiglia, tra vicini di casa, nei luoghi dove lavoriamo, nei quartieri dove abitiamo. La costruiamo aiutando un migrante per strada, visitando un anziano solo, rispet-tando la Terra maltrat-tata, accogliendo ogni nascituro».Un mes-saggio questo davvero sorprendente, che invita ogni uomo a cercare e a portare la pace, ovvero quella tranquillità e serenità spirituale tanto importanti per ognu-no di noi. E a questo cammino verso la pace ci invita proprio la Basilica di San Pietro in Vaticano, dove ogni ragurazione, ogni mo-numento, ogni mosaico ci animano verso questo sentimento. Ad iniziare infatti dalla Porta Santa, come appena raccontato, se continuiamo a camminare lungo tutta la navata centrale della Basilica possiamo ben vedere che alla base e alla sommità dei grandi pilastri ivi presenti vi sono piccole Colombe della Pace, che portano nel becco un ramoscello d’ulivo. La storia della realizzazione di queste colombe parte nel lontano luglio del 1647, proprio durante il ponticato di Innocenzo X, quando l’Economo e Segretario della Fabbri-ca di San Pietro, Andrea Ghetti, fece realizzare dallo scultore Nicolò Sale il modello in grande della Colomba della Pace con le ali chiuse che tiene nel becco un ramoscello d’ulivo, in modo da eseguirne poi altre copie da sistemare alle basi dei grandi pilastri che sostengono la navata centrale della Basilica Vaticana. Le colombe di Innocenzo XD’altronde il Pontece aveva voluto inserire l’immagine della colomba della pace con il ramoscello d’ulivo anche nel suo stesso stemma, ma nella Basilica lo aveva voluto far rea-lizzare per indicare ai vari pellegrini che ivi si recavano il valore della vera Pace nella vita. In particolare già nell’antico testamentoe in altre culture antiche la colomba compare con una pluralità di sfumaturesim-boliche. In genere lacolomba, animale dalla natura dolce e mite e spesso con un piumaggio bianco, evoca mitezza, innocenza epurezza e spesso ha la funzione di messag-gero. Infatti nellaGenesi(8, 11[1]) è una colomba a portare aNoèil rametto d’ulivo, mostrandogli così la ne delDiluvio universalee l’inizio di una nuova era di pace tra Dio e gli uomini. L’im-magine della colomba con unramo d’ulivoin bocca è diventata dun-que nel tempo il sim-bolo della pace, quel simbolo che troviamo ripetuto diverse volte nella Basilica Vaticana. Se proseguiamo infatti il nostro cammino all’interno di essa arri-viamo nel luogo della Confessione di San Pietro, sotto la grande cupola di Michelangelo che s’inarca possente e grandiosa sulla tomba apostolica. Ed è lì, nel cuore della Basilica, meta da sempre di continui pellegri-naggi, che ritroviamo la Colomba della Pace con il ramoscello d’ulivo nel becco. La vediamo sul piano in bronzo dorato della“Nicchia dei Palli”,realizzato da papa Innocenzo X Pamphili. Un bassorilievo volu-tamente rivolto verso il privilegiato e devoto fedele che poteva ingi-nocchiarsi davanti a quella nicchia corrispondente alla prima edicola funeraria eretta sull’umile sepoltura del Pescatore di Galilea cent’anni dopo la sua morte (il cosiddetto “Trofeo” ricordato dal presbitero Gaio). Quel piano di croce ornato, reca ancora uno sportellino corri-spondente all’antica “cataracta”, che immetteva alla sepoltura apostoli-ca, un pozzetto tutt’ora esistente, dove venivano calati lacerti di stoa (“brandea”) per ottenere reliquie ARTESotto la grande cupola di Michelangelo si trova la Colomba della Pace con un ramoscello d’ulivo, che invita alla riflessione in tempi difcili e tormentati‘‘

Page 68

66“per contatto” del Beato Apostolo Pietro. La presenza di quella co-lomba sulla tomba di Pietro ha una fortissima valenza simbolica. Incon-trare Pietro con la pace nel cuore, desiderosi di divenire portatori di pace sempre e soprattutto nei tempi più tormentati della storia. Nel ricercato linguaggio iconograco della Basilica il simbolo della Pace si ricollega così all’immagine musiva del Cristo tra gli apostoli Pietro e Paolo. La gura di Gesù è unita a sua volta, in uno straordinario trialogo di immagini, con la Co-lomba dello Spirito Santo sul cielo del Baldacchino e con la potente illustrazione in mosaico dell’Eter-no Padre che, dalla sommità della lanterna (a 117 metri da terra) della cupola grande, incombe sulla tom-ba di Pietro, primo papa nella guida della Chiesa. È un’emozione unica, che si prova unicamente lì.Un trialogo di immagini Per concludere un ultimo ricor-do storico. Nell’abside dell’antica Basilica Costantiniana di San Pietro, sotto il ponticato di Papa Inno-cenzo III (1198-1216), del quale gli storici ricordano bene la sua teologia della pace, vi era un antico mosaico ragurante proprio una colomba della pace, ma questa volta con le ali spiegate e senza il ramoscello d’ulivo. Questo piccolo mosaico con la di-struzione dell’antica Basilica Vaticana non andò perso, ma venne conserva-to e sistemato nei primi anni del Sei-cento nelle Grotte Vaticane. Da lì fu spostato qualche anno fa e sistemato nell’Ucio Fotograco della Fab-brica di San Pietro. Ebbene questo mosaico, fra l’agosto e il settembre del 1979, fu fatto copiare e riprodurre in mosaico dai mosaicisti dell’epoca, che vi apportarono una piccola modica aggiungendovi un ramoscello d’ulivo nel becco della colomba. L’opera fu consegnata al Santo Padre San Gio-vanni Paolo II che, dovendosi recare il 2 ottobre del 1979 in visita uciale alla sede dell’ONU a New York, voleva portare un omaggio simbolico alle varie nazioni ivi riunite. L’opera fu molto apprezzata: l’alata colomba, motivo ornamentale ricco di signi-cati, simbolo per eccellenza di pace, vola con le ali aperte in un viaggio instancabile sotto un cielo oscuro carico di tempeste minacciose, nella ricerca ansiosa di un luminoso oriz-zonte, quale sicuro rifugio di pace. La bianca colomba sembra auspicio di quella pace universale che già l’Im-peratore Augusto, nell’anno 13 a.C., celebrò con l’erezione dello storico monumento dell’Ara Pacis Augustae quasi profetizzando quella pace in terra che gli Angeli, nella stessa epo-ca, annunciarono a Betlemme a tutti gli uomini di buona volontà.ARTE

Page 69

66“per contatto” del Beato Apostolo Pietro. La presenza di quella co-lomba sulla tomba di Pietro ha una fortissima valenza simbolica. Incon-trare Pietro con la pace nel cuore, desiderosi di divenire portatori di pace sempre e soprattutto nei tempi più tormentati della storia. Nel ricercato linguaggio iconograco della Basilica il simbolo della Pace si ricollega così all’immagine musiva del Cristo tra gli apostoli Pietro e Paolo. La gura di Gesù è unita a sua volta, in uno straordinario trialogo di immagini, con la Co-lomba dello Spirito Santo sul cielo del Baldacchino e con la potente illustrazione in mosaico dell’Eter-no Padre che, dalla sommità della lanterna (a 117 metri da terra) della cupola grande, incombe sulla tom-ba di Pietro, primo papa nella guida della Chiesa. È un’emozione unica, che si prova unicamente lì.Un trialogo di immagini Per concludere un ultimo ricor-do storico. Nell’abside dell’antica Basilica Costantiniana di San Pietro, sotto il ponticato di Papa Inno-cenzo III (1198-1216), del quale gli storici ricordano bene la sua teologia della pace, vi era un antico mosaico ragurante proprio una colomba della pace, ma questa volta con le ali spiegate e senza il ramoscello d’ulivo. Questo piccolo mosaico con la di-struzione dell’antica Basilica Vaticana non andò perso, ma venne conserva-to e sistemato nei primi anni del Sei-cento nelle Grotte Vaticane. Da lì fu spostato qualche anno fa e sistemato nell’Ucio Fotograco della Fab-brica di San Pietro. Ebbene questo mosaico, fra l’agosto e il settembre del 1979, fu fatto copiare e riprodurre in mosaico dai mosaicisti dell’epoca, che vi apportarono una piccola modica aggiungendovi un ramoscello d’ulivo nel becco della colomba. L’opera fu consegnata al Santo Padre San Gio-vanni Paolo II che, dovendosi recare il 2 ottobre del 1979 in visita uciale alla sede dell’ONU a New York, voleva portare un omaggio simbolico alle varie nazioni ivi riunite. L’opera fu molto apprezzata: l’alata colomba, motivo ornamentale ricco di signi-cati, simbolo per eccellenza di pace, vola con le ali aperte in un viaggio instancabile sotto un cielo oscuro carico di tempeste minacciose, nella ricerca ansiosa di un luminoso oriz-zonte, quale sicuro rifugio di pace. La bianca colomba sembra auspicio di quella pace universale che già l’Im-peratore Augusto, nell’anno 13 a.C., celebrò con l’erezione dello storico monumento dell’Ara Pacis Augustae quasi profetizzando quella pace in terra che gli Angeli, nella stessa epo-ca, annunciarono a Betlemme a tutti gli uomini di buona volontà.ARTE

Page 70

68 69Con gli ultimi degli ulti-mi. Per la prima volta, in un Giubileo ordi-nario, la Porta Santa è aperta in un carcere, il peniten-ziario romano di Rebibbia. Uno dei segni forti di questo Anno di Grazia: quella Porta spalancata è la conferma dell’amore di Dio che si incarna nei luoghi più periferici e abbandonati dalle nostre co-scienze. I detenuti rappresentano il segno di contraddizione di una comunità. Esistono per ricordarci le nostre fragilità, i nostri peccati, il nostro vuoto spirituale, la nostra indierenza, la nostra ostinazio-ne nel continuare a negare che esistono nuove possibilità di vita e di riscatto. Il rischio è che viviamo, amiamo, ci impegniamo anche per gli altri, ma come se i detenuti non ci fossero. Eppure la giustizia non è alternativa alla misericordia. La giustizia si estende e si appro-fondisce nella misericordia. E’ la testimonianza di Francesco che, sulla base del Vangelo, ci ricorda che non esistono dierenze nella fraternità, tra dentro e fuori. Sia-mo un’unica famiglia: «Ho voluto che la seconda Porta Santa fosse qui in un carcere. Ho voluto che ognuno di noi tutti che siamo qui, dentro e fuori, avessimo la possibi-lità anche di spalancare le porte del cuore e capire che la speranza non delude».«Sempre c’è qualcosa di buono, sempre c’è qualcosa da fare avan-ti», questa è la Speranza, che è concreta, incarnata. Le parole, la ducia del Papa, ci esortano a vivere la Speranza come l’incontro con una persona. Ritornare a fare il papà Recentemente, in un altro carcere romano, quello di “Regina Coeli”, c’è stata una bellissima iniziativa, piena di speranza. Sono stati pre-miati i detenuti della terza edizione di un concorso letterario per poe-sie e racconti brevi, promosso dal magistrato di sorveglianza Alessan-dro Giordano. Ecco il testo che ha avuto il massimo riconoscimento: la lettera dal carcere di un giovane che vuole tornare a fare il padre e scrive così al suo primo glio:Ciao primo,ormai ci sentiamo solo il lunedì, dieci miseri minuti, che devo centel-linare, dividere equamente tra voi tre. Patrizio è piccolo, per lui cambia poco se parla un minuto o dieci: mi saluta, dice due o tre cose e poi scappa via, impaziente di tornare a giocare. Con Alessandra, invece, dobbiamo stare più attenti, perché mette il muso, se ha meno spazio di te.E pensare che no a due anni fa il tempo era nostro, stavamo tutto il giorno insieme, senza limiti. Qui mi manca tanto stare con te, parlare di calcio, giocare alla Play, a scacchi e, perché no, anche fare i compiti, aiutarti, ascoltarti. Il mio pensiero va costantemente alla nostra quotidianità: gli abbracci, le coccole, le corse a Rainbow, i panini del Mc, le feste a casa di Abu – è così che chiamiamo la nonna -, i calci al pallone….Sto provando in tutti i modi a farvi sentire il meno possibile la mia assenza, anche se è veramente dura con tutte le restrizioni, che ho. Non voglio farvi venire qui, non è un posto adatto ai bambini, non è il no-stro parchetto con l’altalena. Per ora l’unico spazio nostro sono le lettere, che ci scriviamo, i disegni, che mi mandate, e quei dieci minuti al te-lefono, che volano via in un attimo.Qualche giorno fa qui ci hanno proposto di riettere sulle scelte, che dobbiamo fare, quando siamo ad un bivio. Succede spesso e la stra-da, che prendiamo, denisce chi siamo. Forse non è giusto, ma ciò che accade in pochi giorni, a volte in un solo giorno o addirittura in un attimo, può cambiare un’inte-ra vita. Da quel momento niente sarà più come prima. Quindi, caro Damiano, primo glio mio, ogni volta che ti troverai ad un bivio, e, dati di papà, ce ne saranno tanti, pensa al mio consiglio, fermati e rietti bene sulla via che intendi prendere. Chiedi aiuto a chi ti vuole bene, a chi sentirai vicino e soltanto dopo scegli l’alternativa giusta. Di solito è quella che non fa del male a nessuno, quella che ti rende una persona migliore, è la scelta, che sarà apprezzata anche dagli altri. Atten-to, però, non dovrai scegliere solo per compiacere gli altri, perché sarai tu l’unico responsabile di ciò che farai ad ogni bivio.Il tuo papà due anni fa ha preso una strada sbagliata, che lo ha allontanato da te, da Ale e Patri.Sappi, comunque, che il mio cuore ed i miei pensieri sono costantemen-te rivolti a voi e con lo sguardo cerco attraverso le sbarre il prossimo bivio, che mi riporterà da voi.Ora tu stai diventando grande, anche se io non ti tengo per mano; ogni esperienza, ogni caduta ti servirà, per capire che non c’è solo il mondo dei balocchi. Tu, però, anche se il percorso è in salita, conserva sempre il bambi-no, che hai dentro. Sei uno splendido fratello maggiore, il migliore che potessi desiderare per Ale e Patri. Ricordati sempre che ti amo immen-samente, anzi, come dice il nostro Avengers preferito, “ti amo 3000”.Il tuo papàDALLE PERIFERIE DEL MONDOIl sogno di un giovane detenutoLa Porta Santa di Rebibbia: il Giubileo tra speranza e redenzionePiero Damosso, giornalistaLa testimonianza del Papa, il concorso letterario dei detenuti e la commovente lettera di un padre: storie di umanità che trasformano la fragilità in un cammino di riscatto e fraternità‘‘

Page 71

68 69Con gli ultimi degli ulti-mi. Per la prima volta, in un Giubileo ordi-nario, la Porta Santa è aperta in un carcere, il peniten-ziario romano di Rebibbia. Uno dei segni forti di questo Anno di Grazia: quella Porta spalancata è la conferma dell’amore di Dio che si incarna nei luoghi più periferici e abbandonati dalle nostre co-scienze. I detenuti rappresentano il segno di contraddizione di una comunità. Esistono per ricordarci le nostre fragilità, i nostri peccati, il nostro vuoto spirituale, la nostra indierenza, la nostra ostinazio-ne nel continuare a negare che esistono nuove possibilità di vita e di riscatto. Il rischio è che viviamo, amiamo, ci impegniamo anche per gli altri, ma come se i detenuti non ci fossero. Eppure la giustizia non è alternativa alla misericordia. La giustizia si estende e si appro-fondisce nella misericordia. E’ la testimonianza di Francesco che, sulla base del Vangelo, ci ricorda che non esistono dierenze nella fraternità, tra dentro e fuori. Sia-mo un’unica famiglia: «Ho voluto che la seconda Porta Santa fosse qui in un carcere. Ho voluto che ognuno di noi tutti che siamo qui, dentro e fuori, avessimo la possibi-lità anche di spalancare le porte del cuore e capire che la speranza non delude».«Sempre c’è qualcosa di buono, sempre c’è qualcosa da fare avan-ti», questa è la Speranza, che è concreta, incarnata. Le parole, la ducia del Papa, ci esortano a vivere la Speranza come l’incontro con una persona. Ritornare a fare il papà Recentemente, in un altro carcere romano, quello di “Regina Coeli”, c’è stata una bellissima iniziativa, piena di speranza. Sono stati pre-miati i detenuti della terza edizione di un concorso letterario per poe-sie e racconti brevi, promosso dal magistrato di sorveglianza Alessan-dro Giordano. Ecco il testo che ha avuto il massimo riconoscimento: la lettera dal carcere di un giovane che vuole tornare a fare il padre e scrive così al suo primo glio:Ciao primo,ormai ci sentiamo solo il lunedì, dieci miseri minuti, che devo centel-linare, dividere equamente tra voi tre. Patrizio è piccolo, per lui cambia poco se parla un minuto o dieci: mi saluta, dice due o tre cose e poi scappa via, impaziente di tornare a giocare. Con Alessandra, invece, dobbiamo stare più attenti, perché mette il muso, se ha meno spazio di te.E pensare che no a due anni fa il tempo era nostro, stavamo tutto il giorno insieme, senza limiti. Qui mi manca tanto stare con te, parlare di calcio, giocare alla Play, a scacchi e, perché no, anche fare i compiti, aiutarti, ascoltarti. Il mio pensiero va costantemente alla nostra quotidianità: gli abbracci, le coccole, le corse a Rainbow, i panini del Mc, le feste a casa di Abu – è così che chiamiamo la nonna -, i calci al pallone….Sto provando in tutti i modi a farvi sentire il meno possibile la mia assenza, anche se è veramente dura con tutte le restrizioni, che ho. Non voglio farvi venire qui, non è un posto adatto ai bambini, non è il no-stro parchetto con l’altalena. Per ora l’unico spazio nostro sono le lettere, che ci scriviamo, i disegni, che mi mandate, e quei dieci minuti al te-lefono, che volano via in un attimo.Qualche giorno fa qui ci hanno proposto di riettere sulle scelte, che dobbiamo fare, quando siamo ad un bivio. Succede spesso e la stra-da, che prendiamo, denisce chi siamo. Forse non è giusto, ma ciò che accade in pochi giorni, a volte in un solo giorno o addirittura in un attimo, può cambiare un’inte-ra vita. Da quel momento niente sarà più come prima. Quindi, caro Damiano, primo glio mio, ogni volta che ti troverai ad un bivio, e, dati di papà, ce ne saranno tanti, pensa al mio consiglio, fermati e rietti bene sulla via che intendi prendere. Chiedi aiuto a chi ti vuole bene, a chi sentirai vicino e soltanto dopo scegli l’alternativa giusta. Di solito è quella che non fa del male a nessuno, quella che ti rende una persona migliore, è la scelta, che sarà apprezzata anche dagli altri. Atten-to, però, non dovrai scegliere solo per compiacere gli altri, perché sarai tu l’unico responsabile di ciò che farai ad ogni bivio.Il tuo papà due anni fa ha preso una strada sbagliata, che lo ha allontanato da te, da Ale e Patri.Sappi, comunque, che il mio cuore ed i miei pensieri sono costantemen-te rivolti a voi e con lo sguardo cerco attraverso le sbarre il prossimo bivio, che mi riporterà da voi.Ora tu stai diventando grande, anche se io non ti tengo per mano; ogni esperienza, ogni caduta ti servirà, per capire che non c’è solo il mondo dei balocchi. Tu, però, anche se il percorso è in salita, conserva sempre il bambi-no, che hai dentro. Sei uno splendido fratello maggiore, il migliore che potessi desiderare per Ale e Patri. Ricordati sempre che ti amo immen-samente, anzi, come dice il nostro Avengers preferito, “ti amo 3000”.Il tuo papàDALLE PERIFERIE DEL MONDOIl sogno di un giovane detenutoLa Porta Santa di Rebibbia: il Giubileo tra speranza e redenzionePiero Damosso, giornalistaLa testimonianza del Papa, il concorso letterario dei detenuti e la commovente lettera di un padre: storie di umanità che trasformano la fragilità in un cammino di riscatto e fraternità‘‘

Page 72

70 71Domenica 5 gennaio 2025Giovanni 1,1-5.9-14In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta. Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto. A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare gli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbia-mo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità.Domenica 19 gennaio 2025Giovanni 2,1-11In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle noz-ze anche Gesù con i suoi discepoli. Ve-nuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela». Vi erano là sei anfore di pietra per la puricazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono no all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono. Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono nora». Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.Domenica 26 gennaio 2025 – Domenica della Parola di DioLuca 1,1-4; 4,14-21Poiché molti hanno cercato di raccon-tare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi, come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari n da principio e di-vennero ministri della Parola, così an-ch’io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, n dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato per te, illustre Teòlo, in modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto. In quel tempo, Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diuse in tutta la regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode. Venne a Nàzaret, dove era cre-sciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a procla-mare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore». Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e se-dette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano ssi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato». IL VANGELO DEL MESEGennaioIl commento dell’arcivescovo Cesare Pagazzi, Segretario della sezione per l’educazione del Dicastero per la cultura e l’educazioneDomenica 12 gennaio 2025 – Battesimo del SignoreLuca 3,15-16.21-22In quel tempo, poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei san-dali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco». Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».“Lo Spirito del Signore è su di me”. Questo proclama Cristo nella sinagoga di Nazaret. Terminata la lettura, il Signore aerma che l’antica profezia di Isaia oggi si è compiuta, in lui. Cioè, nalmente lo Spirito ha trovato un cuore di carne dove abi-tare. Infatti, un altro profeta, Ezechiele, aermava che “lo Spirito nuovo” desidera abitare un “cuore nuovo”, cioè un “cuore di carne” (Ez 36,26). Lo Spirito si sente a casa nel cuore di Cristo, perché è di carne. La carne è il nome che la Bibbia dà ai legami che uniscono il corpo alla terra. La carne è la parentela stretta tra il corpo e il mondo; sono due gemelli, non possono vivere da estranei. Nessuno è stato carne come Cristo. Nessuno, infatti, ha guardato, toccato, ascoltato, gustato, odorato, parlato come lui. Nessuno ha abitato il mondo come lui, sentendosi a casa, sempre, dovunque. Cristo è stato il primo cuore di carne. L’apripista dei cuori che vogliono diventare di carne. A noi è dato il medesimo Spirito Santo di Cristo. Non diverso, non in misura inferiore, poiché egli dona “senza misura” lo Spirito di cui è pieno (Gv 3,34). Perché allora siamo così impotenti? Forse la fede non è ancora riuscita a mettere nel nostro petto un cuore di carne?È più facile partecipare ad un funerale, o a un matrimonio? Esporsi al lutto è doloroso, lascia una traccia. Ricorda quanto vogliamo dimenticare: la nostra morte. Tuttavia, è proprio questa sorte comune a commuoverci e a creare calore e vicinanza. In una festa di nozze la gioia della nuova coppia brilla e si moltiplica su tutti i presenti. L’allegria rimbalza sui volti, sul buon cibo, sui bei vestiti. Eppure, non è così xscontato accettare un invito a nozze. Spesso il Signore ne parla nelle parabole. Infatti, la felicità degli sposini può trasformarsi in sale su ferite aperte, che inammano l’anima di invidia e risentimento, o di rassegnazione e tristezza. Sia un funerale sia un matrimonio toccano sul vivo. A volte suscitano sentimenti opposti come la condivisione o la repulsione. Il Signore prende parte sia a funerali sia a matrimoni. Ci va con tutto se stesso, con tutta la sua anima e il suo corpo. Con tutta la nostra splendida e fragile umanità, con tutta la sua maestosa, divina potenza. Entra nel corteo funebre dell’unico glio di una vedova; va a far visita a una bambina morta. Ma accoglie pure l’invito alle nozze di Cana. Gode la festa e fa quanto può (e quanto può!) anché la gioia continui. Essere discepoli di Cristo, signica anche vivere appieno entrambi gli eventi e gli aetti che accendono. Sentirsi a proprio agio solo in uno di essi segnala che dobbiamo allungare il passo sulla via della fede, che Cristo ha aperto e portato a compimento.“In principio era il Verbo” (Gv1,1). In principio era la Parola, il Figlio di Dio. Una parola ci aspettiamo da Dio. Una parola d’incoraggiamento, consolazione e perdono. Dio manda a noi la sua Parola, però è un bambino appena nato e quindi non sa parlare. Tuttavia, non è vero che i neonati non parlino. Parlano a loro modo: grida, risate, pianti e ripetute modulazioni di suoni incomprensibili. Una delle scene più belle e più bue è quella della mamma e del papà che parlano col proprio bambino appena nato. L’aetto per lui li spinge a svestirsi della propria lingua per assumere quella del bimbo. Per un estraneo la cosa è senza senso e ridicola, ma per i genitori non è così, poiché essi comprendono il piccolo. Se la mamma e il papà gli imponessero la loro lingua, non riuscirebbero ad intendersi, costringendosi ad una vicendevole sordità e al mutismo. Spesso anche gli adulti sembrano parlare linguaggi strampalati. Eppure, se riuscissimo a legarci a loro, rinunciando al nostro modo di parlare e pensare, perno la loro lingua risulterebbe piena di buon senso. Dio viene a noi come un bambino. Ci parla con un linguaggio a prima vista insensato, perno ridicolo. Se gli imponessimo la nostra parlata, dove tutti i conti tornano, non lo capiremo mai, privandoci della felicità che solo un bambino sa dare. Il Verbo fatto carne ci lancia una sda: “Come puoi capire la lingua del Dio Bambino che non vedi, se non vuoi intendere la strana lingua di tuo fratello che vedi?”. Cristo è battezzato nel Giordano il cui nome signica «Colui che scende». Infatti, il ume nasce a un’altitudine di 2700 metri e scorre no cadere nel lago di Tiberiade, a quasi 250 metri sotto del livello del mare. Uscito dal lago s’insinua in una spaccatura della crosta terrestre, per sfociare nel Mar Morto, a 400 metri sotto il livello del mare, il punto più basso della supercie del pianeta. Il corso del Giordano è un precipizio di oltre tremila metri. Il Signore s’immerge nell’acqua di “Colui che scende” e risale ancora tutto bagnato dall’acqua di «Colui che scen-de». Questa immagine è la forma di tutte le ascensioni di Cristo – compresa quel-la gloriosa al Cielo – e di quelle richieste ai suoi discepoli. Quando Cristo sale non volta le spalle a quanto è in basso, poiché la sua ascesa ne conserva il sapore. La sua salita non è l’eroismo che scongge la forza di gravità, guardandola con disprezzo. Semmai, egli sale dando forma alla forza di gravità che attira verso il basso. Non la nega, non vi soccombe, ma ad essa si allea, scorgendovi una opportunità. Infatti, la gravità è la medesima potenza che fa cadere e che tiene in piedi, permettendo l’equilibrio della posizione eretta. Chi nega la gravità o, presuntuoso, la provoca, prima o poi cade, Chi ne rimane succube, non si rialza, Chi accoglie le sue possi-bilità, rispetta le sue resistenze ed è abile a trasformare i suoi blocchi in “blocchi di partenza” si mette in piedi, cammina e sale, al seguito di Cristo.

Page 73

70 71Domenica 5 gennaio 2025Giovanni 1,1-5.9-14In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta. Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto. A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare gli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbia-mo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità.Domenica 19 gennaio 2025Giovanni 2,1-11In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle noz-ze anche Gesù con i suoi discepoli. Ve-nuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela». Vi erano là sei anfore di pietra per la puricazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono no all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono. Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono nora». Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.Domenica 26 gennaio 2025 – Domenica della Parola di DioLuca 1,1-4; 4,14-21Poiché molti hanno cercato di raccon-tare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi, come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari n da principio e di-vennero ministri della Parola, così an-ch’io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, n dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato per te, illustre Teòlo, in modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto. In quel tempo, Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diuse in tutta la regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode. Venne a Nàzaret, dove era cre-sciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a procla-mare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore». Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e se-dette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano ssi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato». IL VANGELO DEL MESEGennaioIl commento dell’arcivescovo Cesare Pagazzi, Segretario della sezione per l’educazione del Dicastero per la cultura e l’educazioneDomenica 12 gennaio 2025 – Battesimo del SignoreLuca 3,15-16.21-22In quel tempo, poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei san-dali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco». Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».“Lo Spirito del Signore è su di me”. Questo proclama Cristo nella sinagoga di Nazaret. Terminata la lettura, il Signore aerma che l’antica profezia di Isaia oggi si è compiuta, in lui. Cioè, nalmente lo Spirito ha trovato un cuore di carne dove abi-tare. Infatti, un altro profeta, Ezechiele, aermava che “lo Spirito nuovo” desidera abitare un “cuore nuovo”, cioè un “cuore di carne” (Ez 36,26). Lo Spirito si sente a casa nel cuore di Cristo, perché è di carne. La carne è il nome che la Bibbia dà ai legami che uniscono il corpo alla terra. La carne è la parentela stretta tra il corpo e il mondo; sono due gemelli, non possono vivere da estranei. Nessuno è stato carne come Cristo. Nessuno, infatti, ha guardato, toccato, ascoltato, gustato, odorato, parlato come lui. Nessuno ha abitato il mondo come lui, sentendosi a casa, sempre, dovunque. Cristo è stato il primo cuore di carne. L’apripista dei cuori che vogliono diventare di carne. A noi è dato il medesimo Spirito Santo di Cristo. Non diverso, non in misura inferiore, poiché egli dona “senza misura” lo Spirito di cui è pieno (Gv 3,34). Perché allora siamo così impotenti? Forse la fede non è ancora riuscita a mettere nel nostro petto un cuore di carne?È più facile partecipare ad un funerale, o a un matrimonio? Esporsi al lutto è doloroso, lascia una traccia. Ricorda quanto vogliamo dimenticare: la nostra morte. Tuttavia, è proprio questa sorte comune a commuoverci e a creare calore e vicinanza. In una festa di nozze la gioia della nuova coppia brilla e si moltiplica su tutti i presenti. L’allegria rimbalza sui volti, sul buon cibo, sui bei vestiti. Eppure, non è così xscontato accettare un invito a nozze. Spesso il Signore ne parla nelle parabole. Infatti, la felicità degli sposini può trasformarsi in sale su ferite aperte, che inammano l’anima di invidia e risentimento, o di rassegnazione e tristezza. Sia un funerale sia un matrimonio toccano sul vivo. A volte suscitano sentimenti opposti come la condivisione o la repulsione. Il Signore prende parte sia a funerali sia a matrimoni. Ci va con tutto se stesso, con tutta la sua anima e il suo corpo. Con tutta la nostra splendida e fragile umanità, con tutta la sua maestosa, divina potenza. Entra nel corteo funebre dell’unico glio di una vedova; va a far visita a una bambina morta. Ma accoglie pure l’invito alle nozze di Cana. Gode la festa e fa quanto può (e quanto può!) anché la gioia continui. Essere discepoli di Cristo, signica anche vivere appieno entrambi gli eventi e gli aetti che accendono. Sentirsi a proprio agio solo in uno di essi segnala che dobbiamo allungare il passo sulla via della fede, che Cristo ha aperto e portato a compimento.“In principio era il Verbo” (Gv1,1). In principio era la Parola, il Figlio di Dio. Una parola ci aspettiamo da Dio. Una parola d’incoraggiamento, consolazione e perdono. Dio manda a noi la sua Parola, però è un bambino appena nato e quindi non sa parlare. Tuttavia, non è vero che i neonati non parlino. Parlano a loro modo: grida, risate, pianti e ripetute modulazioni di suoni incomprensibili. Una delle scene più belle e più bue è quella della mamma e del papà che parlano col proprio bambino appena nato. L’aetto per lui li spinge a svestirsi della propria lingua per assumere quella del bimbo. Per un estraneo la cosa è senza senso e ridicola, ma per i genitori non è così, poiché essi comprendono il piccolo. Se la mamma e il papà gli imponessero la loro lingua, non riuscirebbero ad intendersi, costringendosi ad una vicendevole sordità e al mutismo. Spesso anche gli adulti sembrano parlare linguaggi strampalati. Eppure, se riuscissimo a legarci a loro, rinunciando al nostro modo di parlare e pensare, perno la loro lingua risulterebbe piena di buon senso. Dio viene a noi come un bambino. Ci parla con un linguaggio a prima vista insensato, perno ridicolo. Se gli imponessimo la nostra parlata, dove tutti i conti tornano, non lo capiremo mai, privandoci della felicità che solo un bambino sa dare. Il Verbo fatto carne ci lancia una sda: “Come puoi capire la lingua del Dio Bambino che non vedi, se non vuoi intendere la strana lingua di tuo fratello che vedi?”. Cristo è battezzato nel Giordano il cui nome signica «Colui che scende». Infatti, il ume nasce a un’altitudine di 2700 metri e scorre no cadere nel lago di Tiberiade, a quasi 250 metri sotto del livello del mare. Uscito dal lago s’insinua in una spaccatura della crosta terrestre, per sfociare nel Mar Morto, a 400 metri sotto il livello del mare, il punto più basso della supercie del pianeta. Il corso del Giordano è un precipizio di oltre tremila metri. Il Signore s’immerge nell’acqua di “Colui che scende” e risale ancora tutto bagnato dall’acqua di «Colui che scen-de». Questa immagine è la forma di tutte le ascensioni di Cristo – compresa quel-la gloriosa al Cielo – e di quelle richieste ai suoi discepoli. Quando Cristo sale non volta le spalle a quanto è in basso, poiché la sua ascesa ne conserva il sapore. La sua salita non è l’eroismo che scongge la forza di gravità, guardandola con disprezzo. Semmai, egli sale dando forma alla forza di gravità che attira verso il basso. Non la nega, non vi soccombe, ma ad essa si allea, scorgendovi una opportunità. Infatti, la gravità è la medesima potenza che fa cadere e che tiene in piedi, permettendo l’equilibrio della posizione eretta. Chi nega la gravità o, presuntuoso, la provoca, prima o poi cade, Chi ne rimane succube, non si rialza, Chi accoglie le sue possi-bilità, rispetta le sue resistenze ed è abile a trasformare i suoi blocchi in “blocchi di partenza” si mette in piedi, cammina e sale, al seguito di Cristo.

Page 74

72 73La forza di trasformare il male in bene è al centro della let-tera che un lettore, Giorgio, ha inviato a Papa Francesco. Una storia di soerenza e ingiustizia: un padre incarcerato con accuse di spaccio per portargli via la sua bambi-na. L’uomo ha trovato nella fede e nel perdono la forza per andare avanti, impegnandosi nella difesa dei diritti dei gli di genitori separati. Nella sua risposta, il Santo Padre sottoli-nea l’importanza di mettere il cuore al centro delle relazioni familiari, promuovendo la pace e tutelando i bambini dai conitti degli adulti. Prendendo come spunto questa cor-rispondenza intensa e toccante (pub-blicata a pag. 2 del presente numero), abbiamo chiesto allo psichiatra Paolo Crepet di aiutarci a riettere sull’im-patto che le separazioni conittuali hanno sui gli, sul valore del perdono e sul ruolo delle comunità nel sup-portare le famiglie ferite.Quali sono gli eetti dell’odio, della vendetta e della strumenta-lizzazione dei gli nelle separa-zioni familiari sul loro sviluppo psicologico e quali alternative costruttive si possono adottare per evitare queste dinamiche?Gli eetti possono es-sere molteplici e varia-no in base a diversi fat-tori, come l’età del glio – che si tratti di un bambino o di un adolescente – e le dinamiche familiari speciche. È fondamentale ricordare che le conseguenze psico-logiche non sono sempre immediate o evidenti, come una frattura sica: la psicologia ha i suoi tempi, che per certi versi possono essere “magici”. A volte, un bambino riesce a elaborare il dolore in poco tempo; altre volte, queste ferite rimangono latenti e riemergono più avanti nella vita.Ciò che è certo è che l’odio non ri-solve nulla. Non aiuta a guarire, non porta serenità. Al contrario, peggio-ra la situazione. Quando il rancore diventa così estremo da sfociare in gesti ignobili, come strumentalizzare un glio o compiere atti di vendet-ta, come è stato fatto a Giorgio, il danno non si limita al presente, ma si estende al futuro.Il bambino oggetto del contendere, una volta cresciuto, verrà a scoprire cose terribili sul comportamento di chi lo circondava, come una nonna che ha agito in modo criminale e una madre consenziente, e questo lascerà segni profondi.Il perdono, invece, ore una via diversa. Non signica dimenticare, ma accettare che gli errori fan-no parte della vita. La logica della vendetta – l’occhio per occhio o, peggio, l’occhio per due occhi – è primitiva, non porta da nessuna par-te, se non al degrado. Questo padre di famiglia, per quanto reintegrato, ricordiamoci che ha subito la galera, è una cosa brutta, terribile, ma soprattutto inutile. Fare del male è la cosa più inutile che l’umanità possa fare. Non si tratta di religione o fede, ma di intelligenza e buon senso. Io descriverei questa situa-zione con il titolo ‘L’inutilità del male’. Perché il male, alla ne, è solo una manifestazione dell’assenza di ragione e di senso.Giorgio racconta che ha trasfor-mato il male ricevuto in bene. Un messaggio positivo e pacicante, che purtroppo vediamo sem-pre più raramente nella società odierna. Qual è il suo pensiero al riguardo?Guardi, c’è una sorta di moda contemporanea che trovo profon-damente inquietante: ci “cibiamo” quotidianamente di odio, sia sui social media sia attraverso altri mezzi di comunicazione. Anche la televi-sione ne è complice, con trasmissioni costruite interamente sull’odio. L’intervista diventa un pretesto per far emergere dettagli scabrosi o dolorosi della vita di una persona. Ma perché? Come siamo arrivati a questo punto?Va detto che la responsabilità non è solo di chi produce e dionde questi contenuti, ma anche di chi sceglie di guardarli. La nostra società sembra alimentarsi dello scandalo e del fango. Più uno scandalo è grande, più se ne parla ossessivamente. Basta aprire un giornale: metà delle notizie riguarda-no gossip o denunce contro qualcu-no, un incessante scavare nelle vite private di persone più o meno note. Ma perché non possiamo semplice-mente dire: ‘Chi se ne importa’?Non c’è più pietà. Questa rincorsa all’odio, al giudizio, e alla rievoca-zione di episodi di anni, persino decenni, fa male a tutti. Tutto per cosa? Per conquistare quei famosi ‘15 minuti di celebrità’, come diceva Andy Warhol. È una spirale pericolosa e disumanizzante.FOCUSL’inutilità del male: un viaggio verso la riconciliazioneParliamo con Paolo Crepet di perdono e relazioni familiariFrancesco Bastianini, giornalistaAlla luce della crescente inuenza dei social media, spesso utilizzati come spazio per esprimere odio e oese, crede che una storia tragica come quella di Giorgio possa diventare uno strumento per sensibilizzare e promuovere un cambiamento culturale? Lo spero, ma è necessario porre ne a questa dinamica. Dobbiamo arontare seriamente il discorso: i social media, come molti hanno già sottolineato, sono spesso una cloaca. Certo, esiste anche un utilizzo posi-tivo, ma è un’altra cosa, e su questo dobbiamo prendere una posizione chiara. I social sembrano essere diventati uno spazio quasi extra-giu-diziario, dove chiunque può dire ciò che vuole senza conseguenze, salvo poi giusticarsi con un semplice “non è vero”, “scusami”, o “pensavo che”. È un sistema terribile.Purtroppo, è così che funzionano: se pubblichi contenuti elevati, come una poesia di Carducci, non ti segue nessuno. Ma se insulti, diami o entri nel dibattito pola-rizzante su temi come i vaccini, improvvisa-mente ottieni attenzione. Durante la pandemia abbiamo assistito a una sorta di liberazione dell’umanità verso l’oesa, una dinamica che permette a chiunque di insultare liberamente chiunque altro.È una realtà terricante. Non dico che la giustizia non possa interveni-re, ma ha i suoi tempi, e intanto il danno è fatto. Quando si agisce come un vendicatore solitario, alla Charles Bronson dei nostri tempi, si crea un danno irreparabile.Credo che sia fondamentale lanciare un messaggio forte dalle pagine della vostra Rivista: basta con l’odio. L’odio appartiene agli stupidi; solo i cretini odiano. Le persone intelligenti no. Scrive-telo chiaramente e vediamo se qualcuno lo capiscePapa Francesco parla del ruolo delle comunità nell’ac-compagnare le famiglie che arontano ferite profonde, come una separazione o un divorzio. Dal suo punto di vista di psicologo, quale potrebbe essere il ruolo delle comunità nell’accompagnare queste famiglie?Purtroppo, oggi la comunità è molto I social sembrano essere diventati uno spazio quasi extra-giudiziario, dove chiunque può dire ciò che vuole senza conseguenze, salvo poi giusticarsi‘‘

Page 75

72 73La forza di trasformare il male in bene è al centro della let-tera che un lettore, Giorgio, ha inviato a Papa Francesco. Una storia di soerenza e ingiustizia: un padre incarcerato con accuse di spaccio per portargli via la sua bambi-na. L’uomo ha trovato nella fede e nel perdono la forza per andare avanti, impegnandosi nella difesa dei diritti dei gli di genitori separati. Nella sua risposta, il Santo Padre sottoli-nea l’importanza di mettere il cuore al centro delle relazioni familiari, promuovendo la pace e tutelando i bambini dai conitti degli adulti. Prendendo come spunto questa cor-rispondenza intensa e toccante (pub-blicata a pag. 2 del presente numero), abbiamo chiesto allo psichiatra Paolo Crepet di aiutarci a riettere sull’im-patto che le separazioni conittuali hanno sui gli, sul valore del perdono e sul ruolo delle comunità nel sup-portare le famiglie ferite.Quali sono gli eetti dell’odio, della vendetta e della strumenta-lizzazione dei gli nelle separa-zioni familiari sul loro sviluppo psicologico e quali alternative costruttive si possono adottare per evitare queste dinamiche?Gli eetti possono es-sere molteplici e varia-no in base a diversi fat-tori, come l’età del glio – che si tratti di un bambino o di un adolescente – e le dinamiche familiari speciche. È fondamentale ricordare che le conseguenze psico-logiche non sono sempre immediate o evidenti, come una frattura sica: la psicologia ha i suoi tempi, che per certi versi possono essere “magici”. A volte, un bambino riesce a elaborare il dolore in poco tempo; altre volte, queste ferite rimangono latenti e riemergono più avanti nella vita.Ciò che è certo è che l’odio non ri-solve nulla. Non aiuta a guarire, non porta serenità. Al contrario, peggio-ra la situazione. Quando il rancore diventa così estremo da sfociare in gesti ignobili, come strumentalizzare un glio o compiere atti di vendet-ta, come è stato fatto a Giorgio, il danno non si limita al presente, ma si estende al futuro.Il bambino oggetto del contendere, una volta cresciuto, verrà a scoprire cose terribili sul comportamento di chi lo circondava, come una nonna che ha agito in modo criminale e una madre consenziente, e questo lascerà segni profondi.Il perdono, invece, ore una via diversa. Non signica dimenticare, ma accettare che gli errori fan-no parte della vita. La logica della vendetta – l’occhio per occhio o, peggio, l’occhio per due occhi – è primitiva, non porta da nessuna par-te, se non al degrado. Questo padre di famiglia, per quanto reintegrato, ricordiamoci che ha subito la galera, è una cosa brutta, terribile, ma soprattutto inutile. Fare del male è la cosa più inutile che l’umanità possa fare. Non si tratta di religione o fede, ma di intelligenza e buon senso. Io descriverei questa situa-zione con il titolo ‘L’inutilità del male’. Perché il male, alla ne, è solo una manifestazione dell’assenza di ragione e di senso.Giorgio racconta che ha trasfor-mato il male ricevuto in bene. Un messaggio positivo e pacicante, che purtroppo vediamo sem-pre più raramente nella società odierna. Qual è il suo pensiero al riguardo?Guardi, c’è una sorta di moda contemporanea che trovo profon-damente inquietante: ci “cibiamo” quotidianamente di odio, sia sui social media sia attraverso altri mezzi di comunicazione. Anche la televi-sione ne è complice, con trasmissioni costruite interamente sull’odio. L’intervista diventa un pretesto per far emergere dettagli scabrosi o dolorosi della vita di una persona. Ma perché? Come siamo arrivati a questo punto?Va detto che la responsabilità non è solo di chi produce e dionde questi contenuti, ma anche di chi sceglie di guardarli. La nostra società sembra alimentarsi dello scandalo e del fango. Più uno scandalo è grande, più se ne parla ossessivamente. Basta aprire un giornale: metà delle notizie riguarda-no gossip o denunce contro qualcu-no, un incessante scavare nelle vite private di persone più o meno note. Ma perché non possiamo semplice-mente dire: ‘Chi se ne importa’?Non c’è più pietà. Questa rincorsa all’odio, al giudizio, e alla rievoca-zione di episodi di anni, persino decenni, fa male a tutti. Tutto per cosa? Per conquistare quei famosi ‘15 minuti di celebrità’, come diceva Andy Warhol. È una spirale pericolosa e disumanizzante.FOCUSL’inutilità del male: un viaggio verso la riconciliazioneParliamo con Paolo Crepet di perdono e relazioni familiariFrancesco Bastianini, giornalistaAlla luce della crescente inuenza dei social media, spesso utilizzati come spazio per esprimere odio e oese, crede che una storia tragica come quella di Giorgio possa diventare uno strumento per sensibilizzare e promuovere un cambiamento culturale? Lo spero, ma è necessario porre ne a questa dinamica. Dobbiamo arontare seriamente il discorso: i social media, come molti hanno già sottolineato, sono spesso una cloaca. Certo, esiste anche un utilizzo posi-tivo, ma è un’altra cosa, e su questo dobbiamo prendere una posizione chiara. I social sembrano essere diventati uno spazio quasi extra-giu-diziario, dove chiunque può dire ciò che vuole senza conseguenze, salvo poi giusticarsi con un semplice “non è vero”, “scusami”, o “pensavo che”. È un sistema terribile.Purtroppo, è così che funzionano: se pubblichi contenuti elevati, come una poesia di Carducci, non ti segue nessuno. Ma se insulti, diami o entri nel dibattito pola-rizzante su temi come i vaccini, improvvisa-mente ottieni attenzione. Durante la pandemia abbiamo assistito a una sorta di liberazione dell’umanità verso l’oesa, una dinamica che permette a chiunque di insultare liberamente chiunque altro.È una realtà terricante. Non dico che la giustizia non possa interveni-re, ma ha i suoi tempi, e intanto il danno è fatto. Quando si agisce come un vendicatore solitario, alla Charles Bronson dei nostri tempi, si crea un danno irreparabile.Credo che sia fondamentale lanciare un messaggio forte dalle pagine della vostra Rivista: basta con l’odio. L’odio appartiene agli stupidi; solo i cretini odiano. Le persone intelligenti no. Scrive-telo chiaramente e vediamo se qualcuno lo capiscePapa Francesco parla del ruolo delle comunità nell’ac-compagnare le famiglie che arontano ferite profonde, come una separazione o un divorzio. Dal suo punto di vista di psicologo, quale potrebbe essere il ruolo delle comunità nell’accompagnare queste famiglie?Purtroppo, oggi la comunità è molto I social sembrano essere diventati uno spazio quasi extra-giudiziario, dove chiunque può dire ciò che vuole senza conseguenze, salvo poi giusticarsi‘‘

Page 76

74 75frammentata, sotto diversi aspetti. Questa frammentazione è dovuta anche alla mancanza di luoghi dove la comunità possa esprimersi. Le parrocchie sono in crisi, ma nel frattempo abbiamo chiuso anche le osterie, dove una persona poteva ritrovarsi con quattro amici. Ab-biamo chiuso le edicole, le latterie, e tutti quei luoghi che un tempo rappresentavano punti di incontro per la comunità.Ne parlavo recentemente con un’as-sociazione di volontariato: le riunio-ni che organizziamo non vedono più partecipazione. Arrivano in tre, forse quattro persone. Perché? È un segno di cattiveria? No, è il risultato di un isolamento crescente. Abbiamo scel-to il conforto domestico, preferendo restare a casa davanti a uno schermo, mandando messaggi che, spesso, veicolano rabbia o paura.Il terrorismo non è solo quello delle organizzazioni armate come l’ISIS o Al-Qaeda. Esiste un terrorismo so-ciale e psicologico: un atteggiamento sadico che spinge alcune persone a seminare odio e terrore. È una forma di violenza non legata a ideologie politiche o religiose, ma a un piacere perverso nel creare divisioni.La comunità dovrebbe opporsi con fermezza a questa dinamica, ma per farlo servono luoghi di aggregazione che oggi mancano. Tuttavia, almeno proviamo a parlarne. Usiamo gli stessi strumenti che oggi sono spesso veicolo di odio – come i social media – per chiedere: “Cosa stiamo facen-do? Qual è il senso di questo com-portamento?”. Questo sarebbe già un primo passo verso il cambiamento.Papa Francesco invita anche a mettere il cuore al centro delle relazioni per superare conitti e divisioni. Secondo lei, quali sono le cause principali della fragilità della famiglia oggi? E che ruolo giocano la tecnologia e la società moderna in questo processo?”Credo che anche la comunità cattolica debba riettere su questo tema e riconoscere che una delle vittime principali della cosiddetta civilizzazione è proprio la famiglia. La famiglia è una struttura fragile, che a volte si regge più sugli interessi materiali che sui legami sentimenta-li. È fondamentale interrogarsi sulle cause di questa fragilità e capire cosa ci ha portato a questa situazione.A mio avviso, la tecnologia digitale ha una parte di responsabilità, non tanto nel creare le rotture, quanto nel sostenerle. Non la considero una causa diretta, ma piuttosto una com-plice della debolezza della famiglia moderna, che è diventata sempre più esile e asttica.Ovviamente esistono delle eccezioni: tutti conosciamo famiglie straor-dinarie che contraddicono questa tendenza. Ma non possiamo igno-rare che questa realtà fragile esiste e merita di essere arontata.Ci sono strumenti pratici che queste famiglie possono adottare per proteggere i gli e aiutarli a vivere meglio una situazione di separazione?La prima cosa, secondo me, è parlare. È fondamentale trovare interlocutori con cui confrontarsi, perché tenersi tutto dentro non porta a nulla di positivo. Bisogna superare la paura di essere giudicati o di sbagliare. Questo passo è essenziale per arontare la situazione in modo costruttivo.Gli errori li commettiamo tutti nella vita.Assolutamente. È proprio questo il punto: chi oggi scaglia le pietre potrebbe un giorno esserne colpito. Per questo motivo, sarebbe meglio non usarle aatto. La vera svolta è credere nella comunità, anche se è frammentata e fatica a funzionare. Dobbiamo continuare a credere in essa, perché l’alternativa – il pensare ognuno per sé – è esattamente ciò che i social media favoriscono.I social, paradossalmente, sono lo strumento meno sociale che sia mai stato creato: ci rendono tutti più soli.La nuova rivista si chiama Piazza San Pietro, un nome che richia-ma l’idea della piazza come luogo d’incontro per la comunità e per le relazioni…Quella Piazza è stata concepita come un abbraccio. Il Colonnato del Ber-nini rappresenta proprio due braccia tese ad accogliere. E cosa signica? Che l’abbraccio è la soluzione, il gesto che rappresenta la comunità e il legame tra le persone.Tuttavia, se guardiamo oggi, basta andare in una stazione, in un aero-porto, o in qualsiasi luogo di transito: non si vede più nessuno abbracciarsi. Gli abbracci sono sempre più rari. E allora, cosa dovremmo fare? Togliere il Colonnato? Ovviamente no.Il signicato di Piazza San Pietro va oltre: rappresenta l’idea che un uomo – in questo caso un Santo – possa vedere in te la possibilità di salvezza. La salvezza viene da te stesso, ma dipende anche molto dagli altri.Le parrocchie sono in crisi, ma nel frattempo abbiamo chiuso anche le osterie, le edicole, le latterie... Tutti quei luoghi che un tempo erano punti di incontro per la comunità‘‘FOCUS

Page 77

74 75frammentata, sotto diversi aspetti. Questa frammentazione è dovuta anche alla mancanza di luoghi dove la comunità possa esprimersi. Le parrocchie sono in crisi, ma nel frattempo abbiamo chiuso anche le osterie, dove una persona poteva ritrovarsi con quattro amici. Ab-biamo chiuso le edicole, le latterie, e tutti quei luoghi che un tempo rappresentavano punti di incontro per la comunità.Ne parlavo recentemente con un’as-sociazione di volontariato: le riunio-ni che organizziamo non vedono più partecipazione. Arrivano in tre, forse quattro persone. Perché? È un segno di cattiveria? No, è il risultato di un isolamento crescente. Abbiamo scel-to il conforto domestico, preferendo restare a casa davanti a uno schermo, mandando messaggi che, spesso, veicolano rabbia o paura.Il terrorismo non è solo quello delle organizzazioni armate come l’ISIS o Al-Qaeda. Esiste un terrorismo so-ciale e psicologico: un atteggiamento sadico che spinge alcune persone a seminare odio e terrore. È una forma di violenza non legata a ideologie politiche o religiose, ma a un piacere perverso nel creare divisioni.La comunità dovrebbe opporsi con fermezza a questa dinamica, ma per farlo servono luoghi di aggregazione che oggi mancano. Tuttavia, almeno proviamo a parlarne. Usiamo gli stessi strumenti che oggi sono spesso veicolo di odio – come i social media – per chiedere: “Cosa stiamo facen-do? Qual è il senso di questo com-portamento?”. Questo sarebbe già un primo passo verso il cambiamento.Papa Francesco invita anche a mettere il cuore al centro delle relazioni per superare conitti e divisioni. Secondo lei, quali sono le cause principali della fragilità della famiglia oggi? E che ruolo giocano la tecnologia e la società moderna in questo processo?”Credo che anche la comunità cattolica debba riettere su questo tema e riconoscere che una delle vittime principali della cosiddetta civilizzazione è proprio la famiglia. La famiglia è una struttura fragile, che a volte si regge più sugli interessi materiali che sui legami sentimenta-li. È fondamentale interrogarsi sulle cause di questa fragilità e capire cosa ci ha portato a questa situazione.A mio avviso, la tecnologia digitale ha una parte di responsabilità, non tanto nel creare le rotture, quanto nel sostenerle. Non la considero una causa diretta, ma piuttosto una com-plice della debolezza della famiglia moderna, che è diventata sempre più esile e asttica.Ovviamente esistono delle eccezioni: tutti conosciamo famiglie straor-dinarie che contraddicono questa tendenza. Ma non possiamo igno-rare che questa realtà fragile esiste e merita di essere arontata.Ci sono strumenti pratici che queste famiglie possono adottare per proteggere i gli e aiutarli a vivere meglio una situazione di separazione?La prima cosa, secondo me, è parlare. È fondamentale trovare interlocutori con cui confrontarsi, perché tenersi tutto dentro non porta a nulla di positivo. Bisogna superare la paura di essere giudicati o di sbagliare. Questo passo è essenziale per arontare la situazione in modo costruttivo.Gli errori li commettiamo tutti nella vita.Assolutamente. È proprio questo il punto: chi oggi scaglia le pietre potrebbe un giorno esserne colpito. Per questo motivo, sarebbe meglio non usarle aatto. La vera svolta è credere nella comunità, anche se è frammentata e fatica a funzionare. Dobbiamo continuare a credere in essa, perché l’alternativa – il pensare ognuno per sé – è esattamente ciò che i social media favoriscono.I social, paradossalmente, sono lo strumento meno sociale che sia mai stato creato: ci rendono tutti più soli.La nuova rivista si chiama Piazza San Pietro, un nome che richia-ma l’idea della piazza come luogo d’incontro per la comunità e per le relazioni…Quella Piazza è stata concepita come un abbraccio. Il Colonnato del Ber-nini rappresenta proprio due braccia tese ad accogliere. E cosa signica? Che l’abbraccio è la soluzione, il gesto che rappresenta la comunità e il legame tra le persone.Tuttavia, se guardiamo oggi, basta andare in una stazione, in un aero-porto, o in qualsiasi luogo di transito: non si vede più nessuno abbracciarsi. Gli abbracci sono sempre più rari. E allora, cosa dovremmo fare? Togliere il Colonnato? Ovviamente no.Il signicato di Piazza San Pietro va oltre: rappresenta l’idea che un uomo – in questo caso un Santo – possa vedere in te la possibilità di salvezza. La salvezza viene da te stesso, ma dipende anche molto dagli altri.Le parrocchie sono in crisi, ma nel frattempo abbiamo chiuso anche le osterie, le edicole, le latterie... Tutti quei luoghi che un tempo erano punti di incontro per la comunità‘‘FOCUS

Page 78

76 77OCCHIELLOHO TROVATO LA FEDECiao padre Enzo, mi chiamo Gio-vanna, ho 77 anni e la mia conversio-ne è relativamente recente. Purtrop-po, mi faccio tante domande; una di queste riguarda proprio la parola “conversione”. Pensavo che, dopo aver cambiato direzione, non avrei più avuto dubbi. Invece, alla luce del mio cammino, che mi ha portato a viaggiare in terre lontane, ho scoper-to che la verità in Cristo era già qui, sotto casa, a portata di mano. Ma ogni tanto qualche dubbio riaora.La mia ricerca di Dio risale alla mia gioventù e, dopo aver percorso tante strade, mi sono resa conto che la verità che cercavo era più vicina di quanto avessi pensato.Giovanna da NapoliCarissima Giovanna,sovvengono le parole di Sant’Agostino: “Tardi ti amai, bellezza così antica e così nuova, tardi ti amai! Sì, perché tu eri dentro di me e io fuori. Lì ti cercavo”. A volte, anche quando ci sembra di aver trovato la risposta, i dubbi possono ancora aorare, ma è proprio nei momenti di incertezza che siamo chiamati a rimanere nella ducia e nell’amore di Dio. La fede è un viaggio, e ogni passo che facciamo ci avvicina sempre di più alla luce che è Cristo stesso.San Francesco ci insegna che la conversione è un cammino continuo, che va vissuto ogni giorno con umiltà e apertura al cambiamento. Non è mai un punto di arrivo, ma sempre una via che ci chiama a scoprire ogni giorno qualcosa di più su di noi, sugli altri, su Dio. Papa Francesco sinte-tizza questo percorso con la parola stupore, ovvero la capacità di trovare e vivere quei sentimenti di meravi-glia per le opere di Dio. Sii serena, Giovanna, la tua ricerca è preziosa e Dio è sempre vicino, anche nei momenti di dubbio. Lui non si stanca mai di aspettarci, di accompa-gnarci e di accoglierci con amore.Con aetto fraterno e preghiera.IL SEGRETO DI UN MATRIMONIOBuonasera padre Enzo,tempo fa ha chiesto il segreto di un matrimonio duraturo. Non ho segreti, ma un angelo che mi ha aiutato. Quando ci si sposa, non si immaginano le dicoltà: il lavoro, crescere i gli, accudire i genitori malati, la burocrazia, stipendi scarsi, rinunce e mettere sé in secondo piano.Fino a tre anni fa avevo mia mam-ma che mi ha sostenuto, anche durante la sua malattia. Quando si è ammalata, ho chiesto il part time e i permessi 104, ma ho incontrato l’ipocrisia sul posto di lavoro. La sua malattia mi ha fatto capire quali fossero le priorità: ho rinunciato al mio impiego a tempo indeterminato per tornare a insegnare, lavoro più umano ma pagato troppo poco, che permette pochi progetti.Manca un vero aiuto alle famiglie: spesso l’unico sostegno è un nonno, se in salute. Mi aiutano la fede e l’amore per chi ho accanto. A volte lo sconforto mi assale, ma il sorriso dei miei gli mi dà forza.Grazie, Gabriella da CesenaCarissima Gabriella,grazie per aver condiviso con me il tuo cammino di vita. Le tue parole testi-moniano una forza straordinaria e una fede che ti sostiene nei momenti dicili.Capisco il peso dello sconforto, ma il sorriso dei tuoi gli è il segno della Scrivi la tua lettera a lettere@piazzasanpietro.vaPer abbonarti scrivi a: abbonamenti@piazzasanpietro.vaDIALOGO CON I LETTORIDialogo con i lettoribellezza che hai saputo coltivare. Anche nei momenti più bui ricorda che il Signore è accanto a te, ti sostiene e ti guida con amore. E tua madre, tuo angelo terreno, ora è un angelo in Paradiso, e continua a vegliare su di te e sulla tua famiglia con il suo amore.Il tuo esempio è un invito a non ar-rendersi. Ti porto nelle mie preghiere, chiedendo al Signore di donarti forza e serenità.UN INCONTRO ALL’HOSPICECaro padre Enzo,volevo condividere con te un’espe-rienza molto intensa che ho vissuto all’Hospice, quando sono andata a trovare un’amica. Una sera ricevo un messaggio che diceva: “Sara, vieni a trovarmi, perché poi non ci vediamo più.” Ho colto subito l’opportunità di abbracciarla per l’ultima volta.L’ho trovata seduta a letto e, non ap-pena mi ha vista, mi ha teso le mani per un abbraccio che si è trasforma-to in un silenzio profondo. Avrei voluto piangere, ma non potevo. La serenità che emetteva era straordina-ria, una serenità che veniva dall’alto, e c’era una consapevolezza profonda della sua malattia. La sua mente era lucidissima, e mi ha detto: “Sia fatta la volontà del Padre, voglio vivere la vita no in fondo. Il Signore è stata la mia forza e ora mi sta accompa-gnando nel mio ultimo viaggio.”Padre Enzo, ringrazio il Signore per aver avuto la grazia di incontrarla. Una settimana dopo, era già nelle braccia del Padre. Ci conoscevamo da quarant’anni e la nostra amicizia è sempre stata leale e sincera. Le sono profondamente grata per la grande te-stimonianza di fede che mi ha lasciato.Marina ti vedeva ogni sabato nel programma Tg1 Dialogo e, anche se ora non è più con noi, il suo sorriso vivrà sempre nel mio cuore. Ti ho scritto per raccontarti questo mo-mento che ho vissuto.Pace e bene,Sara da PescaraCarissima Sara,grazie per aver condiviso con me il momento intenso e profondo che hai vissuto all’Hospice con la tua cara amica Marina. Mi ha commosso profondamente leggere le tue parole e sentire la serenità che Marina emanava, una serenità che solo una fede profonda e un abbandono du-cioso nelle mani del Signore possono donare.Sai, san Francesco, negli ultimi giorni della sua vita, accolse la morte chiamandola aettuosamente “Sorella Morte”. La riconobbe come un passaggio naturale e gioioso verso l’abbraccio eterno del Padre. Si pre-parò a quel momento con preghiere, canti e la benedizione ai suoi fratel-li, mostrando che anche il distacco terreno può essere vissuto con pace e speranza. Marina, con le sue parole e il suo atteggiamento, ha incarnato questa stessa ducia e abbandono, orendoti una testimonianza che rimarrà impressa nel tuo cuore.Il tuo gesto di andare a trovarla, di abbracciarla e di condividere con lei quel silenzio profondo, è stato un dono immenso. Attraverso di te, Marina ha potuto sentire l’amore di Dio vicino, proprio nei suoi ultimi giorni. La sua testimonianza di fede continuerà a vivere nei tuoi ricordi e nel tuo cuore, come un faro di luce nei momenti di dicoltà.LA PREGHIERA COME FORZACaro padre Enzo Fortunato, ogni giorno seguo l’appuntamen-to serale con lei su Facebook. A volte mi addormento prima perché durante la giornata accumulo tanta stanchezza e così, il mattino seguen-te appena apro gli occhi, mi vedo la registrazione ed è motivo per me anche di un momento di preghiera.Io ho 66 anni sono una pensiona-ta, divorziata ormai da tantissimi anni, che ha deciso di approttare dell’opportunità di andare in pen-sione prima grazie al provvedimento governativo di Quota 100, per dedi-carmi completamente alla cura del mio papà 93enne, disabile che vive insieme a me.La sua cecità mi vede completamen-te occupata alla sua cura e a volte la preghiera rimane l’unico conforto per farmi forza. Proprio come dice lei: “forti, forti, forti”, è diventata la mia parola-chiave.Mio padre ed io siamo molto cat-tolici e crediamo che il buon Dio, nonostante ci abbia a volte messo di fronte a prove dicili da superare, viene sempre in nostro aiuto.Un caloroso abbraccio e sono sicura che tramite lei arriveranno anche i nostri abbracci a Papa Francesco.Cordialmente,Anna Maria da TrentoCarissima Anna Maria,grazie per la tua lettera, così colma di fede e di aetto. Mi fa piacere sapere che le nostre riessioni serali ti accompagnano nei momenti di stanchezza e diventano per te uno spazio di preghiera e conforto. Questo è per me un grande dono.Sei un esempio luminoso di amore e

Page 79

76 77OCCHIELLOHO TROVATO LA FEDECiao padre Enzo, mi chiamo Gio-vanna, ho 77 anni e la mia conversio-ne è relativamente recente. Purtrop-po, mi faccio tante domande; una di queste riguarda proprio la parola “conversione”. Pensavo che, dopo aver cambiato direzione, non avrei più avuto dubbi. Invece, alla luce del mio cammino, che mi ha portato a viaggiare in terre lontane, ho scoper-to che la verità in Cristo era già qui, sotto casa, a portata di mano. Ma ogni tanto qualche dubbio riaora.La mia ricerca di Dio risale alla mia gioventù e, dopo aver percorso tante strade, mi sono resa conto che la verità che cercavo era più vicina di quanto avessi pensato.Giovanna da NapoliCarissima Giovanna,sovvengono le parole di Sant’Agostino: “Tardi ti amai, bellezza così antica e così nuova, tardi ti amai! Sì, perché tu eri dentro di me e io fuori. Lì ti cercavo”. A volte, anche quando ci sembra di aver trovato la risposta, i dubbi possono ancora aorare, ma è proprio nei momenti di incertezza che siamo chiamati a rimanere nella ducia e nell’amore di Dio. La fede è un viaggio, e ogni passo che facciamo ci avvicina sempre di più alla luce che è Cristo stesso.San Francesco ci insegna che la conversione è un cammino continuo, che va vissuto ogni giorno con umiltà e apertura al cambiamento. Non è mai un punto di arrivo, ma sempre una via che ci chiama a scoprire ogni giorno qualcosa di più su di noi, sugli altri, su Dio. Papa Francesco sinte-tizza questo percorso con la parola stupore, ovvero la capacità di trovare e vivere quei sentimenti di meravi-glia per le opere di Dio. Sii serena, Giovanna, la tua ricerca è preziosa e Dio è sempre vicino, anche nei momenti di dubbio. Lui non si stanca mai di aspettarci, di accompa-gnarci e di accoglierci con amore.Con aetto fraterno e preghiera.IL SEGRETO DI UN MATRIMONIOBuonasera padre Enzo,tempo fa ha chiesto il segreto di un matrimonio duraturo. Non ho segreti, ma un angelo che mi ha aiutato. Quando ci si sposa, non si immaginano le dicoltà: il lavoro, crescere i gli, accudire i genitori malati, la burocrazia, stipendi scarsi, rinunce e mettere sé in secondo piano.Fino a tre anni fa avevo mia mam-ma che mi ha sostenuto, anche durante la sua malattia. Quando si è ammalata, ho chiesto il part time e i permessi 104, ma ho incontrato l’ipocrisia sul posto di lavoro. La sua malattia mi ha fatto capire quali fossero le priorità: ho rinunciato al mio impiego a tempo indeterminato per tornare a insegnare, lavoro più umano ma pagato troppo poco, che permette pochi progetti.Manca un vero aiuto alle famiglie: spesso l’unico sostegno è un nonno, se in salute. Mi aiutano la fede e l’amore per chi ho accanto. A volte lo sconforto mi assale, ma il sorriso dei miei gli mi dà forza.Grazie, Gabriella da CesenaCarissima Gabriella,grazie per aver condiviso con me il tuo cammino di vita. Le tue parole testi-moniano una forza straordinaria e una fede che ti sostiene nei momenti dicili.Capisco il peso dello sconforto, ma il sorriso dei tuoi gli è il segno della Scrivi la tua lettera a lettere@piazzasanpietro.vaPer abbonarti scrivi a: abbonamenti@piazzasanpietro.vaDIALOGO CON I LETTORIDialogo con i lettoribellezza che hai saputo coltivare. Anche nei momenti più bui ricorda che il Signore è accanto a te, ti sostiene e ti guida con amore. E tua madre, tuo angelo terreno, ora è un angelo in Paradiso, e continua a vegliare su di te e sulla tua famiglia con il suo amore.Il tuo esempio è un invito a non ar-rendersi. Ti porto nelle mie preghiere, chiedendo al Signore di donarti forza e serenità.UN INCONTRO ALL’HOSPICECaro padre Enzo,volevo condividere con te un’espe-rienza molto intensa che ho vissuto all’Hospice, quando sono andata a trovare un’amica. Una sera ricevo un messaggio che diceva: “Sara, vieni a trovarmi, perché poi non ci vediamo più.” Ho colto subito l’opportunità di abbracciarla per l’ultima volta.L’ho trovata seduta a letto e, non ap-pena mi ha vista, mi ha teso le mani per un abbraccio che si è trasforma-to in un silenzio profondo. Avrei voluto piangere, ma non potevo. La serenità che emetteva era straordina-ria, una serenità che veniva dall’alto, e c’era una consapevolezza profonda della sua malattia. La sua mente era lucidissima, e mi ha detto: “Sia fatta la volontà del Padre, voglio vivere la vita no in fondo. Il Signore è stata la mia forza e ora mi sta accompa-gnando nel mio ultimo viaggio.”Padre Enzo, ringrazio il Signore per aver avuto la grazia di incontrarla. Una settimana dopo, era già nelle braccia del Padre. Ci conoscevamo da quarant’anni e la nostra amicizia è sempre stata leale e sincera. Le sono profondamente grata per la grande te-stimonianza di fede che mi ha lasciato.Marina ti vedeva ogni sabato nel programma Tg1 Dialogo e, anche se ora non è più con noi, il suo sorriso vivrà sempre nel mio cuore. Ti ho scritto per raccontarti questo mo-mento che ho vissuto.Pace e bene,Sara da PescaraCarissima Sara,grazie per aver condiviso con me il momento intenso e profondo che hai vissuto all’Hospice con la tua cara amica Marina. Mi ha commosso profondamente leggere le tue parole e sentire la serenità che Marina emanava, una serenità che solo una fede profonda e un abbandono du-cioso nelle mani del Signore possono donare.Sai, san Francesco, negli ultimi giorni della sua vita, accolse la morte chiamandola aettuosamente “Sorella Morte”. La riconobbe come un passaggio naturale e gioioso verso l’abbraccio eterno del Padre. Si pre-parò a quel momento con preghiere, canti e la benedizione ai suoi fratel-li, mostrando che anche il distacco terreno può essere vissuto con pace e speranza. Marina, con le sue parole e il suo atteggiamento, ha incarnato questa stessa ducia e abbandono, orendoti una testimonianza che rimarrà impressa nel tuo cuore.Il tuo gesto di andare a trovarla, di abbracciarla e di condividere con lei quel silenzio profondo, è stato un dono immenso. Attraverso di te, Marina ha potuto sentire l’amore di Dio vicino, proprio nei suoi ultimi giorni. La sua testimonianza di fede continuerà a vivere nei tuoi ricordi e nel tuo cuore, come un faro di luce nei momenti di dicoltà.LA PREGHIERA COME FORZACaro padre Enzo Fortunato, ogni giorno seguo l’appuntamen-to serale con lei su Facebook. A volte mi addormento prima perché durante la giornata accumulo tanta stanchezza e così, il mattino seguen-te appena apro gli occhi, mi vedo la registrazione ed è motivo per me anche di un momento di preghiera.Io ho 66 anni sono una pensiona-ta, divorziata ormai da tantissimi anni, che ha deciso di approttare dell’opportunità di andare in pen-sione prima grazie al provvedimento governativo di Quota 100, per dedi-carmi completamente alla cura del mio papà 93enne, disabile che vive insieme a me.La sua cecità mi vede completamen-te occupata alla sua cura e a volte la preghiera rimane l’unico conforto per farmi forza. Proprio come dice lei: “forti, forti, forti”, è diventata la mia parola-chiave.Mio padre ed io siamo molto cat-tolici e crediamo che il buon Dio, nonostante ci abbia a volte messo di fronte a prove dicili da superare, viene sempre in nostro aiuto.Un caloroso abbraccio e sono sicura che tramite lei arriveranno anche i nostri abbracci a Papa Francesco.Cordialmente,Anna Maria da TrentoCarissima Anna Maria,grazie per la tua lettera, così colma di fede e di aetto. Mi fa piacere sapere che le nostre riessioni serali ti accompagnano nei momenti di stanchezza e diventano per te uno spazio di preghiera e conforto. Questo è per me un grande dono.Sei un esempio luminoso di amore e

Page 80

78 79OCCHIELLOdedizione. Prenderti cura con tanta generosità del tuo caro papà è un segno concreto di quella “carità ope-rosa” che il Vangelo ci insegna. Anche nelle fatiche quotidiane, il tuo servizio è una testimonianza preziosa di come l’amore possa diventare preghiera viva, che arriva al cuore di Dio.Non è sempre facile, lo so. Ma tu hai trovato nella preghiera e nella ducia nel Signore la forza per arontare le sde. Ricordati, cara Anna Maria, che il buon Dio non dimentica mai i suoi gli e che ogni gesto di amore, anche il più piccolo, ha un valore innito ai Suoi occhi.Ti assicuro il mio ricordo nella pre-ghiera e porto con me il tuo abbraccio al Santo Padre, che sono certo ricam-bierà con la sua benedizione. Non perdere mai la ducia: il Signore è accanto a te e al tuo papà, e attraverso di voi continua a seminare bontà e speranza nel mondo.COME RICORDARE ALLA NIPOTINA UN NONNO AMATO?Carissimo padre Enzo,sono Ersilia e vi seguo con tanto aetto ogni sera. È passato da poco l’ottavo compleanno della mia nipo-tina Elisabetta. Sono ormai trascorsi due anni dalla morte di mio marito, ma la sua presenza è ancora forte tra noi, soprattutto per Elisabetta. Lei, infatti, è convinta che il nonno possa ancora portarle i regali, proprio come faceva quando era in vita. Per darle un po’ di conforto, ci occupiamo noi di farle trovare dei doni e dei messag-gi rmati dal nonno, ma ci chiediamo se stiamo facendo la cosa giusta… voi cosa ne pensate? è giusto o sarebbe meglio trovare un altro modo per Ritengo che sia fondamentale tro-vare momenti per riunirsi, perché il Vangelo è un concime prezioso che fa crescere sana la famiglia.Molte crisi potrebbero essere supe-rate mettendo al centro la Parola del Signore e vivendo il Vangelo con coerenza. La famiglia è un’unione d’amore che implica fedeltà, dono reciproco e sacricio. Non devono prevalere interessi individuali o egoismi, ma l’amore vissuto come relazione autentica che cura la vita di chi ci sta accanto.Anche l’amore ferito può essere sanato dalla misericordia e dal perdono. Dio, con la Sua Parola, nutre ogni giorno l’unione familia-re. Il Vangelo è come una vitamina che rigenera le famiglie e dà forza per arontare le dicoltà. Nulla è impossibile al Signore: se vissuto insieme con coerenza, il Vangelo può portare una straordinaria rivoluzio-ne nelle famiglie, incoraggiando a sperare e ricominciare sempre, anche nelle tempeste della vita.Buon cammino,Giovanna da PadovaCarissima Giovanna,grazie per aver condiviso con me la tua profonda riessione sul valore del Vangelo nella vita familiare. Le tue parole risuonano come un invito pieno di speranza e saggezza, e sono certo che possano essere di ispirazione per molte famiglie.Vivere il Vangelo in famiglia, come tu dici, è davvero essenziale. È il terreno fertile in cui i legami d’amore possono crescere sani e forti, superando le ine-vitabili dicoltà della vita. Ritrovar-si insieme intorno alla Parola di Dio è un gesto semplice ma potente, capace di illuminare le scelte quotidiane.aiutarla a comprendere la situazione?La bambina è ancora piccola, ma il suo legame con il nonno è molto forte.Vi ringrazio per il vostro consiglio e vi mando un abbraccio immenso.Con aetto,Ersilia da TrapaniCarissima Ersilia,la tua lettera parla di un legame familiare profondo e di quella tene-rezza che riesce a creare un ponte tra la terra e il Cielo.La tua nipotina Elisabetta porta con sé un amore puro e una memoria viva del nonno. Il gesto che fate, di farle trovare doni e messaggi “rma-ti” da lui, è un modo dolce e delicato per mantenerne viva la presenza nel suo cuore. Tuttavia, la verità è sempre la strada più semplice e preferibile, per me. Elisabetta avrà bisogno di essere accompagnata con amore verso una comprensione più matura della realtà, per aiutarla a integrare la perdita e a coltivare quel legame con il nonno in modo più spirituale.Forse potreste iniziare a parlarle del fatto che il nonno ora è vicino a Dio, da dove continua a volerle bene e a pregare per lei. Potreste proporle di disegnare qualcosa per lui o di scrivergli un messaggio da “inviare al cielo” attraverso la preghiera. In questo modo, il ricordo del nonno rimarrà sempre presente, ma si trasformerà in una dimensione più spirituale e serena.Cara Ersilia, la tua premura e il tuo amore sono un grande dono per Eli-sabetta. Continua ad accompagnarla con pazienza e dolcezza, adando al Signore i momenti più delicati. Ti assicuro il mio ricordo nella preghie-ra e ti mando un abbraccio grande, Condivido pienamente il tuo pensie-ro: l’amore familiare richiede fedeltà, dono reciproco e sacricio. Nella coe-renza al Vangelo si trova la forza per vincere l’egoismo e per curare le ferite che a volte si creano nei rapporti. La misericordia e il perdono che scaturi-scono dalla Parola del Signore sono la chiave per rinnovare continuamente i legami e per arontare con coraggio anche le tempeste più dicili.Il tuo pensare al Vangelo come una vitamina è davvero illuminante: esso è nutrimento per l’anima e forza per il cammino di ogni famiglia. Che il Signore benedica te e tutte le famiglie, accompagnandovi nel cammino quotidiano.LA GUERRA E LA PAURA DI AVERE UN FIGLIOCaro padre Enzo, mi chiamo Anna Rita e vivo a Cosenza. Sento con urgenza il bisogno di rivolgermi a lei visti gli avvenimenti disastrosi che stanno accadendo tra la Russia e l’Ucraina e in Medio Oriente dove si è persa di vista la persona. Credo però che, probabilmente, noi occidentali guar-diamo gli altri attraverso la nostra indierenza pensando che tutto ciò che accade non ci riguarda.Credo ancora che tutto questo sia frutto di un nostro egoismo, che porterà ad una autodistruzione.Quante volte, come in questo momen-to, i miei occhi si riempiono di calde lacrime. Le mie giornate sono scandite dalla preghiera tra il dolore per la guer-ra e momenti di anestetica serenità.Mi piacerebbe avere un bambino ma ho la paura di procurargli solo tanta soerenza in questo mondo perché, onestamente, non riesco ad intravedere chiedendo per te e per la tua famiglia la benedizione del Signore.CERCO DI PERDONARE I COLLEGHIBuongiorno padre Enzo,sono Massimo, bidello in una scuola di Alessandria. Ogni giorno devo arontare colleghi invidiosi e pette-goli, il che mi causa grande dolore. Ho perso entrambi i genitori in due settimane senza poterli salutare. Mi chiedo come ci siano persone che non riescono a dimostrare un po’ di bon-tà. Cerco di pregare e perdonarli, ma mi sento sopraatto. Cosa mi consi-glia per arontare questa situazione?Grazie per le sue parole,Massimo da AlessandriaCaro Massimo,grazie per la tua lettera. Il tuo per-dono e la tua preghiera dimostrano una fede profonda. La perdita dei tuoi genitori è una prova durissima, e capisco quanto ti pesino anche i com-portamenti dei colleghi. San France-sco ci insegna a portare pace; continua a pregare e adare tutto al Signore, che trasforma il dolore in forza. Se te la senti, prova a dialogare con loro per chiarire eventuali incomprensio-ni. Non mollare: il tuo cammino è prezioso. Ti porto nella mia preghiera e ti mando la mia benedizione.IL VANGELO COME FORZA E GUIDA PER LA FAMIGLIABuongiorno Padre, vivere il Vangelo in famiglia è essenziale per raorzare i legami e superare le dicoltà. Oggi, purtrop-po, le famiglie dedicano poco tempo alla condivisione e alla riessione. un futuro. Anche se rimango attaccata ad una ebile ammella di speranza.E nella speranza di ricevere una sua risposta le porgo i miei saluti,Anna Rita da CosenzaCarissima Anna Rita,le tue parole sono un riesso di un cuore sensibile e attento al dolore che segna il nostro tempo. Le lacrime che sgorgano dai tuoi occhi sono un segno di quell’umanità che ci invita a non restare indierenti, ma a farci carico delle soerenze del mondo con preghiera e azioni concrete.È vero, viviamo in un tempo in cui l’egoismo sembra prevalere, ma non dimentichiamo che in mezzo a queste tenebre brilla ancora la luce della speranza. La tua “ebile ammella” è una testimonianza di fede viva, un piccolo fuoco che può accendere altre luci attorno a te. Il desiderio di avere un glio, nonostante le paure che lo accom-pagnano, è un segno di ducia nella vita e nell’amore. Non lasciare che il buio del mondo soochi questo deside-rio. Dio, che è amore e pace, cammina accanto a te e ti invita a guardare al futuro con speranza, adandoti a Lui nei momenti di dubbio e tormento.Continua a pregare per la pace: la tua preghiera non è vana, ma è un seme che Dio stesso raccoglie per trasformarlo in benedizione per te e per il mondo.Ti porto nella mia preghiera e ti auguro ogni bene.DIALOGO CON I LETTORI

Page 81

78 79OCCHIELLOdedizione. Prenderti cura con tanta generosità del tuo caro papà è un segno concreto di quella “carità ope-rosa” che il Vangelo ci insegna. Anche nelle fatiche quotidiane, il tuo servizio è una testimonianza preziosa di come l’amore possa diventare preghiera viva, che arriva al cuore di Dio.Non è sempre facile, lo so. Ma tu hai trovato nella preghiera e nella ducia nel Signore la forza per arontare le sde. Ricordati, cara Anna Maria, che il buon Dio non dimentica mai i suoi gli e che ogni gesto di amore, anche il più piccolo, ha un valore innito ai Suoi occhi.Ti assicuro il mio ricordo nella pre-ghiera e porto con me il tuo abbraccio al Santo Padre, che sono certo ricam-bierà con la sua benedizione. Non perdere mai la ducia: il Signore è accanto a te e al tuo papà, e attraverso di voi continua a seminare bontà e speranza nel mondo.COME RICORDARE ALLA NIPOTINA UN NONNO AMATO?Carissimo padre Enzo,sono Ersilia e vi seguo con tanto aetto ogni sera. È passato da poco l’ottavo compleanno della mia nipo-tina Elisabetta. Sono ormai trascorsi due anni dalla morte di mio marito, ma la sua presenza è ancora forte tra noi, soprattutto per Elisabetta. Lei, infatti, è convinta che il nonno possa ancora portarle i regali, proprio come faceva quando era in vita. Per darle un po’ di conforto, ci occupiamo noi di farle trovare dei doni e dei messag-gi rmati dal nonno, ma ci chiediamo se stiamo facendo la cosa giusta… voi cosa ne pensate? è giusto o sarebbe meglio trovare un altro modo per Ritengo che sia fondamentale tro-vare momenti per riunirsi, perché il Vangelo è un concime prezioso che fa crescere sana la famiglia.Molte crisi potrebbero essere supe-rate mettendo al centro la Parola del Signore e vivendo il Vangelo con coerenza. La famiglia è un’unione d’amore che implica fedeltà, dono reciproco e sacricio. Non devono prevalere interessi individuali o egoismi, ma l’amore vissuto come relazione autentica che cura la vita di chi ci sta accanto.Anche l’amore ferito può essere sanato dalla misericordia e dal perdono. Dio, con la Sua Parola, nutre ogni giorno l’unione familia-re. Il Vangelo è come una vitamina che rigenera le famiglie e dà forza per arontare le dicoltà. Nulla è impossibile al Signore: se vissuto insieme con coerenza, il Vangelo può portare una straordinaria rivoluzio-ne nelle famiglie, incoraggiando a sperare e ricominciare sempre, anche nelle tempeste della vita.Buon cammino,Giovanna da PadovaCarissima Giovanna,grazie per aver condiviso con me la tua profonda riessione sul valore del Vangelo nella vita familiare. Le tue parole risuonano come un invito pieno di speranza e saggezza, e sono certo che possano essere di ispirazione per molte famiglie.Vivere il Vangelo in famiglia, come tu dici, è davvero essenziale. È il terreno fertile in cui i legami d’amore possono crescere sani e forti, superando le ine-vitabili dicoltà della vita. Ritrovar-si insieme intorno alla Parola di Dio è un gesto semplice ma potente, capace di illuminare le scelte quotidiane.aiutarla a comprendere la situazione?La bambina è ancora piccola, ma il suo legame con il nonno è molto forte.Vi ringrazio per il vostro consiglio e vi mando un abbraccio immenso.Con aetto,Ersilia da TrapaniCarissima Ersilia,la tua lettera parla di un legame familiare profondo e di quella tene-rezza che riesce a creare un ponte tra la terra e il Cielo.La tua nipotina Elisabetta porta con sé un amore puro e una memoria viva del nonno. Il gesto che fate, di farle trovare doni e messaggi “rma-ti” da lui, è un modo dolce e delicato per mantenerne viva la presenza nel suo cuore. Tuttavia, la verità è sempre la strada più semplice e preferibile, per me. Elisabetta avrà bisogno di essere accompagnata con amore verso una comprensione più matura della realtà, per aiutarla a integrare la perdita e a coltivare quel legame con il nonno in modo più spirituale.Forse potreste iniziare a parlarle del fatto che il nonno ora è vicino a Dio, da dove continua a volerle bene e a pregare per lei. Potreste proporle di disegnare qualcosa per lui o di scrivergli un messaggio da “inviare al cielo” attraverso la preghiera. In questo modo, il ricordo del nonno rimarrà sempre presente, ma si trasformerà in una dimensione più spirituale e serena.Cara Ersilia, la tua premura e il tuo amore sono un grande dono per Eli-sabetta. Continua ad accompagnarla con pazienza e dolcezza, adando al Signore i momenti più delicati. Ti assicuro il mio ricordo nella preghie-ra e ti mando un abbraccio grande, Condivido pienamente il tuo pensie-ro: l’amore familiare richiede fedeltà, dono reciproco e sacricio. Nella coe-renza al Vangelo si trova la forza per vincere l’egoismo e per curare le ferite che a volte si creano nei rapporti. La misericordia e il perdono che scaturi-scono dalla Parola del Signore sono la chiave per rinnovare continuamente i legami e per arontare con coraggio anche le tempeste più dicili.Il tuo pensare al Vangelo come una vitamina è davvero illuminante: esso è nutrimento per l’anima e forza per il cammino di ogni famiglia. Che il Signore benedica te e tutte le famiglie, accompagnandovi nel cammino quotidiano.LA GUERRA E LA PAURA DI AVERE UN FIGLIOCaro padre Enzo, mi chiamo Anna Rita e vivo a Cosenza. Sento con urgenza il bisogno di rivolgermi a lei visti gli avvenimenti disastrosi che stanno accadendo tra la Russia e l’Ucraina e in Medio Oriente dove si è persa di vista la persona. Credo però che, probabilmente, noi occidentali guar-diamo gli altri attraverso la nostra indierenza pensando che tutto ciò che accade non ci riguarda.Credo ancora che tutto questo sia frutto di un nostro egoismo, che porterà ad una autodistruzione.Quante volte, come in questo momen-to, i miei occhi si riempiono di calde lacrime. Le mie giornate sono scandite dalla preghiera tra il dolore per la guer-ra e momenti di anestetica serenità.Mi piacerebbe avere un bambino ma ho la paura di procurargli solo tanta soerenza in questo mondo perché, onestamente, non riesco ad intravedere chiedendo per te e per la tua famiglia la benedizione del Signore.CERCO DI PERDONARE I COLLEGHIBuongiorno padre Enzo,sono Massimo, bidello in una scuola di Alessandria. Ogni giorno devo arontare colleghi invidiosi e pette-goli, il che mi causa grande dolore. Ho perso entrambi i genitori in due settimane senza poterli salutare. Mi chiedo come ci siano persone che non riescono a dimostrare un po’ di bon-tà. Cerco di pregare e perdonarli, ma mi sento sopraatto. Cosa mi consi-glia per arontare questa situazione?Grazie per le sue parole,Massimo da AlessandriaCaro Massimo,grazie per la tua lettera. Il tuo per-dono e la tua preghiera dimostrano una fede profonda. La perdita dei tuoi genitori è una prova durissima, e capisco quanto ti pesino anche i com-portamenti dei colleghi. San France-sco ci insegna a portare pace; continua a pregare e adare tutto al Signore, che trasforma il dolore in forza. Se te la senti, prova a dialogare con loro per chiarire eventuali incomprensio-ni. Non mollare: il tuo cammino è prezioso. Ti porto nella mia preghiera e ti mando la mia benedizione.IL VANGELO COME FORZA E GUIDA PER LA FAMIGLIABuongiorno Padre, vivere il Vangelo in famiglia è essenziale per raorzare i legami e superare le dicoltà. Oggi, purtrop-po, le famiglie dedicano poco tempo alla condivisione e alla riessione. un futuro. Anche se rimango attaccata ad una ebile ammella di speranza.E nella speranza di ricevere una sua risposta le porgo i miei saluti,Anna Rita da CosenzaCarissima Anna Rita,le tue parole sono un riesso di un cuore sensibile e attento al dolore che segna il nostro tempo. Le lacrime che sgorgano dai tuoi occhi sono un segno di quell’umanità che ci invita a non restare indierenti, ma a farci carico delle soerenze del mondo con preghiera e azioni concrete.È vero, viviamo in un tempo in cui l’egoismo sembra prevalere, ma non dimentichiamo che in mezzo a queste tenebre brilla ancora la luce della speranza. La tua “ebile ammella” è una testimonianza di fede viva, un piccolo fuoco che può accendere altre luci attorno a te. Il desiderio di avere un glio, nonostante le paure che lo accom-pagnano, è un segno di ducia nella vita e nell’amore. Non lasciare che il buio del mondo soochi questo deside-rio. Dio, che è amore e pace, cammina accanto a te e ti invita a guardare al futuro con speranza, adandoti a Lui nei momenti di dubbio e tormento.Continua a pregare per la pace: la tua preghiera non è vana, ma è un seme che Dio stesso raccoglie per trasformarlo in benedizione per te e per il mondo.Ti porto nella mia preghiera e ti auguro ogni bene.DIALOGO CON I LETTORI

Page 82

80LA PAROLA AGLI ULTIMIIL SORRISO DI UN ANGELOUna mattina di Natale tra luci, vetrine e umanità: l’incontro che trasforma il cuoresignora è accartocciata su sé stessa. Trema. Sembra bagnata fradicia. Si muove il meno possibile per conte-nere i danni e mugola qualcosa nella speranza che qualcuno le riempia il bicchierino di monete. Ha un cap-pellino di lana e uno strano maglion-cino che le lascia scoperte le clavicole e la parte superiore del petto. Panta-loni a zampa d’elefante di un tessuto leggero e scarpe da ginnastica di tela, il collo e le mani pieni di rughe. Non so quanti anni abbia. Settanta? Ottanta? Mille? La vita deve essere stata dura con lei e adesso, nella mia testa, dove le risate delle persone si fanno all’improvviso ovattate, il freddo minaccia di portarsela via per sempre. Metto una mano in tasca in cerca di qualcosa. Ho solo delle carte. Mia moglie dice: «Andiamo ad un bancomat». Dieci minuti dopo siamo di nuovo davanti a lei, sempre più fragile, sempre più tremante. Le mettiamo i soldi nel bicchiere. Lei ringrazia con la voce sottile e quel suono lontano ci costringe a guar-darla ancora una volta. Mia moglie le dice: «Ha freddo, signora?». Lei fa sì con il capo. Mia moglie dice: «Torniamo tra dieci minuti».Ho chiaro che cosa ha in testa. Co-nosco quell’espressione. Mi faccio trascinare volentieri. Entriamo in un negozio. Prendiamo un maglione. Una giacca a vento. Dei calzini. Io ho paura che la signora se ne vada. Ci ha preso una strana euforia, come se stessimo facendo chissà che cosa. La raggiungiamo di nuovo. È ancora lì, sempre più piegata su stessa. Le persone le girano attorno come se fosse un palo della luce. Mi chiedo quante migliaia di volte lo abbiamo fatto anche noi. Quante altre miglia-ia di volte lo faremo ancora. Le porgiamo i vestiti. Lei esplode in un sorriso che mi si incolla agli occhi. Mia moglie l’aiuta a vestirsi. La copre. Le sla le scarpe. Le asciuga i piedi. Glieli strona. Le mette i calzi-ni. Io tengo gli occhi bassi. La gente passa. La signora, la nostra vecchina, ringrazia e chiede scusa. Ma scusa di cosa? Ci bacia le mani, le gambe, le scarpe. Mia moglie l’abbraccia. «Ce l’ha un posto dove andare?». Lei, la vecchina, le dice: «Sì. Ce l’ho. Che il Signore vi benedica». Mia moglie risponde: «Che benedica lei». La donna la guarda con una dolcezza senza senso e risponde: «Io non ne ho bisogno. Voi sì». Mi spappola il cuore. Non so niente di lei. Ma è come se lei sapesse tutto di noi. Di si-curo è lei che ci sta facendo del bene. Mi chiedo come sono fatti gli angeli. Forse come lei. Per questo non li vediamo. Eppure sono lì. Ci allonta-niamo leggeri. Pieni di gratitudine. nAndrea Malaguti, Direttore de La StampaVia Montenapoleone, Milano. Ho letto da qualche parte che è la strada in cui le case costano di più nel mondo, forse con New York. Con un metro quadrato di un appartamentino vista strada paghi lo stipendio di un anno ad un italiano medio. Passeggio assieme a mia moglie. Facciamo i turisti dopo una serata di rappresentanza. Guar-diamo le vetrine. Le luci. Commen-tiamo i prezzi. Ridiamo in mezzo ad un ume indistinto di esseri umani con le mani occupate dai regali di Natale. Penso che la maggioranza di loro sia come noi. Passano di lì non per comprare, piuttosto per vedere l’eetto che fa. Gente comune, che approtta dell’aria festaiola. È una mattina gelida, nebbiosa e piovosa. Ad un certo punto lei mi tira per la manica. «L’hai vista?». Vorrei dire: «Chi?», ma lo sguardo arriva prima della risposta. Pochi metri davanti a noi, dove la strada fa una curva che spinge verso la zona del Duomo, una Trema. Sembra bagnata fradicia. Non so quanti anni abbia. Settanta? Ottanta? Mille? La vita deve essere stata dura con lei, il freddo minaccia di portarsela via per sempre‘‘NUOVA 600 HYBRIDBENVENUTANUOVA 600 HYBRIDBENVENUTA

Page 83

80LA PAROLA AGLI ULTIMIIL SORRISO DI UN ANGELOUna mattina di Natale tra luci, vetrine e umanità: l’incontro che trasforma il cuoresignora è accartocciata su sé stessa. Trema. Sembra bagnata fradicia. Si muove il meno possibile per conte-nere i danni e mugola qualcosa nella speranza che qualcuno le riempia il bicchierino di monete. Ha un cap-pellino di lana e uno strano maglion-cino che le lascia scoperte le clavicole e la parte superiore del petto. Panta-loni a zampa d’elefante di un tessuto leggero e scarpe da ginnastica di tela, il collo e le mani pieni di rughe. Non so quanti anni abbia. Settanta? Ottanta? Mille? La vita deve essere stata dura con lei e adesso, nella mia testa, dove le risate delle persone si fanno all’improvviso ovattate, il freddo minaccia di portarsela via per sempre. Metto una mano in tasca in cerca di qualcosa. Ho solo delle carte. Mia moglie dice: «Andiamo ad un bancomat». Dieci minuti dopo siamo di nuovo davanti a lei, sempre più fragile, sempre più tremante. Le mettiamo i soldi nel bicchiere. Lei ringrazia con la voce sottile e quel suono lontano ci costringe a guar-darla ancora una volta. Mia moglie le dice: «Ha freddo, signora?». Lei fa sì con il capo. Mia moglie dice: «Torniamo tra dieci minuti».Ho chiaro che cosa ha in testa. Co-nosco quell’espressione. Mi faccio trascinare volentieri. Entriamo in un negozio. Prendiamo un maglione. Una giacca a vento. Dei calzini. Io ho paura che la signora se ne vada. Ci ha preso una strana euforia, come se stessimo facendo chissà che cosa. La raggiungiamo di nuovo. È ancora lì, sempre più piegata su stessa. Le persone le girano attorno come se fosse un palo della luce. Mi chiedo quante migliaia di volte lo abbiamo fatto anche noi. Quante altre miglia-ia di volte lo faremo ancora. Le porgiamo i vestiti. Lei esplode in un sorriso che mi si incolla agli occhi. Mia moglie l’aiuta a vestirsi. La copre. Le sla le scarpe. Le asciuga i piedi. Glieli strona. Le mette i calzi-ni. Io tengo gli occhi bassi. La gente passa. La signora, la nostra vecchina, ringrazia e chiede scusa. Ma scusa di cosa? Ci bacia le mani, le gambe, le scarpe. Mia moglie l’abbraccia. «Ce l’ha un posto dove andare?». Lei, la vecchina, le dice: «Sì. Ce l’ho. Che il Signore vi benedica». Mia moglie risponde: «Che benedica lei». La donna la guarda con una dolcezza senza senso e risponde: «Io non ne ho bisogno. Voi sì». Mi spappola il cuore. Non so niente di lei. Ma è come se lei sapesse tutto di noi. Di si-curo è lei che ci sta facendo del bene. Mi chiedo come sono fatti gli angeli. Forse come lei. Per questo non li vediamo. Eppure sono lì. Ci allonta-niamo leggeri. Pieni di gratitudine. nAndrea Malaguti, Direttore de La StampaVia Montenapoleone, Milano. Ho letto da qualche parte che è la strada in cui le case costano di più nel mondo, forse con New York. Con un metro quadrato di un appartamentino vista strada paghi lo stipendio di un anno ad un italiano medio. Passeggio assieme a mia moglie. Facciamo i turisti dopo una serata di rappresentanza. Guar-diamo le vetrine. Le luci. Commen-tiamo i prezzi. Ridiamo in mezzo ad un ume indistinto di esseri umani con le mani occupate dai regali di Natale. Penso che la maggioranza di loro sia come noi. Passano di lì non per comprare, piuttosto per vedere l’eetto che fa. Gente comune, che approtta dell’aria festaiola. È una mattina gelida, nebbiosa e piovosa. Ad un certo punto lei mi tira per la manica. «L’hai vista?». Vorrei dire: «Chi?», ma lo sguardo arriva prima della risposta. Pochi metri davanti a noi, dove la strada fa una curva che spinge verso la zona del Duomo, una Trema. Sembra bagnata fradicia. Non so quanti anni abbia. Settanta? Ottanta? Mille? La vita deve essere stata dura con lei, il freddo minaccia di portarsela via per sempre‘‘NUOVA 600 HYBRIDBENVENUTANUOVA 600 HYBRIDBENVENUTA

Page 84